Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti. Consulenza legale on-line e a distanza. Assistenza legale Pesaro - Urbino e tutta Italia

Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti  - consulenza e assistenza legaleL'Avv. Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001 cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con riviste giuridiche
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di Admin (del 28/07/2010 @ 14:12:44, in giurisprudenza, linkato 2797 volte)

Privacy (Copyright immagine Lublis - Fotolia.com) Il Garante per la protezione dei dati personali, come si legge nella newsletter dell'Autorità, è recentemente intervenuto per bloccare le videoriprese effettuate dalla titolare di una ditta che aveva installato una webcam all'interno di due negozi a scopo di sicurezza, ma senza rispettare le norme dello Statuto dei lavoratori che vietano il controllo a distanza dei dipendenti.

Intervenuto a seguito della segnalazione di un ex addetta ai punti vendita, il Garante ha accertato che il dispositivo era stato installato senza che vi fossero cartelli che ne segnalassero la presenza e soprattutto senza rispettare le procedure previste a tutela dei lavoratori.

Norme che obbligano il datore di lavoro - nei casi in cui per specifiche esigenze organizzative e di sicurezza abbia necessità di istallare nello spazio lavorativo impianti audiovisivi o altre apparecchiature analoghe - ad un previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna, o a ricorrere infine all'Ispettorato del lavoro.

La titolare della ditta si era invece limitata ad informare sommariamente i lavoratori della presenza delle telecamere.

L'Autorità ha osservato, inoltre, si legge ancora nella newsletter, che anche laddove vi fosse un uso sporadico delle telecamere, come nel caso di uno dei due negozi, la giurisprudenza della Cassazione afferma che il divieto di controllo a distanza dell'attività lavorativa non è escluso dal fatto che esso "sia destinato ad essere discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente".

Il Garante, con un provvedimento di cui è stato relatore Giuseppe Chiaravalloti, ha dunque disposto il blocco del trattamento illecito in attesa dell'eventuale attuazione delle procedure previste dallo Statuto ed ha trasmesso all'autorità giudiziaria copia degli atti per l'accertamento di eventuali profili penali.

 

Fonte: www.garanteprivacy.it, newsletter n. 340 del 19 luglio 2010

 

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Di Admin (del 21/07/2010 @ 18:58:52, in diritto*internet, linkato 2546 volte)

Leggi, sentenze, articoli (Copyright foto James Steidl - Fotolia.com) L'art. 21 del Codice della proprietà industriale (decreto legislativo 30/2005) prevede in proposito che i diritti di marchio d'impresa registrato non permettono al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attività economica:

a) del loro nome e indirizzo;

b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio;

c) del marchio d'impresa se esso è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio, purché l'uso sia conforme ai principi della correttezza professionale.

Non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto di autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi.

Sempre secondo il richiamato art. 21, è vietato a chiunque di fare uso di un marchio registrato dopo che la relativa registrazione è stata dichiarata nulla, quando la causa di nullità comporta la illiceità dell'uso del marchio.


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Ricerca giuridica sul Web (Copyright immagine clix) In data 29 maggio 2003, il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto in materia di spamming effettuato tramite posta elettronica con un provvedimento di carattere generale.

Con il provvedimento generale l'Autorità ha inteso, con riferimento al quadro giuridico previgente, "indicare le misure che gli operatori del settore devono adottare al fine di conformarsi alla disciplina generale sull'uso dei dati personali, specie nel settore delle comunicazioni".


Per quanto riguarda "Messaggi per conto terzi e acquisto di banche dati", nel provvedimento si legge quanto segue.

In alcuni casi portati all'attenzione del Garante, l'invio di messaggi pubblicitari era stato effettuato, per conto di terzi committenti, da società specializzate che utilizzano indirizzi di posta elettronica contenuti in proprie banche dati.

Tali società, da considerarsi titolari o contitolari del trattamento dei dati a seconda del rapporto che si instaura con il committente e delle modalità di concreta utilizzazione dei dati, sono, secondo il Garante, tenute a rispettare le disposizioni in tema di informativa e specifico consenso, anche per quanto riguarda l'eventuale comunicazione di dati personali ai committenti medesimi e le relative finalità.

