L'Avv.
Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore
professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001
cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul
Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di
docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con
riviste giuridiche
(Copyright Immagine
Maksym Yemelyanov - Fotolia.com)
�
�
« [...] nella diffusione di notizie idonee a rivelare lo stato di salute di una persona devono essere osservate particolari garanzie a tutela della persona medesima (art. 139, comma 1, del d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito "Codice"); art. 5 del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, allegato A1 del Codice; provvedimenti del Garante del 7 febbraio 2002, del 23 novembre 2005, del 29 novembre 2007, del 6 dicembre 2007, del 5 marzo 2008 rispettivamente doc. web nn. 1064770, 1225898, 1478083, 1478059 e 1523741); considerato, in particolare, che il giornalista nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, è tenuto a rispettarne la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale (art. 10 del codice di deontologia cit.);
[...] la diffusione delle generalità dei soggetti interessati, (seppur con la predetta, successiva, indicazione dell'iniziale del nome di battesimo), sebbene riferita a notizie di rilevante interesse pubblico, risulta contrastante con i principi in materia di trattamento dei dati a fini giornalistici e altre manifestazioni del pensiero, tenuto conto, in particolare, sia del generale principio della non eccedenza del dato oggetto del trattamento rispetto alle finalità per le quali lo stesso è raccolto e trattato (art. 11, lett d) del Codice), sia del principio dell'"essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico" richiamato nell'art. 137 comma 3 del Codice, nonché negli artt. 5, 6, e 8, comma 1, del menzionato codice di deontologia;
[...] la diffusione nell'articolo in esame dei dati personali delle persone decedute con le predette modalità, sebbene riferita ad episodi che potevano essere oggetto, in termini più generali, di una legittima attività di cronaca, ha determinato e determina una violazione della sfera di riservatezza, del decoro e della dignità delle stesse [...] »
Provvedimento Garante per la protezione dei dati personali 01/07/2010 [doc. web n. 1738303]
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
Visita diritto*internet - Il non sempre facile rapporto tra Internet e la legge
Per segnalazioni e aggiornamenti, seguici su Twitter o su Facebook
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
Il Garante privacy, come si legge nel comunicato diffuso dall'Autorità il 21 settembre 2010, ha imposto a Google di bloccare qualsiasi trattamento sui cosiddetti "payload data" captati dalle vetture di Street View, e ha inviato gli atti all'autorità giudiziaria perché valuti gli eventuali profili penali derivanti dalla raccolta di questo tipo di dati.
L'Autorità aveva avviato un'istruttoria nei confronti di Google nel maggio di quest'anno quando era venuta a conoscenza della circostanza che le "Google car", girando sul territorio italiano, oltre a raccogliere immagini avevano anche "catturato" a partire dall'aprile 2008, tramite appositi software, frammenti di comunicazioni elettroniche - i "payload data" appunto - trasmesse da utenti che utilizzavano reti Wi-Fi non protette.
Nel corso del procedimento Google, fornendo i riscontri richiesti dal Garante, ha confermato la raccolta dei dati durante il passaggio delle vetture di Street View, specificando tuttavia che essa era avvenuta erroneamente e che i dati raccolti erano comunque talmente frammentati da non per poter essere considerate informazioni personali. Secondo le dichiarazioni delle società, i dati sono attualmente conservati su server negli Stati Uniti e non sono mai stati utilizzati, né comunicati a terzi.
Ad avviso dell'Autorità italiana, invece, una tale raccolta di informazioni, essendo stata effettuata in modo sistematico e per un considerevole periodo di tempo (fino al maggio 2010), comporta la concreta possibilità che alcune delle informazioni "catturate" abbiano natura di dati personali: consentano cioè di risalire a persone identificate o identificabili. Google, pertanto, potrebbe aver compiuto un grave illecito, violando non solo il Codice privacy, ma anche alcune norme del codice penale, come quelle che puniscono le intercettazioni fraudolente di comunicazioni effettuate su un sistema informatico o telematico (art.617-quater) e l'installazione, fuori dai casi consentiti dalla legge, di "apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere" comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico" (art.617-quinquies).
