L'Avv.
Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore
professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001
cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul
Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di
docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con
riviste giuridiche
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Come si legge nella Relazione 2010 del Garante privacy, in misura superiore rispetto all'anno precedente, nel 2010 sono pervenute all'Autorità segnalazioni con le quali si è lamentato il trattamento illecito dei dati personali su Facebook.
Il Garante privacy, pur nella consapevolezza dei limiti territoriali dell'applicazione della normativa italiana, ha contattato Facebook in un'ottica di collaborazione, sollevando alcune problematiche.
L'Autorità ha richiesto in particolare informazioni relative all'avvenuta disattivazione di tre profili, lamentata dagli interessanti.
Nel primo caso Facebook ha risposto elencando le ipotesi in cui provvede a disattivare i profili e ha sostenuto di non potere riattivare l'account del segnalante, non riuscendo a individuarlo (Nota 11 ottobre 2010).
Nel secondo caso ha risposto che il segnalante aveva commesso una violazione delle condizioni contrattuali di Facebook (Nota 15 ottobre 2010).
Nell'ultimo caso, invece, il profilo Facebook è stato riattivato (Nota 30 novembre 2010).
Il Garante, si legge ancora nella Relazione, ha inoltre esaminato diverse segnalazioni con le quali alcuni utenti italiani non iscritti a Facebook hanno lamentato la ricezione di e-mail indesiderate da parte del social network (Nota 11 ottobre 2010).
Dagli accertamenti effettuati, illustra il Garante, è risultato che Facebook mette a disposizione degli utenti iscritti la possibilità di usare uno strumento, denominato "friend-finder", attraverso il quale, in modo automatico, questi possono inserire tutti i contatti presenti nella propria casella di posta elettronica o nelle rubriche appartenenti ad altri servizi di messaggistica istantanea. A seguito di questo inserimento, Facebook provvede ad inviare a questi indirizzi e-mail messaggi di invito per l'iscrizione al social network, elaborando, automaticamente, un unico elenco, contenente tutti i nominativi degli utenti già iscritti al social network e che hanno inserito un medesimo indirizzo di posta elettronica. Pertanto, i contatti suggeriti agli utenti non iscritti, mediante l'e-mail inviata a costoro da Facebook, corrispondono a tali persone, già iscritte al social network, che hanno inserito l'indirizzo di posta elettronica dell'utente non iscritto nei database di Facebook.
Periodicamente, il social network invia una nuova e-mail per ricordare di iscriversi, aggiornando anche l'elenco dei "potenziali amici" individuati da Facebook.
Il Garante ha rilevato che si verifica in tal modo non soltanto un'attività di spam da parte del social network, ma anche un'attività di profilazione dell'utente non iscritto, cui sono infatti associati periodicamente una serie di "potenziali amici" tra gli utenti della piattaforma.
In un altro caso, il Garante privacy ha rigettato un ricorso nel quale una persona iscritta a Facebook aveva lamentato di essere stata "taggata" da un'altra, in particolare mediante una foto utilizzata per una campagna di sensibilizzazione sul tema dell'AIDS e dell'omosessualità, così svelando l'orientamento sessuale di tutti i soggetti "taggati", compreso il proprio.
Il Garante ha osservato in proposito che, poiché la pagina web in cui risultava la segnalante non era stata oggetto di diffusione o di comunicazione sistematica, tale utilizzo della foto doveva considerarsi effettuato per fini esclusivamente personali (art. 5, c. 3, del Codice della privacy) e non era pertanto soggetto all'applicazione delle norme del Codice della privacy (Provv. 18 febbraio 2010 [doc. web n. 1712776]).
Il Garante è intervenuto anche riguardo alla segnalazione di un lavoratore licenziato dalla propria società a causa dell'utilizzo che il medesimo aveva fatto di Facebook.
In particolare, si legge nella Relazione, il lavoratore aveva lamentato l'utilizzo da parte della società di alcune fotografie, scattate sul luogo di lavoro e sul cui sfondo erano visibili disegni, a detta dell'azienda, coperti da segreto industriale, tratte dal proprio profilo Facebook.
Il lavoratore segnalante aveva affermato la illiceità del trattamento dei dati in questione, sulla base del carattere "chiuso" del suo profilo, riservato a una cerchia ristretta di utenti, tra i quali non rientrava il datore di lavoro, e dell'assenza del consenso dell'interessato ai sensi dell'art. 23 del Codice della privacy.
Dall'istruttoria svolta dal Garante è emersa invece la possibilità per il datore di lavoro di utilizzare lecitamente le foto in questione, in quanto la consultazione era consentita non solo ai contatti scelti dal dipendente (i cd. "amici"), ma a una comunità più vasta, i cd. "amici degli amici", cioè ai contatti scelti dagli amici dell'interessato, quindi a una cerchia di utenti sostanzialmente indeterminabile (Nota 26 agosto 2010).
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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