Ciò comporta un quadro di obblighi e possibili responsabilità anche penali che gli operatori devono verificare con attenzione, anche quando la società specializzata incaricata sia stabilita fuori dell'Unione europea.

Dall'esame dei reclami e delle segnalazioni pervenuti al Garante è risultato, altresì, che alcuni dei soggetti che hanno utilizzato la posta elettronica per l'invio di messaggi pubblicitari avevano acquisito da terzi le banche dati contenenti gli indirizzi dei destinatari.

In questi casi, secondo l'Autorità, chi acquisisce la banca dati deve accertare che ciascun interessato abbia validamente acconsentito alla comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica ed al suo successivo utilizzo ai fini di invio di materiale pubblicitario; al momento in cui registra i dati deve poi inviare in ogni caso, a tutti gli interessati, un messaggio di informativa che precisi gli elementi indicati oggi nell'art. 13 del Codice della privacy, comprensivi di un riferimento di luogo - e non solo di posta elettronica - presso cui l'interessato possa esercitare i diritti riconosciuti dalla legge.




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Di Admin (del 13/07/2010 @ 12:53:40, in diritto*internet, linkato 2613 volte)

Leggi, sentenze, articoli (Copyright foto James Steidl - Fotolia.com) L'art. 20 del Codice della proprietà industriale (decreto legislativo 30/2005) prevede in proposito che i diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio.

Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica:

a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni;

c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.

Nei casi sopra menzionati il titolare del marchio può in particolare vietare ai terzi di apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità.

Sempre secondo il richiamato art. 20, il commerciante può apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le merci.



Avvocato Giuseppe Briganti,
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Di Admin (del 13/07/2010 @ 12:41:34, in diritto*internet, linkato 2480 volte)

L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali in data 30 giugno 2010 ha presentato la Relazione sul 13mo anno di attività e sullo stato di attuazione della normativa sulla privacy.

Per quanto riguarda Internet, la Relazione riassume come segue l'attività svolta dal Garante nel 2009:

8.5. informazioni e servizi online

Sono pervenute al Garante numerose segnalazioni allo scopo di ottenere la cancellazione di dati e di immagini personali diffusi e in vario modo reperibili su internet (ad es., su E-mule, Youtube, forum, blog) e reputati lesivi della sfera personale dei segnalanti.
Nei casi in cui ricorrevano i presupposti, e il titolare del trattamento del sito internet segnalato risultava residente in Italia, il Garante è intervenuto chiedendo e ottenendo la cancellazione dei dati personali eccedenti.
In numerosi casi, invece, da verifiche effettuate dall'Ufficio, è risultato che il titolare del trattamento del sito internet interessato non risiedeva in Italia: pertanto, non è stato possibile applicare le tutele previste dal Codice (art. 5, comma 1).
In queste situazioni, al fine di fornire comunque una tutela all'interessato, è stata fornita agli interessati l'indicazione del soggetto titolare, estratto dai registri "Whois", a cui il segnalante potesse direttamente richiedere la rimozione immediata dei contenuti ritenuti illeciti in quanto diffamatori. Ciò, in ottemperanza a una prassi nota come "notice and take down", riconosciuta sia negli Usa sia in ambito comunitario (cfr. Direttiva n. 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, recepita in Italia con il d.lgs. n. 70/2003).