Alla luce di tutto ciò, il Garante privacy, si legge ancora nel comunicato, ha ritenuto di trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria perché accerti gli eventuali illeciti penali che possono configurarsi. Considerato inoltre che i "payload data" possono costituire elementi di prova delle eventuali violazioni che spetterà alla magistratura valutare, il Garante ha ritenuto di conseguenza che essi non debbano essere cancellati dai server nei quali sono conservati e ne ha disposto il blocco, imponendo a Google di sospendere qualunque trattamento.
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
Visita diritto*internet - Il non sempre facile rapporto tra Internet e la legge
Per segnalazioni e aggiornamenti, seguici su Twitter o su Facebook
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
Tra le anticipazioni che circolano in questi giorni circa la prossima emanazione da parte del Ministero della Giustizia dell'atteso regolamento previsto dal decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione in materia civile e commerciale, vi è anche quella secondo cui rimarrebbe esclusa la possibilità, da parte dell'organismo di mediazione, di utilizzare solo il canale telematico per lo svolgimento della procedura.
Tale esclusione, ove confermata, a parere dello scrivente si porrebbe in contrasto con diverse previsioni, sia italiane che europee, che invece negli ultimi anni hanno inteso favorire, per ottime ragioni, le procedure conciliative on-line, soprattutto per quanto riguarda il commercio elettronico e i consumatori.
Innanzitutto, si ricorda che è lo stesso d.lgs. 28/2010 (art. 3) a prevedere che la procedura di composizione extragiudiziale possa svolgersi anche secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell'organismo di mediazione (senza distinguere se "in tutto" o "in parte"). Il regolamento dell'organismo di mediazione dovrà in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'art. 9 del decreto. Specifica l'art. 16 del d.lgs. 28/2010 che nel regolamento dell'organismo di mediazione devono essere previste, fermo quanto stabilito dal medesimo provvedimento, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati.
Con specifico riguardo alla composizione delle controversie nel commercio elettronico, l'art. 19 del decreto legislativo 70/2003 stabilisce che, in caso di lite, al prestatore e al destinatario del servizio della società dell'informazione è riconosciuto il potere di adire anche organi di composizione extragiudiziale, operanti anche per via telematica.
L'art. 19 di cui sopra costituisce attuazione in Italia della corrispondente disposizione della direttiva 2000/31/CE (art. 17), secondo cui:
"1. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di dissenso tra prestatore e destinatario del servizio della società dell'informazione, la loro legislazione non ostacoli l'uso, anche per vie elettroniche adeguate, degli strumenti di composizione extragiudiziale delle controversie previsti dal diritto nazionale.
2. Gli Stati membri incoraggiano gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie, in particolare di quelle relative ai consumatori, ad operare con adeguate garanzie procedurali per le parti coinvolte.
3. Gli Stati membri incoraggiano gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie a comunicare alla Commissione le decisioni significative che adottano sui servizi della società dell'informazione nonché ogni altra informazione su pratiche, consuetudini od usi relativi al commercio elettronico".
Si ricorda inoltre che, con riferimento ai consumatori, il Codice del Consumo (decreto legislativo 206/2005) prevede espressamente che nei rapporti tra consumatore e professionista le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica (art. 141).
La raccomandazione europea 2001/310 sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo - concernente gli organi responsabili delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo i quali si adoperano per risolvere la lite facendo incontrare le parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo - afferma del resto chiaramente, con specifico riferimento all'e-commerce (considerando 6) quanto segue:
"Il commercio elettronico facilita le transazioni transfrontaliere tra le aziende e i consumatori. Tali transazioni hanno spesso un valore esiguo e che quindi la risoluzione di qualsiasi controversia deve essere semplice, rapida e poco onerosa. Le nuove tecnologie possono contribuire allo sviluppo di sistemi elettronici di composizione delle controversie costituendo un organismo volto a risolvere efficacemente le controversie che interessano diverse giurisdizioni senza il bisogno di una comparizione fisica delle parti e andrebbero quindi incoraggiati mediante principi volti ad assicurare standard coerenti e affidabili atti a suscitare la fiducia degli utenti".
