Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti. Consulenza legale on-line e a distanza. Assistenza legale Pesaro - Urbino e tutta Italia

Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti  - consulenza e assistenza legaleL'Avv. Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001 cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con riviste giuridiche
(Copyright Immagine Maksym Yemelyanov - Fotolia.com)

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Diritto e Internet (Copyright immagine clix) Con la sentenza n. 44840 del 21/12/2010 la Corte di Cassazione ha affermato quanto segue:

« ... Motivi della decisione
II ricorso è fondato nei limiti appresso specificati.
Deve infatti ritenersi la insussistenza, nel comportamento posto
in  essere  dal ...,  del  contestato  reato  di  furto,
condividendo il Collegio il principio già espresso da questa Corte
(Sez. IV 13.11.2003 n.3449 del 2003 rv 229785) secondo cui è da
escludere  la  configurabilità  del  reato  di  furto  nel  caso di
semplice copiatura non autorizzata di  "files"  contenuti  in un
supporto  informatico altrui,  non  comportando  tale  attività  la
perdita del possesso della "res" da parte del legittimo detentore
.

Una tale interpretazione trova conferma nella  esplicita volontà
del Legislatore che nella Relazione al disegno di legge n.2733
(con il quale si è introdotta nel codice penale una disciplina di
contrasto   della   criminalità   informatica)   ha   espressamente
precisato  che  la  condotta  di  sottrazione  di  dati,  programmi,
informazioni  di  tal  genere  non  è  riconducibile  alla  norma
incriminatrice sul furto, in quanto i dati e le informazioni non
sono comprese nel concetto, pur ampio, di "cosa mobile" in essa
previsto; ed ha ritenuto altresì "non necessaria la  creazione di
una nuova ipotesi di reato osservando che la sottrazione di dati,
quando non si estenda ai supporti materiali su cui i dati sono
impressi  (nel qual caso si configura con evidenza il reato di
furto),  altro non è che una 'presa di conoscenza' di notizie,
ossia  un  fatto  intellettivo  rientrante,  se  del  caso,  nelle
previsioni concernenti la violazione dei segreti
. Ciò, ovviamente,
a parte la punibilità ad altro titolo delle condotte strumentali,
quali ad esempio,  quelle di violazione di domicilio  (art.  614
c.p.), eccetera".

Resta evidentemente preclusa, stante la intervenuta assoluzione e
l'assenza  di  ricorso  per  cassazione  da  parte  del  pubblico
ministero, ogni discussione in ordine alla possibilità di ritenere
il ... responsabile  del  reato  di  cui  all'art.  615  ter
cod.pen.
,  responsabilità che,  secondo alcune pronunce di questa
Corte, sussiste anche nel caso del soggetto che, pur avendo titolo
per accedere al sistema,  vi si introduca con la "password" di
servizio per raccogliere dati protetti per finalità estranee alle
ragioni di  istituto ed agli  scopi  sottostanti alla protezione
dell'archivio  informatico
,  dovendosi  ritenere  compresa  nella
tutela di  tale norma   non   soltanto l'accesso abusivo ad un
sistema informatico ma anche la condotta di chi vi si mantenga
contro la volontà espressa o tacita di chi ha  il diritto di
escluderlo.

Deve invece ritenersi che correttamente sia stata affermata la
responsabilità del medesimo per la violazione delle norme a tutela
di informazioni segrete e precisamente dell'art. 622 cod.pen..

... Risulta pertanto integrato il contestato reato che   consiste non
solo  nel  rivelare  il  segreto  professionale  ma  anche  nell'
impiegarlo a proprio o altrui profitto, come nella specie appunto
avvenuto,  atteso  che  i  files    acquisiti  avevano  sicuramente
contribuito a consentire al ... di formulare per la nuova
società  condizioni  più  vantaggiose  di  quelle  praticate  in
precedenza ... »

 

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Europa (Copyright immagine svilen001) Gli Stati membri dell'UE non possono vietare la commercializzazione delle lenti
a contatto via Internet
La salute dei consumatori deve essere tutelata con misure meno restrittive

Sentenza Corte di giustizia dell'Unione europea 02/12/2010
nella causa C-108/09
Ker-Optika bt / ÁNTSZ Dél-dunántúli Regionális Intézete

« Secondo la normativa ungherese, la commercializzazione delle lenti a contatto richiede che essa
venga effettuata in un negozio  specializzato avente una superficie minima di 18 m o un locale
separato dal laboratorio. Inoltre, nel contesto della vendita di tali prodotti, si deve ricorrere ai servizi
di un optometrista o di un medico oftalmologo qualificato in materia di lenti a contatto.