In misura superiore rispetto all'anno precedente, nel 2009 sono pervenute segnalazioni con le quali si è lamentato il trattamento illecito dei dati personali su Facebook.
Al riguardo si è ritenuto in via preliminare che, ove le immagini e le informazioni restino all'interno di un profilo o di un gruppo chiuso, il trattamento rientra tra quelli per fini esclusivamente personali, non destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione, indicati all'art. 5, comma 3, del Codice, e perciò esclusi dall'applicazione della disciplina codicistica; qualora, invece, le informazioni siano visibili in rete in modo libero, e rinvenibili anche tramite i comuni motori di ricerca, poiché si tratta di diffusione, è da ritenersi applicabile integralmente il Codice.
In questo quadro l'Autorità, in un'ottica di collaborazione, in un caso ha contattato il titolare del trattamento (Facebook), chiedendo e ottenendo la rimozione dell'indirizzo dell'abitazione della protagonista di uno spot televisivo, indirizzo che era liberamente rinvenibile all'interno di un gruppo aperto.
Inoltre sono state ritenute fondate due segnalazioni con cui veniva lamentato che alcuni giornali ed emittenti televisive, a corredo della notizia del decesso di due persone, avevano pubblicato fotografie acquisite direttamente da Facebook, attribuendole erroneamente, per pura omonimia, ai deceduti. L'Autorità ha riscontrato in siffatte pubblicazioni una violazione delle disposizioni a tutela del diritto alla protezione dei dati personali e dell'identità personale, essendo state raccolte informazioni non adeguatamente verificate e diffusi dati personali errati (Provvedimenti 6 maggio 2009 [doc. web nn. 1615317 e 1615339]).
In seguito a queste due segnalazioni, il Garante ha inviato una lettera all'Ordine nazionale dei giornalisti e alla Federazione italiana editori giornali richiamando l'attenzione sui rischi dell'uso della rete internet come fonte di informazioni e di dati personali.
Nel quadro delle medesime problematiche è stata esaminata anche la segnalazione di un professore universitario che ha lamentato un trattamento illecito di dati personali in relazione alla diffusione, nel corso di alcune edizioni di un telegiornale, di una sua fotografia associata al nome di uno sconosciuto, proclamatosi su Facebook vincitore al concorso Superenalotto.
L'Ufficio, in considerazione del fatto che l'emittente televisiva ha assicurato di non diffondere  in futuro la fotografia, non ha ritenuto di intervenire con un provvedimento inibitorio (Nota 24 settembre 2009).
Infine, in seguito alla creazione di un gruppo choc contro i bambini down apparso su Facebook in cui appariva anche la foto di un neonato con una scritta ingiuriosa sulla fronte il Garante è intervenuto con un comunicato stampa (22 febbraio 2010), invitando i mezzi di informazione che avevano ripreso la foto a non rendere in alcun modo riconoscibile il bambino oggetto dello sfregio.

Anche nel 2009 il Garante ha ricevuto diverse segnalazioni e ricorsi concernenti la libera disponibilità degli archivi storici online.
Il Garante ha al riguardo rilevato che la diffusione, sul sito internet di un quotidiano online, di un articolo contenente informazioni su fatti anche molto delicati e piuttosto risalenti nel tempo, parte integrante dell'archivio storico della testata, non integrava un illecito trattamento di dati personali.
L'articolo infatti era riferito a notizie relative a fatti veri e di interesse pubblico, sia con riferimento al tempo della pubblicazione, sia attualmente per ricerche relative alla vicenda in questione.
In altri casi invece il Garante, tenendo conto delle peculiarità del funzionamento della rete, che può comportare la diffusione di un gran numero di dati personali riferiti a un medesimo interessato e relativi a vicende anche risalenti, e in considerazione del tempo trascorso, ha ritenuto che una perenne associazione all'interessato della vicenda stessa può comportare  un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti.
L'Autorità in alcuni provvedimenti ha indicato pertanto, quale misura a tutela dei diritti dell'interessato, che la pagina web contenente i dati personali del ricorrente (qual è il suo nominativo) sia sottratta alla diretta individuabilità all'atto della ricerca sui comuni motori di ricerca, pur restando tale pagina inalterata nel contesto dell'archivio e consultabile telematicamente accedendo all'indirizzo web dell'editore (Provv. 25 giugno 2009 [doc. web. n. 1635966], Provv. 8 aprile 2009 [doc. web n. 1617673], Provv. 19 novembre 2009 [doc. web n. 1689109], Provv. 22 dicembre 2009 [doc. web n. 1695208]).
In altri casi, invece, il Garante ha ritenuto legittimo il trattamento di dati personali effettuato mediante la riproposizione online dell'articolo, in quanto riferito a fatti di persistente interesse pubblico, non ravvisando, pertanto, ragioni per sottrarre l'articolo stesso alla disponibilità dei motori di ricerca.
In particolare, il Garante (Provv. 22 maggio 2009 [doc. web n. 1635938]) ha dichiarato infondato il ricorso di un politico candidato alle elezioni europee, volto ad ottenere il blocco dei dati personali, pubblicati sul sito di un quotidiano online, e relativi alla sua passata attività politica a livello locale e nazionale. Il Garante, infatti, ha ricordato che "rispetto a persone note, i mezzi di informazione beneficiano (...) di margini più ampi nella pubblicazione di dati e notizie, in particolare nella misura in cui la loro conoscenza assuma un rilievo sul loro ruolo e sulla loro vita pubblica" (art. 6 del codice di deontologia).