Escludere, con riferimento in particolare a liti quali quelle del commercio elettronico B2C, spesso caratterizzate dal modesto valore economico, oltre che da elementi di internazionalità, la possibilità di usufruire di procedure di mediazione che si svolgono (interamente) on-line, non andrebbe di certo a vantaggio di una "semplice, rapida e poco onerosa" risoluzione della controversia.
Per un approfondimento sulla mediazione on-line si rimanda a G. Briganti, Composizione extragiudiziale delle controversie nel commercio elettronico B2C, con particolare riferimento alla mediazione on-line, di prossima pubblicazione.
Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
www.guidamediazionecivile.it - La tua guida on-line sulla mediazione!
Per segnalazioni e aggiornamenti, seguici su Twitter o su Facebook
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
Il Garante privacy, come si legge nella newsletter dell'Autorità n. 341 del 10 settembre 2010, è recentemente intervenuto per vietare la profilazione occulta degli ascoltatori che si registrano sui siti delle web radio per pubblicare video, foto, brani musicali e partecipare a concorsi a premi on-line, votando i contenuti preferiti.
Con il provvedimento del 22 luglio 2010 il Garante ha infatti vietato a una società che gestisce i siti web di quattro emittenti radiofoniche a livello nazionale il trattamento dei dati personali degli ascoltatori raccolti in modo illecito.
Ciò a seguito di accertamenti ispettivi avviati dall'Autorità nei confronti di società che effettuano concorsi a premi on-line, dai quali erano emerse una serie di criticità, tra cui l'uso senza consenso dei dati degli iscritti alle community. Le informazioni, si legge ancora nella newsletter, venivano utilizzate dalla società in particolare per studiare i loro gusti e le loro abitudini.
Nei form di registrazione presenti sui siti delle quattro emittenti, che gli utenti dovevano compilare per partecipare ai concorsi e registrarsi alle community, era presente un'unica casella, barrando la quale si autorizzava l'uso dei dati per diversi scopi: per la fornitura del servizio, per il trasferimento dei propri dati a tutte le società appartenenti al gruppo, per l'invio di comunicazioni commerciali e per le operazioni di profiling.
In proposito il Garante ricorda che la normativa sulla privacy stabilisce invece che il consenso non può avere carattere generico: gli interessati devono infatti essere messi in grado di esprimere consapevolmente e liberamente le proprie scelte in ordine ad ogni trattamento dei propri dati.
Non solo: nel modulo di registrazione mancava anche l'indicazione dei soggetti ai quali i dati degli utenti sarebbero stati comunicati, informazione invece espressamente richiesta dal Codice privacy.
Nel vietare il trattamento dei dati, con il provvedimento in parola, di cui è stato relatore Giuseppe Chiaravalloti, il Garante ha quindi prescritto alla società di riformulare il modulo di registrazione, con l'obbligo di garantire agli utenti la possibilità di prestare consensi differenziati, nonché di modificare l'informativa, indicando chiaramente le categorie di soggetti cui possono essere comunicati i dati.
Visita diritto*internet - Il non sempre facile rapporto tra Internet e la legge
Per segnalazioni e aggiornamenti, seguici su Twitter o su Facebook
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
Una sentenza della Cassazione include le condotte attuate tramite Facebook tra quelle idonee a configurare il reato di stalking ("Atti persecutori").
Cassazione penale, sez. VI, sentenza 30/08/2010 n. 32404:
« [...] All'indagato è stato contestato il reato di cui all'art. 612 bis c.p. ("Atti persecutori") nei confronti di [...] (con la quale aveva avuto una relazione sentimentale che la donna aveva voluto interrompere), e di calunnia nei confronti della stessa e di [...], nuovo fidanzato della [...]
Il Tribunale ha, infatti, ritenuto la sussistenza dei gravi indizi relativamente alla condotta del reato previsto dall'art. 612 bis c.p..
Ha correttamente osservato, in proposito, che i comportamenti persecutori erano iniziati proprio dopo la fine della relazione tra il ricorrente e la [...], fine che il [...] non aveva voluto accettare e che avrebbe voluto riallacciare.