La società  ungherese Ker-Optika commercializza lenti a  contatto tramite il suo  sito Internet. Le
autorità sanitarie ungheresi le hanno vietato di proseguire tale attività in quanto, in Ungheria, questi
prodotti non potevano essere venduti via Internet.

La Ker-Optika ha impugnato il provvedimento  di divieto e il Baranya Megyei  Bíróság (tribunale
provinciale per la Baranya, Ungheria), cui è stata sottoposta la controversia,
chiede alla Corte di
giustizia se il diritto dell'Unione osti alla normativa ungherese che autorizza la commercializzazione
di lenti a contatto esclusivamente in negozi specializzati nella vendita di dispositivi medici e che ne
vieta, di conseguenza, la commercializzazione via Internet.

Nella sentenza odierna la Corte constata che il divieto, introdotto dalla normativa ungherese,
riguarda le lenti a contatto provenienti da  altri Stati  membri,  vendute per  corrispondenza e
consegnate presso il domicilio dei consumatori residenti in Ungheria. La Corte osserva che tale
divieto priva gli operatori degli altri Stati membri di una modalità particolarmente efficace di
commercializzazione di questi prodotti e, pertanto, ostacola considerevolmente il loro accesso al
mercato ungherese.
Di conseguenza, tale normativa costituisce un ostacolo alla libera circolazione
delle merci nell'Unione europea.

Quanto alla giustificazione di questa restrizione, la Corte osserva che uno Stato membro può
imporre che le lenti a contatto siano consegnate da personale qualificato in grado di fornire  al
cliente  informazioni sul  loro uso corretto e sulla loro manutenzione nonché sui rischi connessi al
loro uso.
Pertanto, riservando la consegna di lenti a contatto ai negozi di ottica che offrono i servizi
di un ottico qualificato, la normativa ungherese è atta a garantire la realizzazione dell'obiettivo di
assicurare la tutela della salute dei consumatori.

La Corte ricorda tuttavia che tali servizi possono anche essere forniti da un medico oftalmologo in
una sede diversa dai negozi di ottica. Inoltre, la Corte osserva che dette prestazioni s'impongono,
in linea di principio, soltanto all'atto della prima consegna delle lenti a contatto. Infatti, nel corso
delle successive forniture, è sufficiente  che il  cliente segnali al venditore il tipo di lenti
consegnategli durante la prima fornitura e gli comunichi eventuali variazioni della vista accertate da
un medico oftalmologo.
Oltre a ciò, le informazioni e i consigli supplementari necessari per l'utilizzo
prolungato delle lenti a contatto possono essere messi a disposizione del cliente tramite elementi
interattivi presenti nel sito Internet del fornitore o da un ottico qualificato da quest'ultimo incaricato
di dare tali informazioni a distanza.

Pertanto, la Corte dichiara che l'obiettivo di garantire la tutela della salute degli utilizzatori di lenti a
contatto  può essere raggiunto tramite misure meno restrittive di quelle risultanti dalla
normativa ungherese. Di conseguenza, il divieto di vendere lenti a  contatto via Internet non è
proporzionato all'obiettivo di tutela della sanità pubblica e deve quindi essere considerato contrario
alle norme in materia di libera circolazione delle merci
».

Fonte: comunicato stampa Corte di giustizia dell'Unione europea

02/12/2010

www.curia.europa.eu

 

Leggi il testo della sentenza (su curia.europa.eu)

 

 

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Leggi, sentenze, articoli (Copyright foto James Steidl - Fotolia.com) Cassazione civile, sez. I, 19 dicembre 2008, n. 29774:

« ...Occorre premettere che questa Corte ha avuto occasione di chiarire che in tema di diritto d'autore, il titolo (c.d. testata) del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche, anche se frutto di un pensiero originale, non costituisce in sè e per sè un'opera dell'ingegno, non avendo una funzione creativa, ma esclusivamente una funzione distintiva: esso, pertanto, non è tutelato come bene autonomo, ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 12, ma riceve una tutela esaustiva da parte dell'art. 100, della medesima legge, nella misura in cui individui una pubblicazione, della quale rappresenta il segno distintivo (ex plurimis Cass. 16888/06; Cass. 17903/04; Cass. 1264/88; Cass. 841/72).

