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Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti  - consulenza e assistenza legaleL'Avv. Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001 cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con riviste giuridiche
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Diritto e Internet (Copyright immagine khz) A fronte del grande interesse suscitato dal tema della mediazione civile e commerciale, si pubblica il testo dello schema di decreto legislativo.

 

A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista

Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito dello studio legale.

 

Iusreporter.it - Documenti

Schema di decreto legislativo recante: "Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali"

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 60 della legge 19 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali;

Vista la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/Ce, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del .

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari .

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del .

Sulla proposta del Ministro della giustizia;

EMANA

il seguente decreto legislativo

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1

(Definizioni)

1. Ai fini del presente decreto legislativo , si intende per:

a) mediazione: l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;

b) conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione;

c) organismo: l'ente pubblico o privato, abilitato a svolgere il procedimento di mediazione, privo dell'autorità di imporre alle parti una soluzione della controversia;

d) registro: il registro degli organismi di conciliazione istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 16 del presente decreto, nonché, sino al'emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222.

Art. 2

(Controversie oggetto di mediazione)

1. Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.

2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, né le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.

Capo II

DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

Art. 3

(Disciplina applicabile e forma degli atti)

1.  Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti.

2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'articolo 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico.

3.  Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.

4. La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell'organismo.

Art. 4

(Accesso alla mediazione)

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia,  la mediazione si volge davanti all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione.

2. L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa.

3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, l'avvocato è tenuto, nel primo colloquio con l'assistito, a informarlo della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L'informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto, a pena di nullità del contratto concluso con l'assistito. Il documento che contiene l'informazione è sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.

Art. 5

(Condizione di procedibilità e altri rapporti con il processo)

1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari deve esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, nel primo atto difensivo tempestivamente depositato e può essere rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, comma 1. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, e dal titolo X del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto stabilito dai commi 3 e 4, il giudice, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può in qualunque momento invitare le parti con ordinanza a procedere alla mediazione. L'invito deve essere rivolto alle parti prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all'invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, comma 1 e, quando la mediazione non è stata esperita, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari.

4. I commi 1 e 2 non si applicano:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;

e) nei procedimenti in camera di consiglio;

f) nell'azione civile esercitata nel processo penale.

5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto stabilito dai commi 3 e 4, se il contratto ovvero lo statuto della società prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, il giudice assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6, comma 1. La domanda è presentata davanti all'organismo indicato dal contratto o dallo statuto, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti a un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all'articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto, l'individuazione di un diverso organismo iscritto.

6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo.

7. Le disposizioni che precedono si applicano anche ai procedimenti davanti agli arbitri, in quanto compatibili.

Art. 6

(Durata)

1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi.

2. Il termine decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa nelle ipotesi di cui all'articolo 5.

Art. 7

(Effetti sulla ragionevole durata del processo)

1. Il periodo di cui all'articolo 6 non si computa ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.

Art. 8

(Procedimento)

1. All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda, dandone immediata comunicazione all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l'organismo nomina uno o più mediatori ausiliari.

2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell'organismo di mediazione.

3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia.

4. Ove non possa procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti.

Art. 9

(Dovere di riservatezza)

1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell'organismo è tenuto all'obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento di mediazione.

2. Rispetto alle dichiarazioni e informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.

Art. 10

(Inutilizzabilità e segreto professionale)

1. Salvo diverso accordo delle parti, le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato o riassunto a séguito dell'insuccesso della mediazione. Sulle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale.

2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sulle dichiarazioni e sulle informazioni  conosciute nel procedimento di mediazione, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili.

Art. 11

(Conciliazione)

1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell'accordo medesimo, sottoscritto dalle parti. Quando l'accordo non è raggiunto, il mediatore formula una proposta di conciliazione dopo averle informate delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13. L'accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.

2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l'accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata.

3. Se tutte le parti aderiscono alla proposta, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.

4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l'indicazione della proposta e delle ragioni del mancato accordo; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.

5. Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell'organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono.

Art. 12

(Efficacia esecutiva ed esecuzione)

1. Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, previo accertamento della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all'articolo 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/Ce, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l'accordo deve avere esecuzione.

2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

Art. 13

(Spese processuali)

1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4.

2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento di cui al periodo precedente.

3. Salvo diverso accordo, le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.

Art. 14

(Obblighi del mediatore)

1. Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, ad eccezione di quelli strettamente inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti.

2.  Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di:

a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale e' designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento;

b) informare immediatamente l'organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all'imparzialità nello svolgimento della mediazione;

c) formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell'ordine pubblico e delle norme imperative;

d) corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell'organismo.

3. Su istanza di parte, il responsabile dell'organismo provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull'istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell'organismo.

Art. 15

(Mediazione nell'azione di classe)

1. Quando è esercitata l'azione di classe prevista dall'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l'adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito.

Capo III

ORGANISMI DI CONCILIAZIONE

Art. 16

(Organismi di conciliazione e registro. Albo dei formatori)

1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all'articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro.

2. La formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della Giustizia. Sino all'emanazione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.

3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali variazioni. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da assicurare la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 17.

4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico. L'istituzione e la tenuta del registro avvengono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza.

5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l'albo dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell'attività di formazione. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all'attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale.

Art. 17

(Regime fiscale. Indennità)

1. In attuazione  dell'articolo 60, comma 3, lettera o) della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi  2 e 3, e dall'articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della Giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al Fondo Unico Giustizia attribuite al predetto Ministero, ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 lettera b) del decreto legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell'articolo 7 del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con i Ministri della Giustizia e dell'Interno, in data 30 luglio 2009, n. 127.

2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.

3. Il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 51.646 euro.

4. Con il decreto di cui all'articolo 16, comma 2, sono determinati:

a) l'ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici e il criterio di calcolo;

b) i criteri per l'approvazione delle tabelle, delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati;

c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al venticinque percento, nell'ipotesi di successo della mediazione;

d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell'articolo 5, comma 1.

5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1, le parti in possesso delle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative  e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115, sono esonerate dal pagamento dell'indennità spettante all'organismo di conciliazione. A tal fine la parte è tenuta a depositare presso l'organismo di conciliazione apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l'organismo di conciliazione lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.

6. Il Ministero della giustizia, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, provvede al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell'indennità di mediazione.  Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il  decreto di cui all'articolo 16, comma 2, delle indennità spettanti agli organismi pubblici di conciliazione, in modo da coprire anche il costo dell'attività prestata a favore dei soggetti aventi diritto all'esonero.

7. L'ammontare dell'indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'Istituto Nazionale di Statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.

8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi  2 e 3, valutati in 11,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del "Fondo unico giustizia" di cui all'articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tal fine, resta acquisita all'entrata del bilancio dello Stato.

Art. 18

(Organismi presso i tribunali)

1. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi di conciliazione presso i tribunali sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all'articolo 16.

Art. 19

(Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio)

1. I consigli degli ordini professionali possono istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilità.

2. Gli organismi di cui al comma 1 e gli organismi istituiti ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all'articolo 16.

CAPO IV

DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E INFORMATIVA

Art. 20

(Credito d'imposta)

1. Alle parti che corrispondono l'indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi di conciliazione di cui all'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, è riconosciuto un credito d'imposta commisurato all'indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3.

2. A decorrere dal 2011, con decreto del Ministro della Giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, è determinato l'ammontare delle risorse a valere sulla quota del "Fondo unico giustizia" di cui all'articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d'imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell'anno precedente. Con il medesimo decreto è individuato il credito d'imposta effettivamente spettante in relazione all'importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell'importo indicato al comma 1.

3. Il Ministero della Giustizia comunica all'interessato l'importo del credito d'imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la sua determinazione e trasmette, in via telematica, all'Agenzia delle entrate l'elenco dei beneficiari ed i relativi importi a ciascuno comunicati.

4. Il credito d'imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d'impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d'imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

5. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente articolo il Ministero della Giustizia provvede annualmente al versamento dell'importo corrispondente all'ammontare delle risorse destinate ai crediti d'imposta sulla contabilità speciale n. 1778 "Agenzia delle Entrate - Fondi di bilancio".

Art. 21

(Informazioni al pubblico)

1. Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.

CAPO V

ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Art. 22

(Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo)

1. All'articolo 10, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente: "6) mediazione, ai sensi dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69;".

Art. 23

(Abrogazioni)

1. Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.

2. Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati.

Art. 24

(Disposizioni transitorie e finali)

      1. Le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi iniziati a decorrere dalla stessa data.

      2. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

Schema di decreto legislativo recante: "Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali" - Relazione illustrativa

Articolo 1 (Definizioni)

L'articolo 1 contiene alcune definizioni di concetti ricorrenti nell'articolato, al fine di delimitare la materia di intervento del decreto legislativo rispetto a fenomeni contigui quali la conciliazione giudiziale e l'arbitrato, oltre che per garantire una migliore leggibilità del testo.

Alla lettera a), viene in primo luogo offerta una definizione del concetto di mediazione. La legge-delega n. 69 del 2009 non prevede una struttura rigida e predeterminata della mediazione civile e commerciale, ma si affida principalmente all'esperienza autoregolativa di quei soggetti pubblici e privati che, negli ultimi anni, hanno dato vita - nel contesto della conciliazione societaria di cui agli articoli 38-40 del d. lgs. n. 5 del 2003, ma anche in forme più spontanee - a esperienze di mediazione stragiudiziale di buon successo e che possono pertanto costituire il punto di riferimento per l'intervento del legislatore delegato. Per tale ragione, nella definizione di mediazione si sottolinea anzitutto che la denominazione attribuita all'attività svolta, dalle parti, da coloro che la esercitano o da altre fonti normative, è irrilevante, posto che la moderna mediazione non si lascia irrigidire in formule che in realtà colgono del fenomeno solo aspetti parziali.