Le investigazioni hanno dato conto di continui episodi di molestie, concretatisi in telefonate, invii di sms e di messaggi di posta elettronica, nonchè di messaggi tramite internet (facebook), anche nell'ufficio dove la [...] prestava il suo lavoro. Sono state poste a base del provvedimento anche le dichiarazioni della [...] (motivatamente ritenuta attendibile anche per i riscontri documentali delle sue dichiarazioni), che aveva presentato varie denunce, nonchè le sommarie informazioni di diverse persone informate sui fatti. La condotta persecutoria e ossessionante dell'indagato, sempre più pressante, era anche caratterizzata dall'avere trasmesso il [...], tramite facebook, un filmato che ritraeva un rapporto sessuale tra lui e la donna, nonchè dall'avere avvicinato la [...],che si trovava con un collega di lavoro, con atteggiamento aggressivo, manifestando l'intenzione di picchiare l'uomo. Il [...] aveva anche inviato presso l'ufficio della denunciante cinque buste contenenti compact disc con immagini intime che la riguardavano. Ciò provocava nella donna un grave stato di ansia e di vergogna che la costringeva a dimettersi. Ancora: il giorno [...] l'indagato aveva indirizzato al [...], nuovo compagno della [...], una lettera fortemente ingiuriosa e minacciosa alla quale aveva allegato fotografie che riproducevano un rapporto sessuale che il [...] aveva avuto con la vittima. Tutti tali comportamenti, minacciosi e molesti, concretavano, ad avviso del Tribunale, il reato contestato anche sotto il profilo del requisito della genesi di uno stato d'animo di profondo disagio e paura nella vittima in conseguenza delle vessazioni patite. Va sottolineato che il ricorrente non ha contestato specificamente uno solo dei comportamenti di vessazione individuati nella ordinanza [...] ».
Il testo della sentenza su Altalex
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
Visita diritto*internet - Il non sempre facile rapporto tra Internet e la legge
Per segnalazioni e aggiornamenti, seguici su Twitter o su Facebook
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
La Commissione europea ha ribadito con un comunicato del 20 agosto 2010 il potenziale delle norme UE vigenti in materia di mediazione nelle controversie transfrontaliere e ha ricordato agli Stati membri che l'efficacia di tali disposizioni dipende esclusivamente dalla loro attuazione a livello nazionale.
« Risolvere le controversie ricorrendo al giudice non solo è lungo e costoso, ma può anche rovinare proficui rapporti commerciali. Nelle controversie transfrontaliere la situazione è complicata dalla diversità delle legislazioni e giurisdizioni nazionali e da aspetti pratici come i costi e la lingua. La risoluzione alternativa delle controversie attraverso mediatori imparziali può far fronte a tali problemi e contribuire a soluzioni costruttive. Sono però necessari mediatori qualificati e norme chiare su cui entrambe le parti possano fare affidamento. La mediazione transfrontaliera è più delicata, in quanto deve tenere conto di culture imprenditoriali diverse e le parti devono poter contare su norme comuni. Per questo motivo le norme UE sulla mediazione sono entrate in vigore nel maggio 2008 e vanno attuate entro maggio 2011. Esse creano garanzie giuridiche per la mediazione e ne assicurano la qualità tramite codici di condotta e la formazione dei mediatori. Ad oggi quattro paesi (Estonia, Francia, Italia e Portogallo) hanno comunicato alla Commissione l'attuazione nel diritto interno delle norme UE sulla mediazione.
"Queste misure UE sono molto importanti perché promuovono un accesso alternativo e aggiuntivo alla giustizia nella vita quotidiana. I sistemi giudiziari consentono ai cittadini di far valere i loro diritti. L'accesso effettivo alla giustizia è tutelato dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE. I cittadini e le imprese non dovrebbero rinunciare ai loro diritti semplicemente perché per loro è difficile ricorrere alla giustizia o perché i procedimenti giudiziari costano troppo, sono troppo lenti o richiedono troppa burocrazia", ha dichiarato Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia. "Esorto gli Stati membri ad essere ambiziosi nell'attuare rapidamente le norme UE sulla mediazione: il minimo richiesto è consentire che le controversie transfrontaliere possano essere composte in via amichevole. Ma perché fermarsi qui? Perché non prevedere le stesse misure a livello nazionale? Alla fine sono i cittadini e le imprese, le società e le economie e lo stesso sistema giuridico a trarne vantaggi".