Proprio in ragione della natura distintiva della testata, questa Corte ha ritenuto in diverse occasioni di fare riferimento ai criteri stabiliti in tema di segni distintivi dell'impresa e dei suoi prodotti. A tale proposito, si è,ad esempio, precisato che "anche un titolo generico o meramente descrittivo può acquistare una funzione individualizzatrice se, per l'uso che di quel titolo sia stato fatto in relazione ad una certa opera, per il tempo in cui ciò si è verificato e per la notorietà che l'opera ha acquistato presso il pubblico, si determini diffusamente un fenomeno di associazione" che porta i fruitori dell'opera a collegare all'opera stessa quelle parole e quei segni, pure in sè privi di particolare originalità, dei quali il titolo si compone. (Cass. 1636/06).

Ne consegue, che "un titolo da principio dotato di una capacità distintiva debole, perchè costituto da una combinazione di parole ed altri segni grafici di significato relativamente comune, acquisti, per effetto dell'uso protratto nel tempo e del conseguente fenomeno di associazione cui dianzi si è fatto cenno, una valenza più forte" (Cass. 1636/06).

Nel caso inverso, invece, in cui la testata abbia una capacità distintiva debole, il problema della sua contraffazione va valutato tenendo conto del fatto che anche una modesta modifica apportata dalla testata concorrente potrebbe impedire pericolo di confusione tra i due segni distintivi... »



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Conciliazione nelle controversie civili e commerciali (Copyright foto olly - Fotolia.com)A fronte del grande interesse suscitato dal tema della mediazione in materia civile e commerciale, si cercherà di chiarire, in breve, quali sono i requisiti richiesti per esercitare l'attività di mediatore alla luce del D.M. 180/2010 entrato in vigore il 5/11/2010.


Ai sensi del decreto legislativo 28/2010, mediatore è

"la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo".

Si ricorda innanzitutto che il procedimento di mediazione ex d.lgs. 28/2010 può essere gestito solo da appositi organismi di mediazione iscritti in apposito registro presso il Ministero della Giustizia e che il mediatore può operare solo se iscritto nelle liste di un organismo di mediazione (ciascun mediatore può iscriversi nelle liste di massimo 5 organismi di mediazione).

Secondo l'art. 4 D.M. 180/2010, i mediatori:

a) devono possedere un titolo di studio non  inferiore  al  diploma  di  laurea universitaria  triennale  ovvero,  in  alternativa,   devono   essere iscritti a un ordine o collegio professionale;

b) devono essere in possesso di una specifica formazione  e  di  uno  specifico aggiornamento  almeno  biennale,  acquisiti  presso   gli   enti   di formazione in base all'articolo 18 dello stesso decreto;

c) devono possedere i seguenti requisiti di onorabilita':

a. non avere riportato  condanne  definitive  per  delitti  non colposi o a pena detentiva non sospesa;

b. non essere incorso nell'interdizione perpetua  o  temporanea dai pubblici uffici;

c. non essere stato sottoposto a misure  di  prevenzione  o  di sicurezza;

d.  non   avere   riportato   sanzioni   disciplinari   diverse dall'avvertimento;

d) i soli mediatori esperti nella materia internazionale devono inoltre essere in possesso di documentazione idonea a comprovarne le conoscenze linguistiche.

Ai sensi dell'art. 18 D.M. 180/2010, il percorso  formativo per i mediatori, predisposto da enti di formazione accreditati presso il Ministero della Giustizia

- deve avere una durata complessiva non  inferiore  a  50  ore

- deve essere articolato  in  corsi teorici e pratici, con un massimo di trenta partecipanti  per  corso, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti, e  in  una prova finale di valutazione  della  durata  minima  di  quattro  ore, articolata distintamente per la parte  teorica  e  pratica.

I corsi teorici e pratici devono  avere  per  oggetto  le  seguenti  materie:

normativa nazionale,  comunitaria  e  internazionale  in  materia  di mediazione e conciliazione, metodologia delle procedure  facilitative e aggiudicative di negoziazione e di mediazione e  relative  tecniche di gestione del conflitto e di interazione  comunicativa,  anche  con riferimento  alla  mediazione  demandata  dal  giudice,  efficacia  e operativita'   delle   clausole   contrattuali   di   mediazione    e conciliazione,  forma,  contenuto  ed  effetti   della   domanda   di mediazione e dell'accordo di conciliazione, compiti e responsabilita' del mediatore.

Il percorso  di aggiornamento formativo, di durata complessiva non inferiore a 18 ore biennali, deve essere articolato in corsi teorici e pratici avanzati, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti ovvero, in alternativa, di sessioni di mediazione; i corsi di aggiornamento devono avere  per oggetto le materie di cui sopra.


E i conciliatori che hanno acquisito il titolo prima dell'entrata in vigore del D.M. 180/2010?

Per essi l'art. 20 del D.M. 180/2010 prevede quanto segue:

"I mediatori abilitati  a  prestare  la  loro  opera  presso  gli organismi di cui al comma 1 devono acquisire, entro  sei  mesi  dalla data di entrata in vigore del presente  decreto,  i  requisiti  anche formativi in esso previsti per l'esercizio  della  mediazione  o,  in alternativa, attestare di  aver  svolto  almeno  venti  procedure  di mediazione, conciliazione o negoziazione volontaria e paritetica,  in qualsiasi materia, di cui almeno cinque concluse con  successo  anche parziale. Gli stessi mediatori, fino alla scadenza dei  sei  mesi  di cui  al  periodo  precedente,   possono   continuare   a   esercitare l'attivita' di mediazione. Dell'avvenuta acquisizione  dei  requisiti gli organismi di cui al comma  1  danno  immediata  comunicazione  al responsabile".




Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore


Per maggiori informazioni si invita a consultare
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Diritto e Internet (Copyright immagine khz) Con la sentenza 22 giugno 2010, n. 719 il Tribunale di La Spezia ha avuto occasione di affermare che la messa in vendita di un bene per via telematica attraverso un sito di e-commerce noto e serio, nella fattispecie eBay, costituisce sicuramente un mezzo per indurre in errore i potenziali acquirenti sulle effettive intenzioni truffaldine di chi offre in vendita beni senza alcuna intenzione di consegnarli, risultando così configurato il reato di truffa di cui all'art. 640 cod. pen..

Nel caso sottoposto all'esame del Tribunale, dalla querela della parte offesa, di cui le parti consentivano l'acquisizione, emergeva che il querelante, accedendo al sito web eBay e visionato un giubbotto di una determinata marca, lo acquistava.

Il venditore contattava successivamente via e-mail il compratore, comunicandogli che il pagamento doveva avvenire mediante ricarica di una carta postepay intestata all'imputato.

La parte offesa effettuava il pagamento, ma non riceveva poi quanto acquistato, né riusciva più a contattare in alcun modo il venditore.

Con la sentenza in oggetto, il Tribunale dichiara dunque l'imputato colpevole del reato ascritto e lo condanna alla pena di mesi dieci di reclusione e euro 150 di multa (pena base mesi sei di reclusione e euro 90 di multa, pena aumentata di due terzi ex art. 99, comma 4, c.p.), oltre al pagamento delle spese processuali.



Avvocato Giuseppe Briganti,
avvbriganti.iusreporter.it
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Di Admin (del 23/11/2010 @ 19:16:34, in risposte, linkato 6043 volte)

Diritto (Copyright immagine woodsy)L'Arbitro Bancario Finanziario (ABF), come si legge nel relativo sito web, è un sistema di risoluzione delle liti tra i clienti e le banche e gli altri intermediari che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari. È detto "stragiudiziale" perché offre un'alternativa rispetto al ricorso al giudice.

L'ABF è un organismo che decide in pochi mesi chi ha ragione e chi ha torto. È un sistema nuovo da non confondere con la conciliazione o con l'arbitrato.

Le decisioni non sono vincolanti come quelle del giudice ma se l'intermediario non le rispetta il suo inadempimento è reso pubblico.


Quando fare ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario

All'Arbitro Bancario Finanziario possono essere sottoposte le controversie che coinvolgono:

banche, intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del Testo Unico Bancario (TUB) nonchè i confidi e i cambiavalute di cui all'art.155 del TUB;
Istituti di moneta elettronica (IMEL) che operano in Italia;
Poste Italiane per l'attività di Bancoposta;
banche e intermediari esteri operanti in Italia.