L'elemento caratterizzante è invece dato dalla finalità di assistenza delle parti nella ricerca di una composizione non giudiziale di una controversia.

Per controversia è da intendersi la crisi di cooperazione tra soggetti privati, risolubile non soltanto attraverso la netta demarcazione tra torti e ragioni di ciascuno, ma anche per mezzo di accordi amichevoli che tendano a rinegoziare e a ridefinire gli obiettivi, i contenuti e i tempi del rapporto di cooperazione, in vista del suo prolungamento, e non necessariamente della sua chiusura definitiva. Già nella definizione iniziale viene pertanto esplicitata l'opzione per una mediazione che sappia abbracciare contemporaneamente forme sia facilitative che aggiudicative. Alle forme facilitative è anzi assegnata una certa preferenza (v. anche gli articoli 8 e 11), in virtù della loro maggiore duttilità rispetto ai reali interessi delle parti e della conseguente loro maggiore accettabilità sociale.

I mezzi utilizzati per giungere alla composizione sono dunque tendenzialmente irrilevanti, anche se la terzietà e l'imparzialità del soggetto che svolge la mediazione restano elementi imprescindibili.

La lettera b) definisce il concetto di conciliazione, intesa come esito positivo dell'attività di mediazione.

La lettera c) definisce l'organismo abilitato a svolgere la mediazione e precisa che tale abilitazione spetta a enti pubblici e privati, privi tuttavia dell'autorità di imporre una soluzione in termini vincolanti. Tale precisazione, ripresa da alcuni strumenti normativi internazionali, è utile a ribadire la natura informale e primariamente facilitativa dell'attività di mediazione svolta dagli organismi di cui al decreto, ma soprattutto serve a distanziarla da forme arbitrali o pararbitrali di decisione della controversia.

La lettera d) definisce infine il registro degli organismi di conciliazione. In linea con la legge-delega e riprendendo l'esperienza della conciliazione societaria, si è scelto di riservare la mediazione a organismi dotati di un'abilitazione pubblica e soggetti alla vigilanza del Ministero della giustizia (v. articolo 16). A tal fine il decreto legislativo rimanda a un decreto ministeriale, che dovrà istituire un registro degli organismi abilitati, salvo affidare,  fino a quella data e senza soluzioni di continuità, i compiti descritti al già esistente registro della conciliazione societaria, istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222. Nel testo, il rinvio al registro è dunque indifferentemente operato a quello già esistente e a quello da istituire.

Articolo 2 (Controversie oggetto di mediazione)

L'articolo 2, comma 1 chiarisce - in linea con la delega (articolo 60, comma 3, lettera a), della legge n. 69 del 2009) e con la normativa comunitaria (articolo 1, comma 2 della direttiva dell'Unione europea n. 52/2008) - che la mediazione ha per oggetto diritti di cui le parti possano disporre. A tale enunciato, del resto, corrisponde il limite generale dell'ordine pubblico e del rispetto delle norme imperative di cui fanno menzione gli articoli 12, comma 1, e 14, comma 2, lettera c).

Al comma 2 è poi precisato che la procedura di mediazione disciplinata dal decreto non esclude il ricorso a istituti già ampiamente sperimentati nella pratica, che consentono di giungere alla composizione di controversie su base paritetica o attraverso procedure di reclamo disciplinate dalle carte di servizi, ma che si differenziano dalla mediazione per il mancato intervento di organismi terzi e imparziali.

Articolo 3 (Disciplina applicabile e forma degli atti)

L'articolo 3 regola la disciplina applicabile al procedimento di mediazione.

In linea con i principi di delega, che a loro volta fanno rinvio sul punto alla normativa comunitaria e alla disciplina della conciliazione societaria, la scelta di fondo, calata nei commi 1 e 2, è stata quella di valorizzare le esperienze autoregolative e di minimizzare l'intervento statale nella disciplina del concreto esercizio dell'attività di mediazione. Quest'ultima è pertanto disciplinata in modo prevalente dal regolamento privato, di cui ciascun singolo organismo deve dotarsi e che deve essere depositato presso il Ministero della giustizia all'atto dell'iscrizione al registro (articolo 16, comma 3). I limiti che l'articolo 3 pone alla potestà regolamentare degli organismi  si riducono al rispetto del dovere di riservatezza, poi disciplinato in modo analitico nell'articolo 9, e del dovere di imparzialità del mediatore rispetto al singolo affare trattato.

Al comma 3 si precisa poi che gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.

Il comma 4 infine recepisce il principio di cui all'articolo 60, comma 3, lettera i) della legge-delega, prevedendo la possibilità di esercitare la mediazione secondo modalità telematiche, affidando al regolamento dell'organismo la disciplina più analitica di tali modalità. Anche il ricorso alla telematica si inserisce nel quadro della semplificazione e deformalizzazione dell'attività di mediazione, che costituisce una della leve su cui fare maggior affidamento per la diffusione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

Articolo 4 (Accesso alla mediazione)

L'articolo 4 delinea innanzi tutto le modalità di avvio del procedimento di mediazione, che si articolano in una semplice domanda da depositare, e dunque da porre per iscritto, presso la segreteria di un organismo inserito nel registro di cui all'articolo 16.

Deliberatamente, non si stabilisce un criterio di competenza in senso proprio, così da evitare una impropria giurisdizionalizzazione della sequenza che avrebbe alimentato contrasti e imposto criteri per la risoluzione dei conflitti.

Le parti saranno così libere di investire, concordemente o singolarmente, l'organismo ritenuto maggiormente affidabile.

Qualora, rispetto alla stessa controversia, vi siano più domande di mediazione, si è optato per un criterio selettivo oggettivo, e di piana applicazione, quale quello della prevenzione: il procedimento di mediazione si svolgerà davanti all'organismo presso cui è stata depositata la prima domanda. Questo spiega anche perché si è scelto di imporre alla domanda la forma documentale (o quanto meno documentata da apposito processo verbale, ove il regolamento dell'organismo lo preveda).

Il descritto requisito formale minimo garantisce certezza anche ai diversi, ulteriori e delicati fini del regime di impedimento della decadenza di cui all'articolo 5,  e di interruzione e sospensione della prescrizione.

Si è previsto, con finalità di garanzia, che, per l'applicazione del criterio di prevenzione, si deve fare riferimento alla necessaria ricezione della comunicazione della domanda depositata.

La regola della prevenzione evita quindi la scelta di criteri più prettamente processuali, quale quello della sede o residenza della parte chiamata in mediazione, ovvero quello opposto. Ognuna di queste ipotesi avrebbe comunque alimentato - nonostante l'apparente semplicità - dannosi contrasti interpretativi (si pensi alla residenza o sede ritenute fittizie). E avrebbe altresì implicato inconvenienti non trascurabili: ad esempio, il "foro del convenuto" avrebbe costretto alcune categorie di soggetti, che oggi godono di un regime protettivo di competenza, quali i consumatori, a recarsi necessariamente presso l'avversario; ovvero, avrebbe impedito alla parte di optare per organismi ritenuti più affidabili anche se con sede viciniore ma differente da quella propria o della propria residenza, senza contare che, in alcune materie, gli organismi ben difficilmente conosceranno una distribuzione così capillare da riprodurre la competenza degli uffici giudiziari.

Il secondo comma dell'articolo mira poi a risolvere un problema connesso: quello della individuazione della controversia. Si fa riferimento alle parti, all'oggetto e alle ragioni della pretesa, per delineare una cornice più snella rispetto a quella della domanda giudiziale, in quanto riferibile a una contesa che investa un rapporto fonte di possibili plurime cause. Allo stesso tempo, si è dovuto precisare quel contenuto minimo che risultasse coerente con le anticipate ricadute sulla prescrizione e decadenza.

Infine, l'ultimo comma dell'articolo 4, affronta il delicato tema degli obblighi di informazione dell'avvocato (articolo 60, comma 3, lettera n), della legge n. 69/2009) cui eventualmente la parte si sia rivolta per esaminare la fattispecie litigiosa che la coinvolge.

Si evidenzia l'importanza di tale obbligo imponendo un'informativa specifica e scritta, abbinata a quella sulle agevolazioni fiscali di cui la parte in mediazione può usufruire.

L'avvocato dovrà informare la parte nel primo contatto, anche in anticipo rispetto al formale conferimento dell'incarico.

La sanzione per l'omessa informativa è stata individuata nella nullità del contratto concluso eventualmente con l'assistito, rafforzata dall'obbligo di allegare il documento, sottoscritto, all'atto del giudizio in ipotesi instaurato. Si tratta di una nullità di protezione che non si riverbera sulla validità della procura, in linea con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Secondo la Suprema Corte, infatti, la procura alle liti, come atto interamente disciplinato dalla legge processuale, è insensibile alla sorte del contratto di patrocinio la cui nullità non toglie quindi al difensore lo ius postulandi attribuito con la procura.

In tal modo, inoltre, si è evitato sia di indebolire la previsione lasciandola presidiata dal solo vincolo disciplinare a rispettare i doveri imposti ex lege, sia di prevedere una improcedibilità della domanda medesima, che sarebbe andata a danno della stessa parte a favore della quale è introdotta la previsione.

In aggiunta, il giudice informerà la parte non avvisata della possibilità di avvalersi della mediazione.

Articolo 5 (Condizione di procedibilità e altri rapporti con il processo)

Nell'articolo 5 sono regolati i rapporti tra il procedimento di mediazione e l'eventuale processo civile relativo alla medesima controversia su cui si è svolta o si svolge la mediazione.