La direttiva UE sulla mediazione si applica quando due parti coinvolte in una controversia transfrontaliera concordano volontariamente di risolvere la lite ricorrendo ad un mediatore imparziale. Gli Stati membri devono garantire che gli accordi risultanti dalla mediazione possano essere resi esecutivi. Stando a un recente studio finanziato dall'UE, non usare la mediazione fa aumentare i tempi medi di 331 - 446 giorni nell'UE, con spese legali aggiuntive che vanno dai 12 471 ai 13 738 euro per causa.
La mediazione può risolvere i problemi che sorgono tra imprese, datori di lavoro e dipendenti, locatori e locatari o tra familiari, consentendo al loro rapporto di continuare e perfino di rafforzarsi costruttivamente, risultato questo non sempre raggiungibile in via giudiziale. La risoluzione stragiudiziale permette ai sistemi giudiziari di risparmiare risorse e può potenzialmente ridurre le spese legali. Grazie alla possibilità di comporre le controversie online la mediazione a distanza diventa sempre più accessibile. Quello che manca sono norme transfrontaliere che diano alle parti certezza quanto al processo di mediazione e all'esecutività dell'accordo raggiunto.
Un elemento fondamentale della mediazione è la fiducia nel processo, soprattutto quando le parti vengono da paesi diversi. Le norme UE incoraggiano quindi gli Stati membri a prevedere controlli della qualità, a elaborare codici di condotta e a fornire formazioni ai mediatori, in modo da garantire un sistema di mediazione efficace. Un gruppo di parti interessate ha elaborato con l'assistenza della Commissione europea un codice europeo di condotta per mediatori che è stato presentato il 2 luglio 2004. Tale codice stabilisce una serie di principi ai quali i singoli mediatori possono spontaneamente aderire. Si tratta di principi in materia di competenza, nomina e onorari dei mediatori, promozione dei loro servizi, indipendenza e imparzialità dei mediatori, accordo e riservatezza.
L'elenco delle organizzazioni che hanno sottoscritto il codice è pubblicato all'indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/civiljustice/adr/adr_ec_list_org_en.pdf
Se la mediazione risulta infruttuosa, le parti possono sempre adire un organo giurisdizionale.
La Commissione si aspetta che entro maggio 2011 ventisei Stati membri abbiano attuato tali norme UE (la Danimarca ha scelto di non applicarle in virtù di una prerogativa prevista da un protocollo allegato ai trattati). Ad oggi quattro paesi (Estonia, Francia, Italia e Portogallo) hanno comunicato alla Commissione di aver attuato tali norme. Inoltre, la Lituania e la Slovacchia hanno notificato i nomi degli organi giurisdizionali competenti a rendere esecutivi gli accordi transfrontalieri risultanti dalla mediazione.
Sebbene nella maggior parte degli Stati membri fossero in vigore norme analoghe già prima dell'adozione della direttiva sulla mediazione, gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione entro il 21 maggio 2011 le disposizioni adottate per attuarla (che devono specificamente menzionare la direttiva). Alcuni paesi dispongono già di norme sulla mediazione in determinati settori; ad esempio l'Irlanda e la Danimarca per i rapporti di lavoro, laFinlandia per le controversie dei consumatori, la Svezia per gli incidenti stradali e la Francia e l'Irlanda per il diritto di famiglia. Il Portogallo prevede programmi di formazione per i mediatori dal 2001.
Gli Stati membri sono tenuti a fornire le informazioni sugli organi giurisdizionali competenti a rendere esecutivi gli accordi risultanti dalla mediazione in una data anteriore (21 novembre 2010), in modo che la Commissione possa pubblicarle e aiutare così i cittadini e le imprese ad usare la mediazione ».
Fonte: http://europa.eu
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
Visita www.guidamediazionecivile.it
Per segnalazioni e aggiornamenti, seguici su Twitter o su Facebook
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità