L'Avv.
Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore
professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001
cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul
Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di
docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con
riviste giuridiche
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Attenzione: una versione aggiornata al novembre 2010 di questo articolo è disponibile cliccando qui!
A fronte del grande interesse suscitato dal tema della mediazione civile e commerciale, si cercherà di chiarire quali saranno i requisiti richiesti per esercitare l'attività di mediatore.
In breve:
- il procedimento di mediazione civile e commerciale sarà gestito da appositi organismi iscritti in apposito registro presso il Ministero della Giustizia
- sino all'emanazione di specifici decreti si applicheranno provvisoriamente, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n . 222 e n . 223 sulla conciliazione nelle controversie societarie
- il soggetto provvisto dei requisiti richiesti per diventare mediatore, di cui si dirà, potrà operare solo se iscritto nelle liste degli organismi di mediazione
- si legge in proposito su www.giustizia.it (sito nel quale potranno essere reperite ulteriori informazioni sulla conciliazione societaria):
<<L'Organismo di conciliazione.
Secondo il Regolamento ministeriale n. 222 del 2004, al fine di garantire la competenza, l'imparzialità ed il possesso delle strutture necessarie al corretto svolgimento del procedimento, è escluso che l'organismo di conciliazione possa essere una persona fisica: dovrà essere una entità plurisoggettiva.
Il legislatore, e questa è una importante novità, ha posto sullo stesso piano soggetti pubblici e privati, stabilendo che gli organismi costituiti dalle Camere di Commercio, le quali vantano in materia di conciliazione una vasta ed antica esperienza, siano iscritti automaticamente. Non è la prima volta che lo Stato affida a privati l'esercizio di servizi di interesse pubblico, riservandosi la vigilanza sull'attività, mediante un controllo del costo dei servizi e sui corsi di formazione.
Ciò non significa, tuttavia, una corsia preferenziale per le Camere di commercio o un'iscrizione senza controllo, perchè in ogni caso i conciliatori appartenenti all'organismo, dovranno avere un titolo di studio adeguato alla materia specialistica che dovranno trattare ed aver seguito un apposito corso integrativo.
Possono quindi fare il conciliatore:
* i professori universitari in discipline economiche o giuridiche
* i professionisti iscritti in albi nelle medesime materie (economiche o giuridiche), che vantino una anzianità di iscrizione di almeno 15 anni
* i magistrati in quiescenza
* chi è munito di una specifica formazione acquisita in corsi specifici tenuti da soggetti accreditati presso il Ministero (università , enti pubblici , etc).
L'organismo, per ottenere l'iscrizione, deve depositare il regolamento di procedura e la tabella delle indennità, modellati entrambi secondo schemi predisposti dal legislatore>>.
L'art. 16 dello schema di decreto legislativo sulla mediazione civile e commerciale prevede dunque quanto segue:
<<
1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a
costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di
mediazione nelle materie di cui all'articolo 2 del presente decreto . Gli organismi devono essere
iscritti nel registro.
2. La formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione
degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che
richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la
determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del
Ministro della Giustizia . Sino all'emanazione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili,
le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n . 222 e n . 223 . A tali
disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione
extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6
settembre 2005, n . 206, e successive modificazioni.
3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero
della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali
variazioni . Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto,
le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da assicurare la
sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati . Al regolamento devono
essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati,
proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 17.
4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla
sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal
Ministero dello sviluppo economico. L'istituzione e la tenuta del registro avvengono
nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti presso il Ministero della
giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza.
5 . Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l'albo dei formatori per
la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione
degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell'attività di formazione . Con lo stesso decreto, è
stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all'attività di formazione di cui al
presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale>>.
Precisa inoltre la relazione illustrativa del decreto sulla mediazione civile e commerciale:
<<L'articolo 16 regola la figura istituzionale degli organismi di mediazione,
generalizzando il sistema previsto dalla conciliazione societaria di cui al d . lgs. n.
5 del 2003.
Si stabilisce, in particolare, la formazione di sezioni separate, per i mediatori
che trattino controversie particolari, tra cui quelle disciplinate dall'articolo 141 del
codice del consumo e quelle che presentano elementi di internazionalità, nonché
l'istituzione, sempre con decreto, di un albo dei formatori, essenziali per stimolare
il decisivo profilo di professionalità dei mediatori.
A tale ultimo riguardo, si rinvia alla normativa decretale per l'individuazione
della data a decorrere dalla quale dovrà essere comunque previsto che lo
svolgimento della formazione, per come disciplinata, sarà requisito per l'esercizio
dell'attività di mediazione.
Per l'iscrizione dell'organismo sarà necessario depositare il regolamento, in
cui prevedere, in ipotesi di modalità telematiche di mediazione, le garanzie di
riservatezza che si assicurano alle parti e al procedimento.
Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati,
mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto.
Il Ministero della giustizia, unitamente al Ministero dello sviluppo
economico per la materia del consumo, procederà alla vigilanza sul registro
nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti.
Sino all'emanazione dei menzionati decreti si farà applicazione di quelli
vigenti, sinora, per la conciliazione societaria.
Per quanto attiene alle conciliazioni in materia di consumo, è fatta salva sino
alla stessa data la possibilità di costituire organismi ai sensi dell'articolo 141 del
codice del consumo, organismi che dovranno tuttavia possedere fin dall'inizio i
requisiti già oggi fissati dai citati decreti ministeriali in materia societaria.