Il comma 1 configura la mediazione, rispetto ad alcune materie, come condizione di procedibilità. Lo schema seguito è quello già sperimentato nelle controversie di lavoro, agli articoli 410 ss. del codice di procedura civile, o nelle controversie agrarie, ai sensi dell'articolo 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203. La parte che intende agire in giudizio ha l'onere di tentare la mediazione e il giudice, qualora rilevi - su eccezione di parte nella prima difesa o d'ufficio entro la prima udienza - che la mediazione non è stata tentata o che non è decorso il termine massimo per il suo completamento, fissa una nuova udienza dopo la scadenza del termine massimo per la mediazione, onde consentirne lo svolgimento. Se poi la mediazione non è ancora iniziata, il giudice deve altresì assegnare un termine per la presentazione della domanda a un organismo iscritto. Rispetto al modello del processo del lavoro, si è preferito non prevedere la sospensione del processo, ma un suo semplice differimento, atteso lo sfavore che il legislatore degli ultimi anni rivolge verso l'istituto della sospensione. La sospensione è del resto anche più dispendiosa per le parti, che possono dover riassumere il processo dopo la cessazione della causa sospensiva.

Il comma 1 intende così allargare a una vasta serie di rapporti la condizione di procedibilità, sul presupposto che solo una simile estensione possa garantire alla nuova disciplina una reale spinta deflattiva e contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie.

Al riguardo, occorre rammentare che la Corte costituzionale ha più volte giudicato legittimo il perseguimento delle finalità deflattive, realizzato attraverso il meccanismo della condizione di procedibilità. Si tratta, infatti, di una misura che, senza impedire o limitare oltremodo l'accesso alla giurisdizione, si limita a differirne l'esperimento, imponendo alle parti oneri obiettivamente non gravosi e volti anzi a dare soddisfazione alle loro pretese in termini più celeri e meno dispendiosi (Corte cost. 13 luglio 2000, n. 276, Corte cost. 4 marzo 1992, n. 82 e in relazione al giusto processo Corte cost. 19 dicembre 2006, n. 436).

La condizione di procedibilità si pone perfettamente in linea con le direttive della legge-delega, laddove stabilisce (articolo 60, comma 3, lettera a) che la mediazione non può precludere l'accesso alla giustizia: essa realizza dunque quel punto di equilibrio tra diritto d'azione ex articolo 24 Cost., da un lato, e interessi generali alla sollecita amministrazione della giustizia e al contenimento dell'abuso del diritto alla tutela giurisdizionale, dall'altro, più volte richiesto dalla Corte costituzionale per affermare la legittimità di simili interventi normativi.

In aggiunta, va sottolineato che numerosi articoli del testo pongono l'accento sulla mediazione facilitativa, vale a dire su una forma di mediazione nella quale il mediatore non è, a differenza del giudice, vincolato strettamente al principio della domanda e può trovare soluzioni della controversia che guardano al complessivo rapporto tra le parti. Il mediatore non si limita a regolare questioni passate, guardando piuttosto a una ridefinizione della relazione intersoggettiva in prospettiva futura. Si pensi ai contratti bancari, in cui il cliente ha spesso la necessità non soltanto di vedersi riconoscere competenze negategli dall'istituto creditizio, ma anche di rinegoziare il complessivo rapporto bancario in tutti i suoi molteplici aspetti. O ancora, si faccia l'esempio dei rapporti condominiali, in cui la coesistenza forzata dei comproprietari consiglia, se non addirittura impone, la ricerca di soluzioni facilitative, che consentano in ogni caso di riavviare la convivenza condominiale al di là della decisione del singolo affare.

Tale impostazione, che connota fortemente la mediazione disciplinata dal decreto, è di grande ausilio anche per giustificare una condizione di procedibilità a largo raggio, in particolare per garantire che tale limitazione del diritto di azione sia realmente efficace in chiave deflattiva. Una mediazione in cui la definizione complessiva del rapporto tra le parti è incentivata si presenta, infatti, assai più appetibile per le parti, consentendo loro non soltanto un'abbreviazione dei tempi, ma anche di conseguire risultati che il processo è inidoneo ad assicurare.

Nella scelta delle materie rispetto alle quali la mediazione è condizione di procedibilità, due sono stati i criteri-guida seguiti.

In primo luogo, si sono prescelte quelle cause in cui il rapporto tra le parti è destinato, per le più diverse ragioni, a prolungarsi nel tempo, anche oltre la definizione aggiudicativa della singola controversia. Oltre al condominio, di cui si è già detto, si è fatto riferimento anzitutto ad alcuni contratti di durata per i quali la condizione di procedibilità non è tra l'altro sconosciuta (locazione, comodato, affitto d'azienda) ovvero ai rapporti in cui sono coinvolti soggetti appartenenti alla stessa famiglia, allo stesso gruppo sociale, alla stessa area territoriale (diritti reali, divisione, successioni ereditarie, condominio, patti di famiglia); poi si sono prescelti i rapporti particolarmente conflittuali, rispetto ai quali, anche per la natura della lite, è quindi particolarmente più fertile il terreno della composizione stragiudiziale (responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa). Tali controversie appaiono più facilmente mediabili e sono inoltre caratterizzate da una complessità che può essere più facilmente dipanata in ambito stragiudiziale.

In secondo luogo, si sono individuate alcune tipologie contrattuali (contratti assicurativi, bancari e finanziari) che, oltre a sottendere rapporti duraturi tra le parti e dunque necessità analoghe a quelle appena illustrate, conoscono una diffusione di massa e sono alla base di una parte non irrilevante del contenzioso. A ciò si aggiunga che il settore dei contratti di servizi già vanta diffuse esperienze di composizione bonaria, che potranno essere messe utilmente a profitto anche nel nuovo procedimento di mediazione introdotto. Proprio per quest'ultima ragione, si è pensato di valorizzare sia il procedimento di conciliazione previsto dal d. lgs. 8 settembre 2007, n. 179, sia il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, facendoli assurgere - nelle materie di riferimento - a condizione di procedibilità alternativa rispetto a quella davanti agli organismi, sul presupposto che gli organi ivi disciplinati offrano già oggi adeguate garanzie di imparzialità e di efficienza.

Si è ritenuto peraltro opportuno escludere dal raggio applicativo del tentativo obbligatorio le azioni inibitorie e risarcitorie regolate dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo e le azioni risarcitorie previste dagli articoli 137 ss. del codice delle assicurazioni private.

Nel caso delle azioni a tutela di interessi superindividuali, l'esclusione nasce o dall'esistenza di un'autonoma condizione di procedibilità o dalla constatazione che non è concepibile una mediazione nell'azione di classe fino a quando quest'ultima non ha assunto i connotati che permetterebbero una mediazione allargata al maggior numero dei membri della collettività danneggiata, fino dunque alla scadenza del termine per le adesioni (v. articolo 15).

Nel secondo caso, già oggi la legge prevede condizioni di procedibilità con lo scopo di favorire la composizione stragiudiziale della vertenza, cosicché un loro cumulo con il tentativo obbligatorio avrebbe l'effetto di differire eccessivamente l'accesso alla giurisdizione della parte danneggiata.

Fermo quanto previsto dal comma 1, la mediazione è facoltativa.

Per rafforzarne l'efficacia, al comma 2 è stato peraltro previsto che anche la mediazione facoltativa possa interferire con il processo.

Si tratta della mediazione sollecitata dal giudice, imposta anche dalla direttiva comunitaria 2008/52/Ce e che si affianca senza sostituirla alla mediazione giudiziale. La mediazione disciplinata dal presente decreto ha tuttavia potenzialità ulteriori, legate alle soluzioni facilitative di cui si è parlato e che sono invece tendenzialmente estranee ai poteri del giudice. Il giudice valuta se formulare l'invito in base allo stato del processo, alla natura della causa e al comportamento delle parti, onde non favorire dilazioni. Se le parti aderiscono all'invito del giudice, questi provvede ai sensi del comma 1, fissando una nuova udienza dopo la scadenza del termine per la mediazione. L'adesione delle parti è stata prevista onde evitare che esse debbano soggiacere a un'iniziativa del giudice, senza essere convinte della possibilità di comporre la controversia in via stragiudiziale.

Va precisato che, nelle materie di cui al comma 1, la mediazione sollecitata dal giudice non è impedita o vietata dal fallimento della mediazione `obbligatoria`. Come è sempre possibile giungere alla conciliazione giudiziale anche nelle cause per le quali il previo tentativo di conciliazione riveste carattere obbligatorio, analogamente il giudice può individuare nuovi spazi di composizione della controversia e invitare le parti a esplorarli.

Ai commi 3 e 4 sono elencati i procedimenti il cui svolgimento non è precluso dalla mediazione.

In particolare, il comma 3 riprende, con formulazione più estesa, il disposto dell'articolo 412-bis, ultimo comma, del codice di procedura civile. La mediazione non può andare a discapito della parte che ha interesse a ottenere un provvedimento urgente o cautelare; imporre una sospensione in tali ipotesi significherebbe precludere l'accesso alla giurisdizione rispetto a situazioni di emergenza e sulle quali il mediatore è privo di qualsiasi potere d'intervento. La formula prescelta ("provvedimenti urgenti e cautelari") è molto ampia, onde potervi ricomprendere con sicurezza anche quei provvedimenti volti a fronteggiare stati di bisogno, la cui qualificazione è incerta in giurisprudenza e dottrina (come ad es. l'ordinanza provvisionale ex articolo 147 del codice delle assicurazioni private).

Il comma 4 elenca poi una serie di procedimenti ai quali non si applicano le disposizioni sulla condizione di procedibilità e per i quali la mediazione su sollecitazione del giudice non opera con effetto preclusivo.

Il carattere che accomuna i procedimenti elencati è dato dal fatto che essi sono posti a presidio di interessi per i quali un preventivo tentativo obbligatorio di mediazione appare inutile o controproducente, a fronte di una tutela giurisdizionale che è invece in grado, talvolta in forme sommarie e che non richiedono un preventivo contraddittorio, di assicurare una celere soddisfazione degli interessi medesimi.

Rispetto alla disciplina dell'articolo 412-bis del codice di procedura civile, l'elenco dei procedimenti esclusi è più nutrito, in quanto più ampia è la gamma degli affari investiti dalla mediazione rispetto ai rapporti di lavoro, e dunque più varie le esigenze di tutela che possono presentarsi.