L'Arbitro Bancario Finanziario può decidere tutte le controversie che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari quali i conti correnti, i mutui, i prestiti personali:

fino a 100.000 euro, se il cliente chiede una somma di denaro;
senza limiti di importo, se il cliente chiede soltanto l'accertamento di diritti, obblighi e facoltà (ad esempio, quando si lamenta la mancata consegna della documentazione di trasparenza o la mancata cancellazione di un'ipoteca dopo aver estinto un mutuo).

L'Arbitro Bancario Finanziario non può decidere le controversie:

riguardanti servizi e attività di investimento quali la compravendita di azioni e obbligazioni o le operazioni in strumenti finanziari derivati, che sono di competenza del sistema di conciliazione e arbitrato della Consob;
riguardanti beni o servizi diversi da quelli bancari e finanziari, quali il bene concesso in leasing o venduto mediante operazioni di credito al consumo oppure le forniture connesse a operazioni di factoring (ad esempio, nel caso del leasing o del prestito per l'acquisto di un bene, l'ABF non decide sui difetti del bene oggetto del contratto);
già all'esame dell'autorità giudiziaria, di arbitri o di conciliatori. Il ricorso all'ABF è tuttavia possibile se una procedura di conciliazione non va a buon fine;
relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2007.

Il ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario deve essere preceduto da un reclamo scritto all'intermediario e devono essere trascorsi non più di 12 mesi dalla presentazione del reclamo stesso.


Come fare ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario

1. IL RECLAMO ALL'INTERMEDIARIO

Prima di rivolgersi all'Arbitro Bancario Finanziario, è necessario presentare un reclamo all'intermediario che deve avere al suo interno un apposito ufficio o una persona responsabile della gestione dei reclami.

Il reclamo deve avere una risposta entro 30 giorni dalla sua presentazione. Se accolto, l'intermediario comunica al cliente il tempo necessario per risolvere il problema.

2. IL RICORSO ALL'ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO

Se non riceve risposta entro 30 giorni oppure se non è soddisfatto della risposta, il cliente può presentare ricorso all'Arbitro, purché non siano trascorsi più di 12 mesi dalla presentazione del reclamo all'intermediario.

Prima di presentare il ricorso è necessario versare 20 euro come contributo per le spese della procedura.

Copia della ricevuta che attesta il pagamento deve essere inviata insieme al ricorso, che altrimenti sarà irricevibile.

3. L'INVIO DEL RICORSO

Il modulo per il ricorso è disponibile sul sito web dell'Arbitro (www.arbitrobancariofinanziario.it) e presso tutte le Filiali della Banca d'Italia aperte al pubblico.

Il modulo compilato e firmato, con i relativi allegati, e l'attestazione del pagamento di 20 euro devono essere inoltrati, personalmente o tramite un rappresentante (per esempio un avvocato) con una di queste modalità:

per posta, via fax o con posta elettronica certificata (PEC), alla Segreteria tecnica competente o ad una qualunque delle Filiali della Banca d'Italia;
a mano, presso una delle Filiali della Banca d'Italia aperte al pubblico
, che lo inviano alla Segreteria tecnica competente.

4. LA COMUNICAZIONE DEL RICORSO ALL'INTERMEDIARIO

Non appena presentato il ricorso all'Arbitro il cliente deve inviarne copia all'intermediario con lettera raccomandata AR o per posta elettronica certificata (PEC).

Dalla ricezione della comunicazione l'intermediario ha a disposizione al massimo 45 giorni per inviare alla Segreteria tecnica le proprie controdeduzioni e la documentazione necessaria per decidere il ricorso.

5. L'ISTRUTTORIA

La Segreteria tecnica dell'ABF svolge l'istruttoria esclusivamente sulla base della documentazione fornita dalle parti.

E' dunque importante che il ricorso sia completo e regolare e che sia presentato nei termini, altrimenti è irricevibile. Si consiglia a tal fine di avvalersi dell'assistenza di un avvocato.

La Segreteria tecnica e il Collegio possono comunque chiedere alle parti di fornire ulteriori documenti.

6. LA DECISIONE

Il Collegio si pronuncia entro 60 giorni dalla data in cui la Segreteria tecnica ha ricevuto le controdeduzioni da parte dell'intermediario oppure dalla data di scadenza del termine di presentazione. Il ricorso è deciso esclusivamente sulla base della documentazione raccolta nel corso dell'istruttoria.

La Segreteria tecnica comunica alle parti decisione e motivazione entro 30 giorni dalla pronuncia.