Nel 2009 si è constatata una maggiore sensibilità degli utenti del web, nel vigilare e segnalare all'Autorità la non conformità di siti internet alla normativa in materia di protezione dei dati personali.
Sono infatti pervenute diverse segnalazioni relative sia alle informazioni rese agli interessati, sia alle modalità di acquisizione del consenso mediante l'utilizzo di form online. Spesso, infatti, le informative pubblicate sui siti sono risultate non sufficientemente chiare  e in diversi casi si è riscontrato che la modulistica da compilare per il rilascio del consenso al trattamento dei propri dati è stata predisposta con formulazioni generiche tese a ricomprendere più finalità, tra loro diverse e spesso incompatibili.
L'Autorità ha quindi proceduto alla verifica della conformità dei trattamenti effettuati e talvolta, d'ufficio, delle modulistiche pubblicate sul web. Le risultanze di tali accertamenti hanno determinato, per l'anno di riferimento, l'emanazione di due provvedimenti contenenti divieto di ulteriore trattamento dei dati e prescrizioni dirette ai titolari del trattamento.
In particolare, a seguito di una segnalazione e al successivo accertamento ispettivo svolto dal Nucleo speciale funzione pubblica e privacy della Guardia di finanza in ordine al servizio di biglietteria messo a disposizione su un sito web, è risultato che veniva effettuata la raccolta, la conservazione e l'elaborazione dei dati personali dei clienti in relazione a diverse finalità e veniva richiesto un unico consenso indicato come obbligatorio ai fini della registrazione. Il medesimo consenso veniva inoltre richiesto anche con riguardo ai trattamenti effettuati per adempiere  alle obbligazioni contrattuali.
Al riguardo con provvedimento del 5 marzo 2009 [doc. web n. 1615731], l'Autorità ha essenzialmente ribadito che il titolare del trattamento può prescindere dal consenso per i trattamenti effettuati per eseguire contratti di cui è parte l'interessato (art. 24, comma 1, lett. b ), del Codice); il consenso, invece, deve essere specificamente acquisito relativamente ai trattamenti per finalità di profilazione e marketing (art. 23, comma 3 del Codice).
Il Garante, nel suddetto provvedimento, in particolare ha prescritto l'adozione di alcune modifiche al modello per la manifestazione del consenso del trattamento dei dati, affinché quest'ultimo possa essere prestato dagli interessati distintamente per ciascuna diversa finalità perseguita.
Inoltre, si segnala che da accertamenti di carattere ispettivo, è risultato che una società fornitrice di energia raccoglieva, conservava e elaborava dati personali dei clienti in relazione a diverse finalità, tra le quali la realizzazione di attività di vendita o di collocamento di prodotti/servizi, l'analisi delle abitudini e scelte di consumo, nonché l'invio di materiale pubblicitario, anche da parte di terzi, richiedendo, però, un unico consenso.
Quindi con provvedimento del 16 dicembre 2009 [doc. web n. 1688999], accertati l'illiceità e il carattere sistematico del trattamento dei dati personali effettuato dalla società, i l Garante ha vietato l'ulteriore trattamento risultato illecito, e stabilito un termine per documentare l'avvenuta modifica del modello di raccolta del consenso.