L'esclusione dei procedimenti di ingiunzione e di convalida di licenza o sfratto (lettere a e b) si giustifica per il fatto che in essi ci troviamo di fronte a forme di accertamento sommario con prevalente funzione esecutiva. Il il procedimento è caratterizzato da un contraddittorio differito o rudimentale, e mira a consentire al creditore di conseguire rapidamente un titolo esecutivo. Appare pertanto illogico frustrare tale esigenza imponendo la mediazione o comunque il differimento del processo (sulla non applicabilità del tentativo obbligatorio di conciliazione al procedimento ingiuntivo v. del resto Corte cost. 6 febbraio 2001, n. 29; Corte cost. 13 luglio 2000, n. 276). E' stato peraltro previsto che la mediazione possa trovare nuovamente spazio all'esito della fase sommaria, quando le esigenze di celerità sono cessate, la decisione sulla concessione dei provvedimenti esecutivi è stata già presa e la causa prosegue nelle forme ordinarie.

L'esclusione dei procedimenti possessori fino all'adozione dei provvedimenti interdittali (lettera c) si giustifica per motivi analoghi a quelli che riguardano i provvedimenti cautelari (somma urgenza nel provvedere). La collocazione nel comma 5 è dovuta al fatto che il procedimento possessorio può conoscere una fase di merito (articolo 703, quarto comma, codice di procedura civile), nella quale è incongruo non consentire la mediazione.

I procedimenti di cognizione che si inseriscono incidentalmente nell'esecuzione forzata (opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, controversie in sede di distribuzione, accertamento dell'obbligo del terzo) sono stati esclusi (lettera d) per la loro stretta interferenza con l'esecuzione forzata. Consentire o, peggio, imporre la dilazione nella fase processuale in cui la soddisfazione del singolo diritto è più prossima significherebbe aprire la strada a manovre dilatorie da parte dei debitori esecutati.

Rispetto ai procedimenti in camera di consiglio (lettera e), l'esclusione trova ragione nella flessibilità e rapidità con cui il giudice può provvedere sul bene della vita richiesto.

Infine, la lettera f) esclude l'azione civile esercitata nel processo penale, sul presupposto che tale azione è subordinata ai tempi e alle condizioni dello stesso; subordinarne l'esercizio alla previa mediazione equivarrebbe a impedire o a ostacolare fortemente la costituzione di parte civile, così sacrificando una forma di esercizio dell`azione civile da reato di grande efficacia e forte valore simbolico.

Il comma 5 disciplina l'ipotesi in cui una clausola di mediazione o conciliazione è contenuta in un contratto o nello statuto societario e il tentativo non è stato esperito, sulla falsariga di quanto già previsto dall'articolo 40 del d. lgs. n. 5 del 2003 in materia di conciliazione societaria. In tale ipotesi si è previsto che, fuori dei casi di tentativo obbligatorio, il giudice adito debba fissare una nuova udienza ai sensi del comma 1 e assegnare un termine per il deposito della domanda di mediazione davanti all'organismo scelto in contratto, se iscritto al registro, o, in mancanza, ad altro organismo iscritto. In questo caso l'invito del giudice e il contestuale rinvio non richiedono l'adesione delle parti, ma sono obbligatori: ciò dipende dal fatto che una delle parti, proponendo il giudizio, ha già rinunciato alla clausola di mediazione, cosicché l'invito alla mediazione è più assimilabile al provvedimento che il giudice deve adottare ai sensi del comma 1.

Il comma 6 equipara l'istanza di mediazione alla domanda giudiziale ai fini della decorrenza dei termini di prescrizione e dell'impedimento della decadenza. Anche tale previsione è stata modellata sull'analoga disciplina della conciliazione societaria (articolo 40, d. lgs. n. 5 del 2003) e appare ancor più opportuna nel quadro di una mediazione che in alcuni casi deve essere obbligatoriamente tentata prima dell'accesso alla giurisdizione. Rispetto all'articolo 40 citato, si è ritenuto tuttavia di aggiungere che la domanda di mediazione impedisce la decadenza una sola volta: ciò al fine di evitare che vengano proposte istanze strumentali di mediazione al solo fine di differire la scadenza del termine decadenziale. Gli effetti sulla prescrizione e sulla decadenza si producono a decorrere dalla ricezione della comunicazione all'altra parte.

Il comma 7 estende l'applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 5 ai procedimenti promossi davanti agli arbitri. Si vuole in tal modo incentivare il ricorso alla mediazione anche rispetto a un procedimento, quello arbitrale, che pur indubbiamente più snello rispetto a quello giudiziale, sfocia comunque in una soluzione aggiudicativa.

Articolo 6 (Durata)

All'articolo 6, come da delega (articolo 60, comma 3, lettera q), si fissa in quattro mesi il termine massimo di durata del procedimento di mediazione, decorrente dal deposito della domanda, o, nell'ipotesi di mediazione demandata dal giudice, dal termine fissato da quest'ultimo per il menzionato deposito.

Si osserva che il termine massimo è più esteso di quello previsto dal novellato articolo 295 del codice di procedura civile per la sospensione volontaria. Le parti che vogliano andare in mediazione potranno usufruire del termine di tre mesi di sospensione volontaria all'esito del quale le udienze potranno riprendere, senza peraltro che ciò debba necessariamente incidere sulla mediazione medesima.

Infatti, posto che in tale ipotesi la mediazione avrà base puramente volontaristica, non sono ragionevolmente prospettabili atti processuali che ne possano impedire il buon esito per il breve differenziale temporale descritto.

Articolo 7 (Effetti sulla ragionevole durata del processo)

L'articolo 7 sottrae il periodo di sospensione al computo del termine oltre il quale la durata del processo è da considerarsi irragionevole ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89. Il presupposto di tale previsione è che la mediazione determina un rallentamento del processo da un lato non imputabile allo Stato, dall'altro lato funzionale a una più rapida e meno dispendiosa composizione degli interessi delle parti.

Articolo 8 (Procedimento)

L'articolo 8 regola il procedimento di mediazione, non soggetto ad alcuna formalità.

Si prevede che il responsabile dell'organismo fissi il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda, evitando che vi sia dispersione temporale tra il deposito stesso, la designazione del mediatore e l'avvio dell'attività di quest'ultimo.

Qualora il rapporto oggetto di controversia implichi la necessità di conoscenze tecniche specifiche, l'organismo nominerà co-mediatori, e solo ove ciò non sia possibile, il mediatore potrà avvalersi di esperti iscritti negli albi presso i tribunali. In quest'ultimo caso il regolamento dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione del compenso all'esperto.

Con la descritta scelta si vogliono contenere i costi della mediazione, posto che, nel caso di mediatore ausiliario, l'indennità complessivamente dovuta dalle parti all'organismo deve restare nei limiti massimi previsti (articolo 17, comma 3), mentre nell'ipotesi dell'esperto vi sarà un distinto compenso aggiuntivo.

La norma prevede, poi, che il mediatore abbia come primario e previo obiettivo quello di portare le parti all'accordo amichevole. Solo in linea gradata, e come specificato all'articolo 11, proporrà una soluzione della controversia, come tale fondata sulla logica c.d. adversarial della distribuzione delle ragioni e dei torti.

Articolo 9 (Dovere di riservatezza e divieto di testimonianza)

L'articolo 9 disciplina i doveri di riservatezza che incombono su coloro che svolgono la loro attività professionale o lavorativa presso l'organismo, rispetto alle dichiarazioni e informazioni comunque acquisite durante il procedimento di mediazione.

Per il mediatore, tale dovere si estende (comma 2) alle parti del procedimento, rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni che egli ha raccolto da ciascuna di esse durante le sessioni separate tenute. E' infatti noto che la moderna mediazione, ispirata alla logica della composizione anche facilitativa della lite, si caratterizza per il fatto di utilizzare tecniche diverse da quelle che contraddistinguono il processo ordinario; tra queste vi è quella che suggerisce al mediatore di ascoltare le parti anche separatamente, onde assumere informazioni che la parte potrebbe non essere propensa a rivelare davanti alla controparte, ma che sono comunque utili al mediatore per ricercare l'accordo. A garanzia della buona riuscita delle sessioni separate, vi è dunque il dovere del mediatore di non rivelare quanto appreso in quella sede neppure alle altre parti del procedimento durante le sessioni comuni e di non trasfondere le informazioni nella proposta o nel verbale che chiudono la mediazione.

Il dovere di segretezza rispetto alle dichiarazioni rese separatamente può essere derogato dalle parti, rientrando pienamente nella loro disponibilità negoziale.

Articolo 10 (Inutilizzabilità e segreto professionale)

L'articolo 10 disciplina il segreto professionale cui è tenuto il mediatore, e il regime probatorio di cui sono oggetto le informazioni riservate acquisite durante lo svolgimento della mediazione.

In particolare, le dichiarazioni e informazioni acquisite nel corso della mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avviato a seguito dell'insuccesso della mediazione, né possono formare oggetto di testimonianza in un qualunque giudizio.

Il mediatore, inoltre, non può essere costretto a deporre sulle stesse dichiarazioni o informazioni davanti ad ogni autorità, giudiziaria o di altra natura.

A quest'ultimo, in particolare, sono estese le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e le garanzie assegnate dall'articolo 103, dello stesso codice, al difensore.

Questa norma si collega alla regolamentazione della riservatezza che - anche nei rapporti bilaterali tra le singole parti e il mediatore - deve accompagnare il procedimento di mediazione, affinché i soggetti coinvolti si sentano liberi di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto dotato di professionalità. Va ribadito che l'esperienza comparata e pratica ha mostrato che solo su queste premesse la mediazione può essere realmente alternativa alle soluzioni autoritative del conflitto sociale, e avere successo.

Articolo 11 (Conciliazione)

Nell'articolo 11 è regolata la fase conclusiva del procedimento di mediazione, che ha tre potenziali esiti, come anticipato nell'articolo 8.

