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Illecita la diffusione di immagini di persone arrestate se raccolte nell'abitazione privata
Di Admin (del 27/06/2012 @ 18:39:28, in consulenza legale e formazione privacy, linkato 1661 volte)

Privacy (Copyright immagine Lublis - Fotolia.com) « La diffusione di dati personali (relativi, cioè, a persone identificate o identificabili) nel corso di una trasmissione televisiva, raccolti nel corso di alcuni arresti effettuati dalla polizia giudiziaria all'esterno e all'interno di private abitazioni, configura un trattamento di dati personali per finalità giornalistiche al quale si applica la particolare disciplina posta dagli artt. 136-139 del Codice per la protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, di seguito: Codice), posta al fine di contemperare il diritto all'informazione e la libertà di stampa con i diritti della persona, in particolare quello alla riservatezza. In base a tale disciplina il giornalista può divulgare informazioni, anche sensibili, senza il consenso dell'interessato, purché nei "limiti del diritto di cronaca [.] e, in particolare, quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico" (art. 137, comma 3, del Codice); si applicano, inoltre, le disposizioni poste dal codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, riportato nell'allegato A1 del Codice. In particolare il codice deontologico citato, nel riaffermare la "Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali" (art. 12), precisa che "Salva l'essenzialità dell'informazione" il giornalista "non [.] pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona" (art. 8). Sono, altresì, fatte salve le norme di legge poste a tutela del domicilio (art. 3).

Pertanto il giornalista, nel diffondere immagini che documentano operazioni di arresto, dovrà conformarsi sia ai parametri generali tra cui quello che impone di acquisire le informazioni in modo lecito e secondo correttezza (art. 11, comma 1, lett. a) del Codice) nonché di diffonderle dopo aver valutato la loro essenzialità riguardo alla notizia riferita (art. 137, comma 3, sopra citato), sia al principio posto in modo specifico a tutela della dignità di coloro che sono sottoposti ad arresto, principio che, peraltro, è alla base delle limitazioni poste dall'ordinamento (cfr. art. 114, comma 6bis, c.p.p.) alla diffusione di immagini di persone ritratte con manette ai polsi o sottoposte ad altro mezzo di coercizione fisica (su questo punto si veda anche il documento del Garante per la protezione dei dati personali 6 maggio 2004, "Privacy e giornalismo. Alcuni chiarimenti in risposta a quesiti dell'Ordine dei giornalisti" [doc. web n. 1007634]).

Nel caso specifico posto all'attenzione di questa Autorità, si ritiene che la trasmissione "[...]" del 15 gennaio u.s., ha riferito una vicenda di interesse pubblico, relativa ad alcune indagini dell'autorità giudiziaria dalle quali emerge l'infiltrazione di organizzazioni di stampo mafioso nel tessuto economico e nel governo locale di alcune regioni del Nord Italia, riportata con gli strumenti del reportage propri del c.d. giornalismo di inchiesta, particolare modalità di esercizio del diritto di cronaca costituzionalmente protetto, tutelata anche dal codice deontologico citato.

Tuttavia la diffusione in chiaro, anche attraverso riprese "in primo piano", delle immagini relative all'arresto dei segnalanti, non appare conforme al quadro normativo sopra esposto. In particolare, non è rispettoso della dignità della persona diffondere immagini -raccolte per finalità estranee a quelle proprie dell'attività giornalistica- che la ritraggono, anche semisvestita e all'interno della propria abitazione privata, nel momento delicatissimo in cui sta per essere presa in consegna dalle forze dell'ordine a seguito della loro irruzione; peraltro tali specifiche immagini, diversamente da quanto affermato nella nota [...] del 13 aprile u.s., non paiono rendere in termini essenziali una vicenda di indubbio interesse pubblico, in quanto non "indispensabil[i] in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti" (art. 6, comma 1 del codice deontologico).

Quanto alle modalità con cui sono state raccolte le immagini, il giornalista in base alle disposizioni vigenti è comunque tenuto ad effettuare una propria valutazione sulla diffusione delle informazioni di cui viene in possesso, fermo restando che restano impregiudicati gli aspetti che attengono al compiuto rispetto degli articoli del codice di procedura penale che disciplinano l'attività di indagine della polizia giudiziaria e la sua documentazione nonché l'obbligo del segreto, aspetti che saranno oggetto di segnalazione alla competente Direzione Distrettuale Antimafia.

Pertanto questa Autorità, ritenuto illecito nei termini di cui in motivazione il trattamento dei dati personali  dei segnalanti effettuato nel corso della trasmissione "[...]" del 15 gennaio 2012, vieta a [...], in qualità di titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 139, comma 5, 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d), del Codice, l'ulteriore diffusione delle immagini in chiaro dei segnalanti ritratti nel momento in cui vengono sottoposti alla misura dell'arresto, di cui in premessa.

Si fa presente che in caso di inosservanza del divieto si renderanno applicabili le sanzioni di cui agli artt. 162, comma 2 ter e 170 del Codice ».

Così Garante per la protezione dei dati personali, provvedimento 18 maggio 2012




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A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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