Se il ricorso è accolto anche solo in parte, il Collegio fissa il termine entro il quale l'intermediario deve adempiere alla decisione; se non è fissato alcun termine, l'intermediario deve adempiere entro 30 giorni dalla comunicazione della decisione.

7. LA PUBBLICITA' DELL'INADEMPIMENTO

Se l'intermediario non rispetta la decisione o non collabora al funzionamento della procedura, il suo inadempimento è pubblicato sul sito web dell'Arbitro, sul sito web della Banca d'Italia e, a spese dell'intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale.

E' inadempiente l'intermediario che:

non esegue o esegue solo in parte la prestazione imposta dalla decisione dell'Arbitro Bancario Finanziario;
non rimborsa al cliente i 20 euro versati come contributo spese, se il ricorso è stato accolto anche solo in parte;
non versa alla Banca d'Italia il contributo spese di 200 euro dovuto se il ricorso viene accolto anche solo in parte.

Non collabora al funzionamento della procedura l'intermediario che:

non versa il contributo dovuto ai membri dei Collegi designati dalle associazioni degli intermediari;
omette o invia in ritardo la documentazione richiesta, se questo impedisce all'ABF di decidere la controversia.


Cosa accade se la decisione dell'Arbitro Bancario Finanziario non pone fine alla controversia?

In tal caso si è liberi di ricorrere a ogni altro strumento di tutela previsto dall'ordinamento. Resta infatti possibile instaurare il procedimento giudiziario ovvero ricorrere alla conciliazione o all'arbitrato.



Fonte:
www.arbitrobancariofinanziario.it. Nel sito è disponibile la modulistica per il ricorso.


A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it

Per richiedere assistenza nella presentazione di un ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario clicca qui

novembre 2010


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Conciliazione nelle controversie civili e commerciali (Copyright foto olly - Fotolia.com) Pubblicata un'intervista all'Avv. Giuseppe Briganti, curatore di www.iusreporter.it e www.guidamediazionecivile.it, in tema di conciliazione sul blog MEDIAZIONE TRA PARI di Alessandra Grassi, dove è possibile trovere informazioni, spunti pratici e news per la diffusione della cultura della conciliazione.

Leggi l'intervista

 

 

Studio legale Avv. Giuseppe Briganti

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Conciliazione nelle controversie civili e commerciali (Copyright foto olly - Fotolia.com) La mediazione in materia civile e commerciale

Guida breve al decreto legislativo 28/2010

Aggiornata con il D.M. 180/2010

(novembre 2010)


dell'
Avvocato Giuseppe Briganti

Avvocato e conciliatore

 

La Guida si propone di offrire una semplice introduzione alla mediazione in materia civile e commerciale regolata dal decreto legislativo 28/2010 e che tanto sta facendo parlare di sé negli ultimi mesi.


 

Indice della Guida

Premessa 7
1
Che cosa si intende per mediazione? E per mediatore? Le definizioni del decreto legislativo 28/2010 8
2
Chi puo' accedere alla mediazione? 9
3
Quale disciplina si applica al procedimento di mediazione? 10
4
Come si propone la domanda di mediazione? Che cosa occorre indicare? 11
5
Quali sono gli obblighi dell'avvocato in tema di mediazione? L'obbligo di informare l'assistito in vigore dal 20/03/2010 12
6
Per quali controversie e' obbligatorio il procedimento di mediazione? Quando il giudice puo' invitare le parti a procedere alla mediazione? Quali sono i rapporti con il processo? 13
7
Quale e' la durata massima del procedimento di mediazione? Quali sono gli effetti sulla ragionevole durata del processo? 17
8
Come si svolge il procedimento di mediazione? Quali sono i compiti del mediatore? Cosa succede se una parte rifiuta di partecipare? 18
9
Cosa e' previsto in merito alla riservatezza? 20
10
Le informazioni acquisite nel procedimento sono utilizzabili in giudizio? Il mediatore puo' deporre su quanto appreso nel corso del procedimento di mediazione? 21
11
Cosa succede se viene raggiunto un accordo amichevole? E se non viene raggiunto l'accordo? Cos'e' la proposta del mediatore? 22
12
Il verbale di accordo deve essere omologato dal tribunale? Costituisce titolo esecutivo? 24
13
Quali effetti sulle spese di lite? 25
14
Quali sono gli obblighi del mediatore? 27
15
Quali i rapporti con la class action? 29
16
Quali le regole per gli organismi di mediazione e gli enti formatori? 30
17
Quali le agevolazioni fiscali? Come sono regolate le indennita' spettanti all'organismo di mediazione e ai mediatori? 33
18
Chi puo' istituire organismi di mediazione presso i tribunali? 35
19
I consigli degli ordini professionali possono istituire organismi di mediazione? Gli organismi istituiti dalle CCIAA possono essere iscritti nel registro? 36
20
Cosa e' previsto in tema di credito d'imposta? 37
21
Quali i rapporti con i procedimenti di conciliazione e mediazione già previsti? 39
22
Cosa e' previsto per l'entrata in vigore? 40
23
La guida on-line sulla mediazione di Iusreporter.it 41