Resta ferma la previsione generale, contenuta nell'articolo 17, di
maggiorazione dell'indennità in ipotesi di successo della mediazione, in
applicazione della lettera m), dell'articolo 60, comma 3, della delega>>.
Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista
Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito.
Aggiornamenti sulla mediazione sul sito dell'Avv. Giuseppe Briganti
Osservatorio ADR di Iusreporter.it
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità

Annunciato il via libera del Consiglio dei Ministri al decreto legislativo presentato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano sulla mediazione civile e commerciale, in attuazione della riforma del processo civile.
"Una straordinaria innovazione - ha affermato il guardasigilli - che introduce un nuovo istituto giuridico finalizzato alla deflazione del sistema giudiziario italiano rispetto al carico degli arretrati e al rischio di accumulare nuovo ritardo" (fonte: Giustizia Newsonline).
Secondo quanto si legge su www.giustizia.it, queste le caratteristiche principali dell'istituto:
- LA MEDIAZIONE MIRA A INDURRE LE PARTI AL RIPRISTINO DEL RAPPORTO IN FUNZIONE DEI LORO INTERESSI
- IN ALCUNE MATERIE PARTICOLARMENTE CONFLITTUALI LA MEDIAZIONE SARA' OBBLIGATORIA PRIMA DI POTER AVVIARE UN GIUDIZIO CIVILE IN TRIBUNALE. In particolare ciò vale per le controversie in materia di:
condominio;
locazione;
responsabilità medica;
contratti bancari, finanziari e assicurativi
- IN TUTTE LE ALTRE MATERIE LA MEDIAZIONE SARA' RIMESSA A UNA VOLONTARIA SCELTA DELLE PARTI
- NEL CORSO DEL PROCESSO IL GIUDICE POTRA' SEMPRE INVITARE LE PARTI AD ESPERIRE LA MEDIAZIONE
- GLI ORDINI PROFESSIONALI POTRANNO COSTITUIRE ORGANISMI DI MEDIAZIONE NELLE MATERIE DI LORO COMPETENZA
- IL MEDIATORE SARA' UN PROFESSIONISTA CON REQUISITI DI TERZIETA'
- L'ORGANISMO DOVE IL MEDIATORE PRESTERA' LA SUA OPERA SARA' VIGILATO DAL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
- QUALORA L'ACCORDO TRA LE PARTI NON SIA RAGGIUNTO, IL MEDIATORE FORMULERA' UNA PROPOSTA FINALE DI RISOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA, CHE POTRA' ESSERE ACCETTATA O MENO DALLE PARTI
- SE LA SENTENZA CHE POI SARA' EMANATA DAL GIUDICE CORRISPONDERA' ALLA PROPOSTA FINALE DEL MEDIATORE, LE SPESE DEL PROCESSO SARANNO POSTE A CARICO DELLA PARTE CHE HA RIFIUTATO LA SOLUZIONE CONCILIATIVA
- MASSIMA RISERVATEZZA RISPETTO ALLE DICHIARAZIONI RESE DALLE PARTI NEL CORSO DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE, CHE NON POTRANNO ESSERE UTILIZZATE NEL PROCESSO
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Si ricorda che il decreto legislativo in parola costituisce attuazione della delega contenuta nella legge 18 giugno 2009, n. 69:
Articolo 60
(Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale.
2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere che la mediazione , finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia;
b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione;
c) disciplinare la mediazione , nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro;
d) prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia;
e) prevedere la possibilità, per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli;
f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro;
g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali;
h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro;
i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche;
l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali;
m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti;
n) prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione;
o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l'invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall'anno precedente l'introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181;
p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell'articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;
q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi;
r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l'indipendenza e l'imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni;
s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
Lo schema di decreto legislativo sulla mediazione civile e commerciale presentato dal Ministro della Giustizia (su www.helpconsumatori.it)
Giuseppe Briganti
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Il reato di diffamazione, che può essere naturalmente commesso anche tramite Internet, pubblicando per esempio post o messaggi su blog, newsgroup, forum, social network come Facebook o MySpace, è punito dall'art. 595 del Codice penale:
"Diffamazione.
[I]. Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
[II]. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro.
[III]. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.
[IV]. Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate".
Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace, si applica invece la sanzione della multa da 258 euro a 2.582 euro o la sanzione della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa (art. 597 Cod. pen.).
E' possibile richiedere anche il risarcimento dei danni patiti.
Avv. Giuseppe Briganti
avvbriganti.iusreporter.it
ottobre 2009
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L'art. 615-quater del Codice penale prevede quanto segue:
"Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici.
[I]. Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a 5.164 euro.
[II]. La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da 5.164 euro a 10.329 euro se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell'articolo 617-quater".
Avv. Giuseppe Briganti
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ottobre 2009
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L'art. 615-ter del Codice penale stabilisce in proposito quanto segue:
"Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.
[I]. Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
[II]. La pena è della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
[III]. Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
[IV]. Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio".
Avv. Giuseppe Briganti
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Ai sensi dell'art. 5 del decreto legislativo 231/2001, l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
L'ente non risponde se le persone indicate sopra hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Avv. Giuseppe Briganti
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ottobre 2009
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