 

Fonte: www.garanteprivacy.it


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Di Admin (del 11/07/2010 @ 12:28:35, in curriculum vitae, linkato 1947 volte)

Diritto e Internet (Copyright immagine khz) In data 24 giugno 2010 l'Avvocato Giuseppe Briganti ha tenuto lezioni presso la Scuola per le professioni legali dell'Università di Urbino (I anno) sui seguenti argomenti:

- introduzione all'informatica giuridica e al diritto dell'informatica

- il processo telematico

- la ricerca giuridica on-line


Curriculum vitae completo Avv. Giuseppe Briganti

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Privacy (Copyright immagine Lublis - Fotolia.com) Il Garante privacy rende noto di aver - a seguito di segnalazioni di imprese, enti e singoli cittadini - vietato l'ulteriore trattamento di dati personali a quattro società che inviavano pubblicità tramite fax o e-mail senza aver acquisito il consenso preventivo e specifico dei destinatari.

Tre di esse spedivano sistematicamente fax promozionali credendo di poter disporre liberamente dei dati, estratti da elenchi categorici (Pagine Gialle, Pagine Utili, ecc.) o pubblici (ad es. banche dati delle Camere di commercio, albi professionali, ecc.).

Nel quarto caso, un messaggio via mail era stato inviato da una società che aveva rintracciato il recapito del destinatario sul web. La società che aveva effettuato lo spamming si era considerata libera di poter disporre dei dati di un'altra azienda che si era registrata su un sito fieristico.

Con quattro distinti provvedimenti [doc. web n. 1719901, 1719891, 1727662 e 1729175] il Garante per la protezione dei dati personali ha riaffermato il principio che, a prescindere da dove vengano estratti i recapiti, chiunque invii messaggi promozionali mediante sistemi automatizzati (fax, e-mail, sms, mms), è sempre obbligato a raccogliere preventivamente il consenso specifico ed informato dei destinatari.

Il mancato rispetto del divieto, ha ricordato inoltre il Garante, comporta le sanzioni amministrative e penali previste dal Codice privacy. Per il risarcimento di eventuali profili di danno le vittime dello spam possono comunque far valere i propri diritti in sede civile.

Fonte: www.garanteprivacy.it, newsletter n. 339 del 24 giugno 2010

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Ricerca giuridica sul Web (Copyright immagine clix) Capita spesso di ricevere messaggi di posta elettronica che prospettano facili guadagni tramite la conclusione di fantastici contratti di lavoro, i quali prevedono da un lato la disponibilità di conti correnti sui quali fare transitare somme e dall'altro un compenso per il titolare del conto, di solito pari a una percentuale sulle somme temporaneamente transitate sul conto predetto.

Si tratta normalmente di somme precedentemente illecitamente sottratte ad altri soggetti da chi propone il contratto, tramite frodi on-line attuate con la tecnica del phishing.

Il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Palermo, con sentenza del 21/04/2009, ha avuto in proposito occasione di affermare che il titolare del conto corrente nel quale transitano, con il suo consenso, le somme risponde del reato di riciclaggio (art. 648bis cod. pen.), essendo sufficiente a tal fine la semplice accettazione del rischio che tali somme fossero di provenienza delittuosa (dolo eventuale).

In tali casi, inoltre, il danneggiato avrà diritto a chiedere il risarcimento del danno nei confronti del titolare del conto corrente.

Si legge in particolare nella sentenza:

Va in primo luogo evidenziato che la condotta delittuosa degli [...] può inserirsi nel fenomeno, che ha fatto ingresso anche nei sistemi informatici italiani, indicato comunemente con il termine "phishing" (dal verbo inglese "to fish", pescare).

Detto fenomeno, che non corrisponde ad alcuna figura giuridica contemplata specificamente dal codice penale, può assumere rilievo giuridico in quanto si snoda attraverso fasi, potenzialmente idonee a concretizzare gli elementi strutturali, oggettivi e soggettivi, di condotte delittuose sanzionate penalmente.

Ed invero le fasi necessarie e fondamentali - che coinvolgono diversi soggetti e che sono collegate necessariamente tra loro in una sequenza logica che si ripete in modo costante - sono sostanzialmente due.