Appendice I
DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2010 n. 28 (G.U. 5 marzo 2010, n. 53) - Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali 42

Appendice II
Circolare 11-C-2010 del C.N.F.: MEDIAZIONE FINALIZZATA ALLA CONCILIAZIONE - modelli di informativa per l'assistito della possibilità di conciliare la lite 55


Appendice III
Il D.M. 180/2010

Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalita' di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonche' l'approvazione delle indennita' spettanti agli organismi, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28

Sommario

Capo I Disposizioni generali 63

Art. 1 Definizioni 63

Art. 2 Oggetto 64

Capo II Registro degli organismi 64

Art. 3 Registro 64

Art. 4 Criteri per l'iscrizione nel registro 65

Art. 5 Procedimento di iscrizione 66

Art. 6 Requisiti per l'esercizio delle funzioni di mediatore 67

Art. 7 Regolamento di procedura 67

Art. 8 Obblighi degli iscritti 68

Art. 9 Effetti dell'iscrizione 68

Art. 10 Sospensione e cancellazione dal registro 69

Art. 11 Monitoraggio 69

Capo III Servizio di mediazione e prestazione del mediatore 69

Art. 12 Registro degli affari di mediazione 69

Art. 13 Obblighi di comunicazione al responsabile 70

Art. 14 Natura della prestazione 70

Art. 15 Divieti inerenti al servizio di mediazione 70

Capo IV Indennita' 70

Art. 16 Criteri di determinazione dell'indennita' 70

Capo V Enti di formazione e formatori 71

Art. 17 Elenco degli enti di formazione 71

Art. 18 Criteri per l'iscrizione nell'elenco 71

Art. 19 Procedimento d'iscrizione e vigilanza 73

Capo VI Disciplina transitoria ed entrata in vigore 73

Art. 20 Disciplina transitoria 73

Art. 21 Entrata in vigore 74

Tabella A 75



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Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU 256 del 02/11/2010) il regolamento recante istituzione e gestione del registro pubblico degli abbonati che si oppongono all'utilizzo del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali Leggi, sentenze, articoli (Copyright foto James Steidl - Fotolia.com) (DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 settembre 2010, n. 178; leggi il provvedimento su IRDoc)

Secondo l'art. 7 del provvedimento, ciascun abbonato puo' chiedere al  gestore  che  la  numerazione della  quale  e'  intestatario sia iscritta nel registro,  gratuitamente  e almeno secondo le seguenti modalita':

a) mediante compilazione di apposito modulo elettronico sul  sito web del gestore del registro pubblico; in tale  caso,  l'abbonato  e' tenuto a fornire i propri  dati  anagrafici,  comprensivi  di  codice fiscale, indirizzo di posta elettronica, e comunicare la  numerazione da iscrivere al registro;

b) mediante chiamata, comunicando i medesimi  dati  di  cui  alla lettera  a),  effettuata  dalla  linea  telefonica  con numerazione corrispondente a quella per  la  quale  si  chiede  l'iscrizione  nel registro, al numero telefonico gratuito appositamente predisposto dal gestore  del  registro,   il   sistema   deve   funzionare   mediante risponditore automatico, con possibilita' per l'abbonato di  ottenere comunque  un'assistenza  telefonica  non  automatizzata  in  caso  di difficolta' o problemi di iscrizione o modifica o  cancellazione  dei dati;

c) mediante invio di lettera raccomandata o fax al  recapito  del gestore, con allegata copia di un  documento  di  riconoscimento;  in tale caso, fa fede, ai fini di cui all'articolo 8, comma 2,  del provvedimento la  data di effettiva ricezione della lettera o del fax da parte del gestore;

d) mediante posta elettronica

Sempre secondo l'art. 7, l'iscrizione al registro da parte degli  abbonati  preclude  nei loro confronti qualsiasi trattamento per fini di invio  di  materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato  o  di  comunicazione  commerciale,  mediante  l'impiego  del telefono, senza distinzione di settore di attivita'  o  di  categoria merceologica.

