L'Avv.
Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore
professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001
cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul
Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di
docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con
riviste giuridiche
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Maksym Yemelyanov - Fotolia.com)
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Fornire una serie di indicazioni rivolte ai consumatori per orientarsi tra le offerte e la pubblicità dei prodotti cosmetici.
E' questo l'obiettivo del vademecum pubblicato nel luglio 2012 dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, alla luce dei principi applicati nei suoi provvedimenti degli ultimi quattro anni.
Ecco il vademecum:
1) UN COSMETICO NON È UN FARMACO
La natura cosmetica del prodotto deve risultare chiaramente: un cosmetico non può essere assimilato o comparato - esplicitamente o indirettamente - ad un farmaco o ad interventi di chirurgia estetica. Al prodotto cosmetico non possono essere attribuite - direttamente, indirettamente o in modo ambiguo - proprietà curative o terapeutiche capaci di intervenire in maniera risolutiva e definitiva sulle cause degli inestetismi.
2) MASSIMA ATTENZIONE ALLE PROMESSE DI RISULTATO
L'utilizzo di vanti di efficacia specifici e puntuali - espressi in termini assoluti o percentuali, con indicazione di tempi serrati o/e con corredo di immagini particolarmente suggestive - deve basarsi su un veridico e mirato supporto scientifico e su sperimentazioni adeguate.
L'efficacia di un componente non supporta da sola e di per sé l'efficacia del prodotto.
Al riguardo, è meglio informarsi: per esempio, sul sito internet dell'azienda, sul sito www.agcm.it, al link http://www.cosmeticseurope.eu/publications-cosmetics-europe-association/guidelines.html?view=item&id=23 ("linee guida per la valutazione di efficacia dei prodotti cosmetici", in inglese).
3) SÌ AI TEST CLINICI SOLO SE ATTINENTI E ACCESSIBILI
Se espressamente richiamati in pubblicità, i test clinici devono essere pertinenti e direttamente correlati con l'efficacia attribuita al prodotto; nel messaggio, compatibilmente allo spazio disponibile, vanno specificati la metodologia, le misurazioni ed i parametri utilizzati (se addotte sperimentazioni in vitro, queste devono sempre trovare conferma in sperimentazioni in vivo, effettuate su un numero adeguato di volontari, individuati in base a idonei criteri di inclusione).
Gli studi scientifici richiamati in pubblicità a sostegno dei vanti prestazionali del cosmetico devono essere adeguatamente accessibili - in versione integrale o in esaustiva sintesi esplicativa - magari attraverso rinvio alle pagine web dedicate del sito internet aziendale.
4) IL VALORE MASSIMO OTTENUTO NELLE SPERIMENTAZIONI NON CORRISPONDE ALL'EFFICACIA DEL PRODOTTO
Non può essere vantato in pubblicità, neppure se presentato insieme a locuzioni quali "fino a.", il valore massimo risultante dalle sperimentazioni - tanto più se raggiunto in uno solo o in pochissimi casi - in quanto non esemplificativo dell'efficacia generale ascrivibile al cosmetico.
5) OCCHIO AI LIMITI DI EFFICACIA: DOVREBBERO ESSERE BEN VISIBILI
Non possono essere richiamati dalla pubblicità studi limitati a situazioni specifiche a supporto di più estesi vanti prestazionali del prodotto, né si possono omettere informazioni rilevanti su limiti e confini di efficacia del cosmetico in modo da generalizzarne indebitamente la portata oltre gli ambiti effettivi. In particolare, non possono essere affidati a super o note in calce - spesso con caratteri ridotti - precisazioni in grado di ridimensionare/smentire i vanti principali dei messaggi.
6) VANTI DI INNOVATIVITA' SOLO SE SCIENTIFICAMENTE ASSODATI
Fare attenzione quando sono ascritti vanti di innovatività al cosmetico oppure questo viene presentato come frutto di nuove scoperte: al riguardo, infatti, non basta richiamare studi in corso non ancora assodati e condivisi in seno alla comunità scientifica. Se possibile, informarsi su siti istituzionali o di riconosciuta autorevolezza scientifica.
7) IL BREVETTO SI PUO' VANTARE SOLO SE È STATO CONCESSO
Per vantare un brevetto, non basta aver presentato la domanda occorrendo, invece, che sia già rilasciata la concessione: al riguardo, si può controllare la banca dati tenuta dal Ministero dello Sviluppo Economico (al link http://www.uibm.gov.it/uibm/dati/?64,9).
Fare attenzione anche al vanto di "approvazioni" o riconoscimenti scientifici al prodotto da parte di Enti o Autorità pubblici o privati: meglio controllare sui siti di tali Istituzioni.
8) DISTINGUERE TRA TEST DI AUTOVALUTAZIONE E TEST SCIENTIFICI
I test di autovalutazione - in quanto esprimono soltanto valutazioni soggettive - non possono essere portati a supporto di oggettivi vanti di efficacia e vanno comunque tenuti distinti da test e sperimentazione scientifiche. In ogni caso, devono essere chiaramente presentati come tali e va evidenziato il loro contenuto con riferimento alla tipologia di domande e al campione utilizzato.
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti
Pesaro - Urbino
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
La Parte III del Codice del Consumo (decreto legislativo 206/2005) si occupa del "rapporto di consumo" dettando innanzitutto una serie di disposizioni sui "contratti del consumatore in generale" (artt. 33-38).
Il principio fondamentale in materia è quello secondo cui nel contratto concluso tra il consumatore e il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto stesso (art. 33).
L'articolo 33 del Codice del Consumo prevede inoltre una serie di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria, da fornirsi da parte del professionista. Tali clausole sono quelle che hanno per oggetto o per effetto di (co. 2):
escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo;
prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata a una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo;
riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore;
consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;
sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati a una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore. Viene fatto salvo il disposto dell'articolo 1355 del Codice civile.
Secondo l'articolo 34 del Codice del Consumo, la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.
La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene invece alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.
Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell'Unione europea o l'Unione europea stessa.
Non sono vessatorie nemmeno le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.
Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune di esse siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile (art. 35).
In caso di dubbio sul senso di una clausola, deve prevalere l'interpretazione più favorevole al consumatore.
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