Il primo, positivo, è regolato nel comma 1 e vede il mediatore in veste di facilitatore di un accordo amichevole tra le parti. Il raggiungimento di un accordo amichevole è fortemente stimolato dal decreto, che intende promuovere la composizione bonaria, non basata sul modello avversariale. Anche in questo caso ci troviamo davanti a una conciliazione, i cui contenuti non scaturiscono tuttavia da una proposta conciliativa espressa. Il mediatore si limita perciò a formare processo verbale dell'avvenuto accordo.

Qualora l'accordo amichevole non sia raggiunto, il mediatore formula, su richiesta delle parti, una proposta e la reazione delle parti a tale proposta determina gli altri due possibili esiti del procedimento.

In caso di accettazione di tutte le parti, la conciliazione è raggiunta. In mancanza anche di un solo consenso, la conciliazione è da considerarsi fallita.

L'accordo amichevole, o quello raggiunto a seguito della proposta del mediatore, possono prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione, inosservanza o ritardo nell'adempimento degli obblighi ivi previsti. Si tratta dell'avallo di forme di astreintes convenzionali, che le parti, nella loro autonomia, possono inserire per rendere più efficace l'accordo. Il limite dell'ordine pubblico, che riguarda l'intera proposta ai sensi dell'articolo 14, resta naturalmente a presidio di eventuali disposti che si pongano in contrasto con i principi dell'ordinamento.

Rifiuto e accettazione devono essere espressi in tempi rapidi e con qualunque mezzo scritto, a sottolineare la speditezza e l'informalità del procedimento di mediazione. La mancata risposta nel termine equivale a rifiuto.

In entrambi i casi, il mediatore deve redigere processo verbale, contenente la proposta e le risposte delle parti.

La documentazione mediante verbale riveste importanza fondamentale, in quanto il verbale positivo di accordo costituisce, ai sensi dell'articolo 12, titolo esecutivo, mentre il verbale che attesta la mancata conciliazione produce le conseguenze di cui al successivo articolo 13.

Il deposito del verbale, positivo o negativo, presso la segreteria dell'organismo è previsto per ragioni di certezza e ha inoltre rilevanza ai fini della ulteriore decorrenza del termine di decadenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 6.

Articolo 12 (Efficacia esecutiva ed esecuzione)

L'articolo 12 si occupa dell'efficacia esecutiva, stabilendo che il verbale di accordo è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo ovvero, nell'ipotesi di esecuzione transfrontaliera, nel cui circondario l'accordo deve essere eseguito.

In sede di omologazione, andrà verificata, oltre alla regolarità formale, anche la mancanza di ogni contrasto con l'ordine pubblico o le norme imperative, posto che queste ultime rientrano nell'ambito dei limiti - latamente pubblicistici e soggetti a verifica officiosa - che anche in materia di diritti disponibili devono essere rispettati.

La natura di verifica omologatoria di merito di tale ultima attività, ha indotto a riservarla all'autorità giudiziaria.

Il titolo varrà per ogni tipo di esecuzione, oltre che per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (articolo 60, comma 3, lettera s, della delega).

Articolo 13 (Spese processuali)

L'articolo 60, comma 3, lett. p) ha approfondito il solco già tracciato dalla disciplina della conciliazione societaria e ha indicato al legislatore delegato, tra i criteri per l'esercizio della delega, la previsione di meccanismi di incentivo alla mediazione legati alle spese del processo eventualmente instaurato dopo l'insuccesso della stessa.

La parte che ha rifiutato la proposta di conciliazione può vedersi addossare le conseguenze economiche del processo, anche se vittoriosa, quando vi sia piena coincidenza tra il contenuto della proposta e il provvedimento che definisce il giudizio. E' questa, infatti, la palmare dimostrazione che l'atteggiamento da essa tenuto nel corso della mediazione è stato ispirato a scarsa serietà e che la giurisdizione è stata impegnata per un risultato che il procedimento di mediazione avrebbe permesso di raggiungere in tempi molto più rapidi e meno dispendiosi. La disciplina delle spese processuali viene dunque intesa come risposta dell'ordinamento alla strumentalizzazione tanto della mediazione che del servizio-giustizia.

La disciplina dell'articolo 13, comma 1, prevede pertanto una rilevante eccezione al principio della soccombenza e stabilisce - in caso di coincidenza tra proposta e provvedimento - che la parte vittoriosa non possa ripetere le spese sostenute, sia condannata al rimborso di quelle sostenute dalla controparte e sia altresì soggetta al pagamento di una somma di denaro, a titolo di sanzione pecuniaria processuale, in misura corrispondente all'entità del contributo unificato dovuto per quella tipologia di causa. Detta somma, che al contributo unificato è solo parametrata ma non ne condivide la natura, è versata al Fondo Unico Giustizia, istituito dall'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 181 del 2008, in quanto detto Fondo è individuato dalla legge-delega come serbatoio per la copertura finanziaria delle spese necessarie all'attuazione della mediazione.

Ai medesimi fini, sono poi equiparate alle spese processuali propriamente dette le spese sostenute dalle parti nel corso della mediazione.

Resta ferma l'applicabilità dei disposti contenuti negli articoli 92 e 96 del codice di rito civile. Va precisato che nel comma 1 è utilizzata la locuzione "provvedimento che definisce il giudizio" sia per ricomprendervi tutti i provvedimenti definitori del processo, qualunque ne sia la forma, sia per chiarire che il raffronto tra la proposta e il contenuto del provvedimento va operato dal giudice che decide sulle spese anche quando il provvedimento coincidente con la proposta rifiutata non è emesso contestualmente. L'ipotesi è quella in cui il giudice pronunci sentenza non definitiva, il cui contenuto corrisponda interamente a quello della proposta, senza poter decidere sulle spese, trattandosi di provvedimento che non chiude il processo davanti a sé, come esige l'articolo 91 codice di procedura civile.

Con il principio sopra illustrato, la legge-delega ha al tempo stesso fissato un limite oltre il quale il legislatore delegato non può spingersi e un criterio-guida per la disciplina dei rapporti tra mediazione e processo sotto il profilo delle spese.

Il limite è costituito dalla condizione cui sono subordinate le severe conseguenze fissate dal comma 1: esse sono destinate a operare solo in caso di integrale coincidenza tra proposta e provvedimento. Il criterio-guida indica però che, al di là di questa ipotesi, l'uso strumentale della mediazione e il comportamento processuale scorretto o ostruzionistico comunque autorizzano il giudice a tenerne conto all'atto della regolazione delle spese.

Al comma 2 è quindi stabilito che il giudice, anche quando non vi sia piena coincidenza tra il contenuto della proposta e il provvedimento che definisce il giudizio, ma concorrano gravi ed eccezionali ragioni, può escludere in favore della parte vincitrice la ripetizione, parziale o integrale, delle spese inerenti il procedimento di mediazione.

La disciplina dell`articolo 13 (comma 3) non si estende agli arbitri, in quanto nel procedimento arbitrale il regime delle spese è peculiare e non è ravvisabile la necessità di scongiurare l`abuso del processo. Restano peraltro fermi diversi accordi tra le parti.

Articolo 14 (Obblighi del mediatore)

L'articolo 14 definisce gli obblighi del mediatore e dei suoi ausiliari, finalizzati ad assicurarne la terzietà e il rispetto di vincoli anche latamente disciplinari.

In particolare, quanto al primo profilo si prevede il divieto, per i menzionati soggetti, di assumere diritti o obblighi comunque connessi con gli affari trattati, fatti ovviamente salvi quelli riferibili, in senso stretto, alla prestazione dell'opera o del servizio. Si fa altresì divieto al mediatore di percepire compensi direttamente dalle parti.

Quanto al secondo aspetto, il mediatore deve informare immediatamente l'organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all'imparzialità nello svolgimento dell'attività e, in ogni caso, corrispondere immediatamente a ogni richiesta, di natura organizzativa, del responsabile dell'organismo. Tale ultimo inciso ha una chiara valenza di clausola di chiusura.

Il terzo comma disciplina le modalità di sostituzione del mediatore per incompatibilità, specificando che provvede il responsabile ovvero altro soggetto la cui individuazione deve essere predeterminata dal regolamento dell'organismo.

La sostituzione deve essere richiesta da almeno una parte; altrimenti, permanendo la fiducia dei soggetti in lite nei confronti del mediatore, non vi è ragione per un suo avvicendamento.

Con riguardo al contenuto dell'attività del mediatore, infine, si enuncia il principio generale per cui le sue proposte devono rispettare il limite dell'ordine pubblico e delle norme imperative.

Articolo 15 (Mediazione nell'azione di classe)

L'articolo 15 regola i rapporti tra la mediazione e l'azione di classe ai sensi del nuovo articolo 140-bis del codice del consumo.

In linea generale, rispetto all'azione di classe la mediazione non costituisce mai, neppure nelle materie di cui all'articolo 5, comma 1, condizione di procedibilità della domanda, per le ragioni spiegate in quella sede.

Al tempo stesso, l'azione di classe non preclude la mediazione.

Poiché tuttavia l'articolo 140-bis fa salvi i diritti individuali di coloro che non abbiano né promosso l'azione, né aderito alla stessa successivamente, la mediazione intervenuta tra attore e convenuto in un'azione di classe non sarà distinguibile da una normale mediazione individuale, facente stato tra le sole parti del procedimento.

Affinché la mediazione sia idonea a propagare i propri effetti oltre l'attore e il convenuto e possa atteggiarsi a mediazione di classe, occorre attendere la scadenza del termine per l'adesione degli altri appartenenti alla classe medesima, ai sensi dell'articolo 140-bis, comma 9.

Solo la conciliazione intervenuta dopo tale data è idonea a coinvolgere tutti gli appartenenti alla classe che vi abbiano aderito.

Tuttavia, tale estensione non è automatica, né può esserlo, a pena di incoerenza con l'articolo 140-bis, comma 15, secondo cui le rinunce e le transazioni intervenute nell'ambito dell'azione di classe non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi abbiano espressamente consentito.