La prima fase ha inizio con la sottrazione, da parte dell'autore del "phishing" (denominato "phisher") di somme di denaro dai conti correnti di ignari soggetti ai quali, mediante raggiri di varia natura, vengono carpiti i codici di accesso ai conti intrattenuti via internet.

Nella seconda fase il denaro illecitamente prelevato, viene fatto transitare su altri conti correnti dei quali, lo stesso "phisher" ha ottenuto la disponibilità; normalmente questo "abboccamento" avviene mediante la conclusione di "fantastici" contratti di lavoro che prevedono, da un lato la disponibilità di conti correnti sui quali fare transitare le somme illecitamente prelevate che devono essere trasferite a terzi soggetti indicati dalla società, dall'altro il compenso del titolare del conto normalmente pari ad una percentuale sulle somme temporaneamente transitate sullo stesso conto .

È proprio grazie al passaggio attraverso diversi conti correnti che viene reso difficile o addirittura impossibile l'accertamento della provenienza delittuosa del denaro illecitamente sottratto e dunque la individuazione del phisher; quest'ultimo com'è ovvio, dopo una serie di passaggi recupererà le somme sottratte illecitamente al primo correntista.

Appare dunque di tutta evidenza che la perfezione del programma delittuoso ha come passaggio fondamentale la disponibilità da parte del phisher di un conto corrente di transito.

La condotta degli [...] si inserisce proprio in questa seconda fase: ed infatti, disponendo del conto corrente intestato ad [...] e gestito dal [...], del quale [...] ha comunicato le coordinate a seguito della conclusione del contratto di lavoro, la società spagnola accreditava le somme di denaro illecitamente sottratte dal conto corrente della società [...] e chiedeva all'[...] di inviarle a due cittadini russi; a titolo di provvigione l'[...] avrebbe trattenuto una percentuale all'8% delle somme transitate sul proprio conto corrente.

Al fine di affermare la responsabilità degli [...] e più in generale di coloro che hanno messo a disposizione di società il proprio conto corrente, ricevendo somme di denaro e trasferendo dette somme su altri conti o in favore di terzi soggetti, sarà necessario, da un lato analizzare le modalità di realizzazione delle singole condotte, dall'altro verificare se i soggetti coinvolti illecitamente dalle società (o dalle imprese) abbiano avuto coscienza e volontà, o quanto meno abbiano accettato il rischio di impedire in modo definitivo o di rendere difficile l'accertamento della provenienza delittuosa delle somme.

Ed invero l'elemento soggettivo del delitto di riciclaggio è integrato dal dolo generico, che consiste "nella coscienza e volontà di ostacolare l'accertamento della provenienza dei beni, del denaro e di altre utilità, senza alcun riferimento a scopi di lucro" ( Cass. 24.4.2008 n. 16980; Cass. 12.4.2005 n. 13448).

È difatti proprio l'elemento soggettivo - costituito dal dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione di cui all'art 648 c.p. e nel dolo generico nel delitto di riciclaggio - (oltre che l'elemento materiale costituito dall' "idoneità ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene" ) a distinguere i due appena citati delitti (Cass. 12.4.2005 n. 13448).

Deve ritenersi poi - contrariamente a quanto dedotto dalla difesa - sicuramente compatibile con il delitto di riciclaggio l'elemento soggettivo del dolo eventuale o indiretto che si realizza quando la volontà non si dirige direttamente verso l'evento, ma l'agente accetta il rischio che detto evento si realizzi.

 

 

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L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, composta da Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, Mauro Paissan e Giuseppe Fortunato, in data 30 giugno 2010 ha presentato la Relazione sul 13mo anno di attività e sullo stato di attuazione della normativa sulla privacy.

La Relazione sull'attività 2009, come riportato su www.garanteprivacy.it, traccia il bilancio del lavoro svolto dall'Autorità e indica le prospettive di azione verso le quali intende muoversi il Garante nell'obiettivo di costruire una autentica ed effettiva protezione dei dati personali.

L'attività del Garante
Le telefonate pubblicitarie indesiderate; i sistemi di videosorveglianza; la tutela dei minori; Internet e il fenomeno dei Social network e dei nuovi servizi agli utenti; il controllo dei lavoratori; le nuove tecnologie a fini di sicurezza. E ancora: il settore della sanità; la trasparenza della P.a.; il corretto rapporto tra diritto di cronaca e dignità delle persone; la protezione dei dati giudiziari; le banche dati del Dna; le esigenze di semplificazione per  le imprese; il trasferimento dei dati all'estero.

Sono solo alcuni dei principali e complessi settori nei quali il Garante ha assicurato il suo intervento nel corso del 2009 a difesa dei diritti fondamentali dei cittadini. Intervento che proprio all'inizio dello scorso anno è stato rafforzato con i maggiori poteri sanzionatori attribuiti all'Autorità.

Numerose sono state le Audizioni parlamentari: tra le più rilevanti, quelle sulle problematiche legate all'informatizzazione della P.a, al credito al consumo e ai sistemi antifrode, alla riforma delle Authorities, all'uso dei dati raccolti da periti e  consulenti dei magistrati.

Le cifre
I provvedimenti collegiali adottati nel 2009 sono stati circa 600.

Si è dato risposta a circa 4000 tra quesiti, reclami e segnalazioni (in particolare, riguardo a telefonia, credito, centrali rischi, marketing, videosorveglianza, Internet, assicurazioni).

I ricorsi presentati al Garante sono stati 360 (in maggioranza relativi a banche e finanziarie, attività di marketing, datori di lavoro pubblici e  privati, amministrazioni pubbliche), con un leggero aumento rispetto al 2008.

Il Collegio ha reso 18 pareri al Governo e al Parlamento (in materia di  tutela della salute, informatizzazione e banche dati della Pa., attività di polizia, giustizia, formazione).

Le ispezioni effettuate sono state oltre 400. I controlli hanno riguardato numerosi settori: in particolare, gli operatori telefonici, le strutture sanitarie pubbliche e private, i sistemi di videosorveglianza, il sistema della fiscalità, le società di marketing.

Le violazioni amministrative contestate, compreso il primo semestre 2010, sono più di 600: una parte consistente ha riguardato le attività promozionali indesiderate, l'attivazione di servizi non richiesti e le strutture sanitarie pubbliche e private.

43 le violazioni  segnalate all'autorità giudiziaria nel 2009.

Tenendo conto anche del primo semestre 2010, sono più di 3 milioni di euro le sanzioni già riscosse.

L'attività di relazione con il pubblico ha fatto registrare nel 2009 oltre 34 mila tra contatti telefonici ed e-mail esaminate, in particolare riguardo al marketing, alle telefonate e i fax pubblicitari.

Sono state approvate due importanti Linee guida sul Fascicolo sanitario elettronico e sui referti on line.

Il Garante ha adottato anche alcuni provvedimenti generali per specifici settori: propaganda elettorale; attività degli amministratori di sistema; limiti della raccolta da parte degli operatori sanitari dei dati sull'Hiv; "scontrino parlante" (lo scontrino fiscale rilasciato dalle farmacie); profilazione dei clienti da parte delle società telefoniche; semplificazione degli adempimenti in caso di fusioni e scissioni societarie; semplificazione per i servizi di informazione commerciale; "ricerca inversa" (la possibilità di risalire all'abbonato sulla base del numero telefonico); corretto uso dei dati del Pubblico registro automobilistico.

Gli interventi più rilevanti
Gli interventi più rilevanti hanno riguardato molteplici e delicati ambiti:

sanità (fascicolo sanitario elettronico, analisi mediche via mail, "scontrino  fiscale parlante", raccolta di dati sull'Hiv, dati sulla salute on line, riservatezza nelle strutture sanitarie, test di paternità, registro delle protesi mammarie, sistema informativo sulla salute mentale e sistema informativo per le dipendenze);

pubblica amministrazione (trasparenza degli emolumenti pubblici, divulgazione dati personali on line, misure di sicurezza per l'Anagrafe tributaria,  interconnessione e sicurezza delle banche dati, anagrafe dei fondi sanitari);