L'iscrizione dell'abbonato  al  registro  pubblico  e'  a  tempo indeterminato  e  cessa   solo   in   caso   di   revoca   da   parte dell'interessato o di decadenza. 

L'iscrizione dell'abbonato  nel  registro  pubblico e'  riferita  unicamente  alla numerazione  da  esso  indicata  e  ad  esso  intestata  e  non  puo' estendersi a numerazioni intestate ad altri abbonati.

L'iscrizione al registro pubblico puo' avvenire in ogni momento, senza distinzioni di orario ed anche nei giorni festivi, quanto  meno con riferimento alle modalita'  automatizzate. 




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Di Admin (del 26/10/2010 @ 13:00:32, in diritto*internet, linkato 2952 volte)

Ricerca giuridica sul Web (Copyright immagine clix)In materia di arresti domiciliari la generica prescrizione di "non comunicare con persone diverse dai familiari conviventi" prevista dall'articolo 276, comma uno, del Codice di procedura penale, va intesa, secondo la Corte di Cassazione, nella accezione di divieto non solo di parlare con persone non della famiglia e non conviventi, ma anche di entrare in contatto con altri soggetti, dovendosi ritenere estesa, pur in assenza di prescrizioni dettagliate e specifiche, anche alle comunicazioni, sia vocali che scritte attraverso Internet.

L'uso di Internet, evidenzia la Corte, non può d'altra parte essere vietato tout court ove non si risolva in una comunicazione con terzi, comunque, attuata, ma abbia solamente funzione conoscitiva o di ricerca, senza entrare in contatto, tramite il web, con altre persone.


Così Corte di Cassazione, s
entenza n. 37151 del 18/10/2010:

« IN FATTO

Il G.I.P. dei Tribunale di ..., con ordinanza in data 10 maggio 2010, rigettava la richiesta del PM di sostituzione, nei confronti di ... e ..., della misura degli arresti domiciliari con la custodia in carcere per avere gli stessi violato la prescrizione loro imposta di non comunicare con persone diverse dai familiari conviventi, comunicando via internet, sui sito "Facebook", con altre persone.

Proponeva ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di ... ritenendo integrata la violazione della prescrizione di non comunicare con altre persone, imposte in sede di concessione della misura cautelare, stante i contatti intrattenuti con altre persone dagli imputati attraverso la rete.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

La generica prescrizione di "non comunicare con persone diverse dai familiari conviventi" prevista dall'articolo 276, comma uno, c.p.p., va intesa nella accezione di divieto non solo di parlare con persone non della famiglia e non conviventi, ma anche di entrare in contatto con altri soggetti, dovendosi ritenere estesa, pur in assenza di prescrizioni dettagliate e specifiche, anche alle comunicazioni, sia vocali che scritte attraverso internet. L'uso di internet non può essere vietato tout court ove non si risolva in una comunicazione con terzi, comunque, attuata, ma abbia solamente funzione conoscitiva o di ricerca, senza di entrare in contatto, tramite il web, con altre persone.

La moderna tecnologia consente oggi un agevole scambio di informazioni anche con mezzi diversi dalla parola, tramite Web, e anche tale trasmissione di informazioni deve ritenersi ricompresa nel concetto di "comunicazione", pur se non espressamente vietata dal giudice, dovendo ritenersi previsto nel generico "divieto di comunicare", il divieto non solo di parlare direttamente, ma anche di comunicare, attraverso altri strumenti, compresi quelli informatici, sia in forma verbale che scritta o con qualsiasi altra modalità che ponga in contatto l'indagato con terzi ("pizzini", gesti, comunicazioni televisive anche mediate, etc.).
L'eventuale violazione di tale divieto va, comunque, provato dall'accusa e non può ritenersi presunto, nella fattispecie, dall'uso dello strumento informatico.

Non risulta, nella specie, alcuna motivazione da parte del G.I.P., in ordine all'eventuale comunicazione con terzi, posta in essere dall'indagato attraverso Facebook.

Va, quindi, annullato il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di ... per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di ... per nuovo esame ».

 

 

A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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