Anche l'articolo 15 del decreto prevede pertanto che la mediazione di classe abbia effetto nei confronti dei soli aderenti che vi abbiano espressamente consentito.

Articolo 16 (Organismi di conciliazione e registro. Albo dei formatori)

L'articolo 16 regola la figura istituzionale degli organismi di mediazione, generalizzando il sistema previsto dalla conciliazione societaria di cui al d. lgs. n. 5 del 2003.

Si stabilisce, in particolare, la formazione di sezioni separate, per i mediatori che trattino controversie particolari, tra cui quelle disciplinate dall'articolo 141 del codice del consumo e quelle che presentano elementi di internazionalità, nonché l'istituzione, sempre con decreto, di un albo dei formatori, essenziali per stimolare il decisivo profilo di professionalità dei mediatori.

A tale ultimo riguardo, si rinvia alla normativa decretale per l'individuazione della data a decorrere dalla quale dovrà essere comunque previsto che lo svolgimento della formazione, per come disciplinata, sarà requisito per l'esercizio dell'attività di mediazione.

Per l'iscrizione dell'organismo sarà necessario depositare il regolamento, in cui prevedere, in ipotesi di modalità telematiche di mediazione, le garanzie di riservatezza che si assicurano alle parti e al procedimento.

Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati, mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto.

Il Ministero della giustizia, unitamente al Ministero dello sviluppo economico per la materia del consumo, procederà alla vigilanza sul registro nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti.

Sino all'emanazione dei menzionati decreti si farà applicazione di quelli vigenti, sinora, per la conciliazione societaria.

Per quanto attiene alle conciliazioni in materia di consumo, è fatta salva sino alla stessa data la possibilità di costituire organismi ai sensi dell'articolo 141 del codice del consumo, organismi che dovranno tuttavia possedere fin dall'inizio i requisiti già oggi fissati dai citati decreti ministeriali in materia societaria.

Resta ferma la previsione generale, contenuta nell'articolo 17, di maggiorazione dell'indennità in ipotesi di successo della mediazione, in applicazione della lettera m), dell'articolo 60, comma 3, della delega.

Articolo 17 (Regime fiscale. Indennità)

L'articolo 17 disciplina il regime fiscale del procedimento di mediazione e l'ammontare delle indennità dovute al mediatore.

Sotto il primo profilo, i commi 2 e 3 introducono - in linea con quanto previsto dall'articolo 60, comma 3, lettera o) della legge-delega e con la evidente finalità di incentivare il ricorso alla mediazione - un regime di esenzione fiscale, che è integrale con riferimento all'imposta di bollo e parziale con riferimento all'imposta di registro. Quest'ultima non è infatti dovuta per i verbali di conciliazione di valore superiore a 51.646 euro. Il tetto è stato così fissato, innalzando quello già previsto nella conciliazione societaria, per uniformare la conciliazione stragiudiziale disciplinata dal decreto alla conciliazione giudiziale.

Il comma 4 fa rinvio alla normativa secondaria per la determinazione dell'ammontare delle indennità, in linea con quanto già avvenuto per la conciliazione societaria, i cui parametri sono del resto destinati a operare fino all'adozione del decreto ministeriale di cui all'articolo 16.

Alla normativa secondaria è altresì demandato il compito di determinare i criteri per l'approvazione delle tabelle elaborate dagli organismi privati, le maggiorazioni dovute per l'ipotesi di successo della mediazione e le riduzioni che i regolamenti degli organismi devono prevedere per l'ipotesi in cui il ricorso alla mediazione sia obbligatorio ai sensi dell'articolo 5, comma 1. Per le maggiorazioni già il presente decreto, quale fonte legislativa primaria, prevede peraltro un tetto, fissato al venticinque per cento dell'indennità, onde evitare un'eccessiva lievitazione dei costi della mediazione e dunque una minore convenienza per le parti.

Il comma 5 regola il caso in cui le parti che accedono alla mediazione versano nelle condizioni previste per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115.

Le parti sono in tal caso esentate dal pagamento dell'indennità, purché depositino una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante il possesso dei requisiti.

E' opportuno precisare che la disciplina riguarda la mediazione che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale ai sensi dell'articolo 5, comma 1. Nelle altre ipotesi, la completa facoltatività e volontarietà della mediazione - anche quella su invito del giudice, che richiede l'adesione di tutte le parti - non rende necessario esonerare la parte dal pagamento delle spese della mediazione.

Quando invece l'esperimento della mediazione è obbligatorio, la sua gratuità per le persone non abbienti è requisito indispensabile: una diversa soluzione si porrebbe in contrasto sia con l'articolo 24 della Costituzione per il fatto di introdurre un ostacolo ingiustificato all'accesso alla giurisdizione, sia con gli obblighi comunitari previsti dalla direttiva 2002/8/Ce del 27 gennaio 2003, la quale impone di sollevare le parti, incapaci di sostenere il peso economico del processo, anche dagli oneri necessari allo svolgimento "di procedimenti stragiudiziali, quali la mediazione, quando il ricorso a questi ultimi sia imposto per legge o ordinato dall'organo giurisdizionale" (considerando 21 e articolo 10).

La scelta di far gravare il costo della mediazione per i non abbienti sugli organismi deputati alla conciliazione, ai quali l'indennità non è in tali casi dovuta, dipende dalla considerazione del valore sociale dell'attività di mediazione, spesso svolta da enti pubblici non economici o nell'ambito di essi (camere di commercio e ordini professionali), e comunque resa obbligatoria in un numero elevato di ipotesi e per controversie di valore spesso molto alto.

Il comma 7 demanda al decreto ministeriale l'aggiornamento triennale delle indennità dovute, in relazione al variare del costo della vita, apprezzato secondo i consueti indici Istat.

Articolo 18 (Organismi presso i tribunali)

L'articolo 18 fa applicazione dell'articolo 60, comma 3, lettera e), della legge di delega, stabilendo che i consigli degli ordini forensi possono costituire organismi, da iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a disposizione dal presidente del tribunale.

L'iscrizione a semplice domanda è subordinata comunque alla verifica, da parte dell'amministrazione che detiene il registro, di alcuni requisiti minimi, che consentono all'organismo il materiale svolgimento dell'attività.

Resta inoltre fermo che anche questi organismi sono soggetti ai motivi di sospensione o cancellazione degli iscritti, così come di revoca dell'iscrizione, che saranno stabiliti dai sopra descritti decreti ministeriali.

Articolo 19 (Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio)

L'articolo 19, comma 1, attua il criterio fissato nell'articolo 60, comma 3, lettera g) della legge-delega.

La facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali risponde all'esigenza di sviluppare organismi in grado di dare rapida soluzione alle controversie in determinate materie tecniche (ad es. in materia ingegneristica, informatica, contabile ecc.).

Rispetto alla facoltà concessa ai consigli degli ordini degli avvocati di cui all'articolo precedente, quella riservata agli altri ordini professionali si differenzia sotto due profili: l'istituzione degli organismi richiede la previa autorizzazione del Ministero della giustizia e non può comportare oneri logistici ed economici a carico dello Stato. Non solo il personale, ma anche i locali per lo svolgimento della mediazione devono essere messi a disposizione dagli ordini stessi.

L'articolo 19, comma 2, allunga l'elenco degli organismi che sono iscritti al registro a semplice domanda, oltre a quelli istituiti presso i tribunali ai sensi dell'articolo 18. Si tratta degli organismi di cui al comma 1, a seguito dell'autorizzazione ministeriale, e di quelli istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. In entrambe le ipotesi, la natura pubblicistica dell'ente che istituisce gli organismi offre infatti una garanzia di serietà ed efficienza. Anche in questo caso l'iscrizione a semplice domanda non priva l'amministrazione che detiene il registro del potere di verificare l`esistenza dei requisiti minimi, né dei poteri di vigilanza successivi.

Articolo 20 (Deducibilità fiscale)

L'articolo 20 esercita la delega nella parte in cui prevede agevolazioni fiscali (articolo 60, comma 3, lettera o), della legge n. 69/2009). Si prevede l'agevolazione in forma di credito d'imposta.

Articolo 21 (Informazioni al pubblico)

Nell'articolo 21 si abilita il Ministero della giustizia ad avvalersi delle risorse previste dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, per promuovere la divulgazione al pubblico di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.

In quanto ritenuta idonea a ridurre il debito giudiziario e a facilitare accordi amichevoli sulle liti tra i cittadini, la mediazione riveste un'utilità sociale e merita un'adeguata campagna promozionale pubblica.

Articolo 22 (Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo)

L'articolo 22 coordina l'attività del mediatore con la disciplina antiriciclaggio di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007 n. 231 e successive modifiche, imponendo allo stesso un obbligo di segnalazione anche se non di identificazione e registrazione, analogamente a quanto previsto per altre categorie.

Articolo 23 (Abrogazioni)

L'articolo 23, comma 1, abroga gli articoli da 38 a 40 del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 sulla conciliazione societaria e stabilisce che i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.

La delega contenuta nell'articolo 60 ha infatti abilitato il legislatore delegato a disciplinare la mediazione in relazione a tutte le controversie in ambito civile e commerciale, vertenti su diritti disponibili, così ponendo le basi per un assorbimento della conciliazione societaria nell'alveo della nuova normativa.

L'articolo 23, comma 2 stabilisce invece la salvezza delle disposizioni che prevedono procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. Tali procedimenti, quali ad es. quelli disciplinati dagli articoli 410 ss. del codice di procedura civile o dall'articolo 46 della legge 3 maggio 1982, n. 203, hanno infatti una fisionomia propria e collaudata, che si è reputato inopportuno stravolgere per riportarla sotto la nuova normativa. In ogni caso, l'articolo 5, comma 1, non tocca  le materie attualmente soggette a condizione di procedibilità in base ad altre normative.