marketing (telefonate indesiderate e regole per l'attività dei call center, spam, attivazione di servizi non richiesti,  "profilazione" a fini commerciali di utenti e clienti, "carte di fedeltà" della grande distribuzione);

telecomunicazioni (conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico a fini di giustizia, misure di sicurezza, "ricerca inversa", software spia su cellulari);

giornalismo e informazione (cronache giudiziarie, tutela dei minori e delle vittime di violenza, notizie sui minori adottati, dati sullo stato di salute e sulla vita sessuale, foto scattate nelle dimore private, archivi giornalistici on line);

lavoro (sistemi di rilevazione biometrica, navigazione in Internet e controllo dei lavoratori, cedolini degli stipendi);

giustizia e polizia (body scanner, misure di sicurezza per gli uffici giudiziari, banche dati Dna, Ced del Dipartimento di P.s., sistema informativo Schengen);

Internet (Facebook e Social network, motori di ricerca, Google Buzz, Google Street View,  illegittima conservazione dei dati sulla navigazione in rete, condivisione files musicali);

nuove tecnologie (geolocalizzazione, Rfid);

scuola e università (uso di telecamere, pubblicità scrutini e voti scolastici, preiscrizioni universitarie);

società  (sistemi di videosorveglianza, condominio, propaganda elettorale);

impresa (segnalazioni anonime per irregolarità interne alle aziende, amministratori di sistema, semplificazione adempimenti per fusioni o scissioni societarie, trasferimento di dati all'estero, accesso al libro soci);

banche, finanziarie e assicurazioni (home banking, accesso ai dati dei clienti delle banche, misure di protezione, centrali rischi e credito al consumo, sistema antifrodi).

L'attività  internazionale
Importante l'attività del Garante nel Gruppo di lavoro comune delle Autorità di protezione dati europee (WP29) in particolare riguardo ai Social network, ai motori di ricerca, alla privacy dei minori a scuola e su Internet, alle nuove regole per le comunicazioni elettroniche, alla definizione di standard internazionali comuni, alle "regole vincolanti di impresa", ai dati dei passeggeri aerei, all'utilizzo negli Usa per fini di lotta al terrorismo dei dati Swift sulle transazioni finanziarie.

Intenso il lavoro nell' ambito delle Autorità di controllo Schengen, Europol, Eurodac e soprattutto nel WPPJ, il Gruppo di lavoro appositamente istituito dalle Autorità garanti  europee per la tutela dei cittadini nel settore della polizia, della sicurezza e della giustizia, che ha visto riconfermata per altri due anni la Presidenza al Garante italiano.

Il Garante italiano è stata l'unica Autorità di protezione dati presente alla Conferenza organizzata nel 2010 dal Consiglio di Europa sul Cybercrime.

 

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Di Admin (del 01/07/2010 @ 09:13:45, in diritto*internet, linkato 1856 volte)

Privacy (Copyright immagine Lublis - Fotolia.com) Il Garante privacy rende noto che ci sono semplificazioni in vista per i fornitori di servizi internet di piccole e medie dimensioni.

Il Garante ha accolto infatti la proposta di Assoprovider che prevede soluzioni di tipo associativo per la messa in sicurezza dei dati di traffico telefonico e telematico conservati a fini di giustizia e per le altre finalità ammesse dalla normativa.

I piccoli Isp riuniti in gruppo potranno affidare a uno di loro o a una società esterna la realizzazione e la gestione della piattaforma di conservazione dei dati di traffico.

L'Autorità ha ritenuto che le misure suggerite rappresentino una soluzione tecnica accettabile per garantire un'adeguata protezione dei dati di traffico telefonico e telematico da parte di realtà medio-piccole.

Una categoria di soggetti, secondo Assoprovider, con evidenti limiti economici e organizzativi (ridotte dimensioni, ambito operativo locale, mercato formato da utenze domestiche e piccole utenze d'affari) rispetto agli oneri che dovrebbe assumere per mettersi in regola con le prescrizioni dettate dal Garante nel 2008.

 

Fonte: www.garanteprivacy.it, newsletter n. 339 del 24 giugno 2010

 

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