Articolo 24 (Disposizioni transitorie)

L'articolo 24 detta la disciplina transitoria, stabilendo un differimento nell'acquisto di efficacia delle norme sulla condizione di procedibilità, che si applicheranno ai processi instaurati dopo diciotto mesi dalla data in cui il decreto legislativo entra in vigore.

 

 







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Diritto (Copyright immagine woodsy)Sul sito del Ministero della Giustizia pubblicata una sezione dedicata al tema della mediazione civile e commerciale:

 

<< Lo schema di decreto legislativo sulla mediazione in materia civile e commerciale regola il procedimento di composizione stragiudiziale delle controversie vertenti su diritti disponibili ad opera delle parti. Viene in tal modo esercitata la delega conferita al Governo dall'art. 60 della legge n. 69 del 2009 e viene anche attuata la direttiva dell'Unione europea n. 52 del 2008.

- Tipologie di mediazione

Si prevedono, dal punto di vista del contenuto, due tipologie di mediazione finalizzata alla conciliazione, quella facilitativa e quella aggiudicativa.

Nel primo caso il mediatore, quale soggetto professionale e terzo, aiuta le parti al raggiungimento di un accordo sul loro rapporto.

Nel secondo caso il mediatore, qualora l'accordo amichevole non venga raggiunto, propone comunque una risoluzione della controversia, che le parti restano libere di accettare o meno.

Qualora le parti non accettino la proposta, e venga instaurato il processo, se la decisione che conclude quest'ultimo corrisponderà alla proposta del mediatore, la parte che ha rifiutato la proposta, anche se vittoriosa, sopporterà le spese processuali oltre a quelle sostenute dalla controparte per la mediazione, e sarà condannata a una sanzione pecuniaria amministrativa di importo pari a quello del contributo unificato previsto per la causa.

Ciò per l'evidente ragione che questa parte ha causato un'inutile erogazione del servizio giustizia.

E' questa, infatti, la palmare dimostrazione che l'atteggiamento da essa tenuto nel corso della mediazione è stato ispirato a scarsa serietà e che la giurisdizione è stata impegnata per un risultato che il procedimento di mediazione avrebbe permesso di raggiungere in tempi molto più rapidi e meno dispendiosi.

Inoltre, quand'anche il contenuto della decisione del processo non corrisponda interamente a quello della proposta conciliativa del mediatore, il giudice, enunciandone specificatamente le gravi ed eccezionali ragioni in motivazione, potrà porre a carico di una delle parti le spese della mediazione.

Può darsi infatti il caso in cui, pur non essendovi un'esatta corrispondenza tra proposta conciliativa e decisione finale del giudice, la differenza tra le due soluzioni sia assolutamente minimale, o addirittura sostanzialmente assente guardando al risultato economico complessivo dell'opzione conciliativa rifiutata...>>

 

Leggi su giustizia.it

 

 

A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista

Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito dello studio legale


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sul sito dell'Avv. Giuseppe Briganti

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Di Admin (del 30/10/2009 @ 14:13:58, in conciliazione e mediazione, linkato 23466 volte)
Conciliazione nelle controversie civili e commerciali (Copyright foto olly - Fotolia.com)

Attenzione: una versione aggiornata al novembre 2010 di questo articolo è disponibile cliccando qui!


A fronte del grande interesse suscitato dal tema della mediazione civile e commerciale, si cercherà di chiarire quali saranno i requisiti richiesti per esercitare l'attività di mediatore.


In breve:

 

- il procedimento di mediazione civile e commerciale sarà gestito da appositi organismi iscritti in apposito registro presso il Ministero della Giustizia

- sino all'emanazione di specifici decreti si applicheranno provvisoriamente, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n . 222 e n . 223 sulla conciliazione nelle controversie societarie 

- il soggetto provvisto dei requisiti richiesti per diventare mediatore, di cui si dirà, potrà operare solo se iscritto nelle liste degli organismi di mediazione

- si legge in proposito su www.giustizia.it (sito nel quale potranno essere reperite ulteriori informazioni sulla conciliazione societaria):


<<L'Organismo di conciliazione.

Secondo il Regolamento ministeriale n. 222 del 2004, al fine di garantire la competenza, l'imparzialità ed il possesso delle strutture necessarie al corretto svolgimento del procedimento, è escluso che l'organismo di conciliazione possa essere una persona fisica: dovrà essere una entità plurisoggettiva.

Il legislatore, e questa è una importante novità, ha posto sullo stesso piano soggetti pubblici e privati, stabilendo che gli organismi costituiti dalle Camere di Commercio, le quali vantano in materia di conciliazione una vasta ed antica esperienza, siano iscritti automaticamente. Non è la prima volta che lo Stato affida a privati l'esercizio di servizi di interesse pubblico, riservandosi la vigilanza sull'attività, mediante un controllo del costo dei servizi e sui corsi di formazione.

Ciò non significa, tuttavia, una corsia preferenziale per le Camere di commercio o un'iscrizione senza controllo, perchè in ogni caso i conciliatori appartenenti all'organismo, dovranno avere un titolo di studio adeguato alla materia specialistica che dovranno trattare ed aver seguito un apposito corso integrativo.

Possono quindi fare il conciliatore:

    *     i professori universitari in discipline economiche o giuridiche

    *     i professionisti iscritti in albi nelle medesime materie (economiche o giuridiche), che vantino una anzianità di iscrizione di almeno 15 anni

    *     i magistrati in quiescenza

    *     chi è munito di una specifica formazione acquisita in corsi specifici tenuti da soggetti accreditati presso il Ministero (università , enti pubblici , etc).

L'organismo, per ottenere l'iscrizione, deve depositare il regolamento di procedura e la tabella delle indennità, modellati entrambi secondo schemi predisposti dal legislatore>>.

 

L'art. 16 dello schema di decreto legislativo sulla mediazione civile e commerciale prevede dunque quanto segue:


<<(Organismi di conciliazione e registro. Albo dei formatori)

1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a

costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di

mediazione nelle materie di cui all'articolo 2 del presente decreto . Gli organismi devono essere

iscritti nel registro.

2. La formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione

degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che

richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la

determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del

Ministro della Giustizia . Sino all'emanazione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili,

le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n . 222 e n . 223 . A tali

disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione

extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6

settembre 2005, n . 206, e successive modificazioni.

3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero

della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali

variazioni . Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto,

le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da assicurare la

sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati . Al regolamento devono

essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati,

proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 17.

4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla

sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal

Ministero dello sviluppo economico. L'istituzione e la tenuta del registro avvengono

nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti presso il Ministero della

giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza.

5 . Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l'albo dei formatori per

la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione

degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell'attività di formazione . Con lo stesso decreto, è

stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all'attività di formazione di cui al

presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale>>.

 

Precisa inoltre la relazione illustrativa del decreto sulla mediazione civile e commerciale:


<<L'articolo 16 regola la figura istituzionale degli organismi di mediazione,

generalizzando il sistema previsto dalla conciliazione societaria di cui al d . lgs. n.

5 del 2003.

Si stabilisce, in particolare, la formazione di sezioni separate, per i mediatori

che trattino controversie particolari, tra cui quelle disciplinate dall'articolo 141 del

codice del consumo e quelle che presentano elementi di internazionalità, nonché

l'istituzione, sempre con decreto, di un albo dei formatori, essenziali per stimolare

il decisivo profilo di professionalità dei mediatori.

A tale ultimo riguardo, si rinvia alla normativa decretale per l'individuazione

della data a decorrere dalla quale dovrà essere comunque previsto che lo

svolgimento della formazione, per come disciplinata, sarà requisito per l'esercizio

dell'attività di mediazione.

Per l'iscrizione dell'organismo sarà necessario depositare il regolamento, in

cui prevedere, in ipotesi di modalità telematiche di mediazione, le garanzie di

riservatezza che si assicurano alle parti e al procedimento.

Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati,

mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto.

Il Ministero della giustizia, unitamente al Ministero dello sviluppo

economico per la materia del consumo, procederà alla vigilanza sul registro

nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti.

Sino all'emanazione dei menzionati decreti si farà applicazione di quelli

vigenti, sinora, per la conciliazione societaria.

Per quanto attiene alle conciliazioni in materia di consumo, è fatta salva sino

alla stessa data la possibilità di costituire organismi ai sensi dell'articolo 141 del

codice del consumo, organismi che dovranno tuttavia possedere fin dall'inizio i

requisiti già oggi fissati dai citati decreti ministeriali in materia societaria.

Resta ferma la previsione generale, contenuta nell'articolo 17, di

maggiorazione dell'indennità in ipotesi di successo della mediazione, in

applicazione della lettera m), dell'articolo 60, comma 3, della delega>>.

 

 

Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista

 

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Conciliazione nelle controversie civili e commerciali (Copyright foto olly - Fotolia.com)

Annunciato il via libera del Consiglio dei Ministri al decreto legislativo presentato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano sulla mediazione civile e commerciale, in attuazione della riforma del processo civile.

"Una straordinaria innovazione - ha affermato il guardasigilli - che introduce un nuovo istituto giuridico finalizzato alla deflazione del sistema giudiziario italiano rispetto al carico degli arretrati e al rischio di accumulare nuovo ritardo" (fonte: Giustizia Newsonline).

 

Secondo quanto si legge su www.giustizia.it, queste le caratteristiche principali dell'istituto:

 

- LA MEDIAZIONE MIRA A INDURRE LE PARTI AL RIPRISTINO DEL RAPPORTO IN FUNZIONE DEI LORO INTERESSI

 

- IN ALCUNE MATERIE PARTICOLARMENTE CONFLITTUALI LA MEDIAZIONE SARA' OBBLIGATORIA PRIMA DI POTER AVVIARE UN GIUDIZIO CIVILE IN TRIBUNALE. In particolare ciò vale per le controversie in materia di:

condominio;

locazione;

responsabilità medica;

contratti bancari, finanziari e assicurativi

 

- IN TUTTE LE ALTRE MATERIE LA MEDIAZIONE SARA' RIMESSA A UNA VOLONTARIA SCELTA DELLE PARTI

 

- NEL CORSO DEL PROCESSO IL GIUDICE POTRA' SEMPRE INVITARE LE PARTI AD ESPERIRE LA MEDIAZIONE

 

- GLI ORDINI PROFESSIONALI POTRANNO COSTITUIRE ORGANISMI DI MEDIAZIONE NELLE MATERIE DI LORO COMPETENZA

 

- IL MEDIATORE SARA' UN PROFESSIONISTA CON REQUISITI DI TERZIETA'

 

- L'ORGANISMO DOVE IL MEDIATORE PRESTERA'  LA SUA OPERA SARA' VIGILATO DAL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

 

- QUALORA L'ACCORDO TRA LE PARTI NON SIA RAGGIUNTO, IL MEDIATORE FORMULERA' UNA PROPOSTA FINALE DI RISOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA, CHE POTRA' ESSERE ACCETTATA O MENO DALLE PARTI

 

- SE LA SENTENZA CHE POI SARA' EMANATA DAL GIUDICE CORRISPONDERA' ALLA PROPOSTA FINALE DEL MEDIATORE, LE SPESE DEL PROCESSO SARANNO POSTE A CARICO DELLA PARTE CHE HA RIFIUTATO LA SOLUZIONE CONCILIATIVA

 

- MASSIMA RISERVATEZZA RISPETTO ALLE DICHIARAZIONI RESE DALLE PARTI NEL CORSO DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE, CHE NON POTRANNO ESSERE UTILIZZATE NEL PROCESSO

 

Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito.

 

Si ricorda che il decreto legislativo in parola costituisce attuazione della delega contenuta nella legge 18 giugno 2009, n. 69:

Articolo  60

(Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali)

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale.

2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.

3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che la mediazione , finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia;

b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione;

c) disciplinare la mediazione , nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro;

d) prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia;

e) prevedere la possibilità, per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli;

f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro;

g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali;

h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro;

i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche;

l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali;

m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti;

n) prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione;

o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l'invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall'anno precedente l'introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181;

p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell'articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;

q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi;

r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l'indipendenza e l'imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni;

s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

 

Lo schema di decreto legislativo sulla mediazione civile e commerciale presentato dal Ministro della Giustizia (su www.helpconsumatori.it)



 

Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista

 

Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito.


Aggiornamenti sulla mediazione sul sito dell'Avv. Giuseppe Briganti

Osservatorio ADR di Iusreporter.it


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Diritto (Copyright immagine woodsy) Il reato di diffamazione, che può essere naturalmente commesso anche tramite Internet, pubblicando per esempio post o messaggi su blog, newsgroup, forum, social network come Facebook o MySpace, è punito dall'art. 595 del Codice penale:

"Diffamazione.

[I]. Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.

[II]. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro.

[III]. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

[IV]. Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate".


Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace, si applica invece la sanzione della multa da 258 euro a 2.582 euro o la sanzione della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi.


Il delitto è punibile a querela della persona offesa (art. 597 Cod. pen.).

 

E' possibile richiedere anche il risarcimento dei danni patiti.

 

Avv. Giuseppe Briganti
avvbriganti.iusreporter.it


ottobre 2009


Risposte

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Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità

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Diritto e Internet (Copyright immagine khz) L'art. 615-quater del Codice penale prevede quanto segue:

"Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici.

[I]. Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a 5.164 euro.

[II]. La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da 5.164 euro a 10.329 euro se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell'articolo 617-quater".

 

Avv. Giuseppe Briganti
avvbriganti.iusreporter.it

ottobre 2009


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Di Admin (del 09/10/2009 @ 18:20:25, in risposte, linkato 1961 volte)

Diritto e Internet (Copyright immagine clix) L'art. 615-ter del Codice penale stabilisce in proposito quanto segue:

"Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.

[I]. Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.

[II]. La pena è della reclusione da uno a cinque anni:

1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;

2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;

3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.

[III]. Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.

[IV]. Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio".

 

 

Avv. Giuseppe Briganti
avvbriganti.iusreporter.it

ottobre 2009



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Di Admin (del 03/10/2009 @ 14:19:34, in risposte, linkato 2132 volte)

Diritto e Internet (Copyright immagine khz) Ai sensi dell'art. 5 del decreto legislativo 231/2001, l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

L'ente non risponde se le persone indicate sopra hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

 

Avv. Giuseppe Briganti
avvbriganti.iusreporter.it

ottobre 2009

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Conciliazione nelle controversie civili e commerciali (Copyright foto olly - Fotolia.com)

L'Avvocato Giuseppe Briganti del Foro di Urbino ha acquisito nel luglio 2009 il titolo di conciliatore professionista e nel febbraio 2011 quello di mediatore professionista, a seguito della frequenza, con esito positivo, di appositi corsi presso enti di formazione accreditati dal Ministero della Giustizia

Dal 2011 è altresì formatore accreditato per i corsi di formazione per mediatori professionisti (per informazioni sui corsi nei quali l'Avv. G. Briganti svolge attività didattica, si invita a consultare www.guidamediazionecivile.it)

L'Avvocato Giuseppe Briganti, autore di "La mediazione in materia civile e commerciale. Guida breve al Decreto legislativo n. 28 del 2010" e curatore di www.guidamediazionecivile.it, è attualmente iscritto nella lista dei mediatori dei seguenti organismi di mediazione (massimo 5, come per legge):

1) Camecon - Camera di mediazione per la conciliazione, dal 2010, organismo operante a livello nazionale e per il quale dal 2011 riveste anche la qualifica di delegato per la regione Marche (scarica la guida sintetica sulla mediazione di Camecon del marzo 2011).

L'organismo prevede lo svolgimento della procedura sia in presenza, presso la sede locale (l'Avv. Giuseppe Briganti opera presso la sede operativa sita in Provincia di Pesaro-Urbino), sia in modalità telematica, e dunque a distanza (fascicolo telematico del procedimento, incontri del mediatore con le parti in audio-video conferenza, scambio di comunicazioni via e-mail ecc.)

2) Camera Arbitrale e di Conciliazione, dal 2011, organismo operante a livello nazionale.

L'Avv. Giuseppe Briganti opera presso lo sportello di mediazione dell'Organismo sito in Provincia di Pesaro-Urbino

3) Prontiaconciliare, dal 2011, organismo operante a livello nazionale.

L'organismo prevede lo svolgimento della procedura sia in presenza, presso la sede locale (l'Avv. Giuseppe Briganti opera presso le sedi di Pesaro e di Urbino), sia in modalità telematica

4)

 

5)

 

 

 


L'Avvocato Giuseppe Briganti è disponibile a valutare proposte di collaborazione con organismi di mediazione e enti di formazione per mediatori. Per contatti: avv.briganti@iusreporter.it


Di seguito vengono fornite alcune informazioni di base sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale.

 

Che cosa si intende per mediazione? E per mediatore? Le definizioni del decreto legislativo 28/2010

Secondo l'art. 1 del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale, ai fini del provvedimento si intende per:

mediazione: l'attivita', comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o piu' soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;

mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo;

conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione;

organismo: l'ente pubblico o privato, presso il quale puo' svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del decreto.

 

Chi puo’ accedere alla mediazione?

In base all'art. 2 ("Controversie oggetto di mediazione") del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale, chiunque puo' accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del medesimo decreto.

 

Quale disciplina si applica al procedimento di mediazione?

Secondo l'art. 3 ("Disciplina applicabile e forma degli atti") del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale, al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti.

Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'articolo 9 del decreto, nonche' modalita' di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialita' e l'idoneita' al corretto e sollecito espletamento dell'incarico.

Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalita'.

La mediazione puo' svolgersi secondo modalita' telematiche previste dal regolamento dell'organismo.

 

Come si propone la domanda di mediazione? Che cosa occorre indicare?

Stabilisce l'art. 4 ("Accesso alla mediazione") del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale che la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 del decreto e' presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo di mediazione.

L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa.

 

Per quali controversie e’ obbligatorio il procedimento di mediazione?

Secondo l'art. 5 ("Condizione di procedibilita' e rapporti con il processo"), comma 1, del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale, chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di

condominio,

diritti reali,

divisione,

successioni ereditarie,

patti di famiglia,

locazione,

comodato,

affitto di aziende,

risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti,

da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita',

contratti assicurativi, bancari e finanziari,

e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del decreto 28/2010 ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.

L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale. 

 

Quale e’ la durata massima del procedimento di mediazione?

In base all'art. 6 del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale, il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi.

 

Come si svolge il procedimento di mediazione? Quali sono i compiti del mediatore?

Stabilisce l'art. 8 del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale che, all'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo di mediazione designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda.

La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante.

Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l'organismo puo' nominare uno o piu' mediatori ausiliari.

Il procedimento si svolge senza formalita' presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo.

Il mediatore si adopera affinche' le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia.

 

Mediazione: cosa succede se viene raggiunto un accordo amichevole? E se non viene raggiunto l’accordo? Cos’e’ la proposta del mediatore?

In base all'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione civile e commerciale, se e' raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale e' allegato il testo dell'accordo medesimo.

Quando l'accordo non e' raggiunto, il mediatore puo' formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13 del decreto 28/2010.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per maggiori informazioni sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale si invita a consultare


www.guidamediazionecivile.it  
La tua guida on-line sulla mediazione!

 

Studio legale Avv. Giuseppe Briganti
Pesaro - Urbino

Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità. Il post potrebbe non essere aggiornato.

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Di Admin (del 21/09/2009 @ 12:54:53, in risposte, linkato 3923 volte)

Diritto (Copyright immagine woodsy) L'art. 659 del Codice penale prevede quanto segue:

Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone

"[I]. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 309 euro.

[II]. Si applica l'ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità".

 

Avv. Giuseppe Briganti
avvbriganti.iusreporter.it

settembre 2009


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