L'Avv.
Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore
professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001
cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul
Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di
docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con
riviste giuridiche
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Tra le anticipazioni che circolano circa la prossima emanazione da parte del Ministero della Giustizia dell'atteso regolamento previsto dal decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione in materia civile e commerciale, vi è anche quella secondo cui rimarrebbe esclusa la possibilità, da parte dell'organismo di mediazione, di utilizzare solo il canale telematico per lo svolgimento della procedura.
Tale esclusione, ove confermata, come già rilevato, a parere dello scrivente si porrebbe in contrasto con diverse previsioni, sia italiane che europee, che invece negli ultimi anni hanno inteso favorire, per ottime ragioni, le procedure conciliative on-line, soprattutto per quanto riguarda il commercio elettronico e i consumatori.
La "stravaganza" della scelta del Ministero è stata rilevata anche dal CNF, con il documento inviato all'ufficio legislativo di via Arenula lo scorso 6 ottobre.
Infatti, come si legge nel comunicato diffuso dal CNF:
« Diverse osservazioni riguardano la disciplina della procedura, disciplinata dal dm in "maniera puntuale, in netta controtendenza rispetto alla informalità e alla liberta delle forme tipiche delle Adr"; oltretutto, senza "copertura" della normativa primaria, che non affida al dm il compito di regolare la procedura; e segnata da soluzioni "stravaganti". Così è, per esempio, per la previsione che affida a un mediatore diverso da quello che ha condotto la mediazione la formulazione di una proposta. Il Cnf rileva "l'assoluta stravaganza della soluzione rispetto al panorama delle conciliazioni, visto che la nomina di una terzo finisce con il vanificare l'opera stessa di mediazione, non fondata sulla formulazione di un giudizio ma sulla ricerca di una soluzione negoziata e discussa con le parti". Dubbi sono espressi anche con riferimento alla mediazione per via telematica, ammessa dalla normativa primaria e negata da quella secondaria ».
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Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
Tra le anticipazioni che circolano in questi giorni circa la prossima emanazione da parte del Ministero della Giustizia dell'atteso regolamento previsto dal decreto legislativo 28/2010 sulla mediazione in materia civile e commerciale, vi è anche quella secondo cui rimarrebbe esclusa la possibilità, da parte dell'organismo di mediazione, di utilizzare solo il canale telematico per lo svolgimento della procedura.
Tale esclusione, ove confermata, a parere dello scrivente si porrebbe in contrasto con diverse previsioni, sia italiane che europee, che invece negli ultimi anni hanno inteso favorire, per ottime ragioni, le procedure conciliative on-line, soprattutto per quanto riguarda il commercio elettronico e i consumatori.
Innanzitutto, si ricorda che è lo stesso d.lgs. 28/2010 (art. 3) a prevedere che la procedura di composizione extragiudiziale possa svolgersi anche secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell'organismo di mediazione (senza distinguere se "in tutto" o "in parte"). Il regolamento dell'organismo di mediazione dovrà in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'art. 9 del decreto. Specifica l'art. 16 del d.lgs. 28/2010 che nel regolamento dell'organismo di mediazione devono essere previste, fermo quanto stabilito dal medesimo provvedimento, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati.
Con specifico riguardo alla composizione delle controversie nel commercio elettronico, l'art. 19 del decreto legislativo 70/2003 stabilisce che, in caso di lite, al prestatore e al destinatario del servizio della società dell'informazione è riconosciuto il potere di adire anche organi di composizione extragiudiziale, operanti anche per via telematica.
L'art. 19 di cui sopra costituisce attuazione in Italia della corrispondente disposizione della direttiva 2000/31/CE (art. 17), secondo cui:
"1. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di dissenso tra prestatore e destinatario del servizio della società dell'informazione, la loro legislazione non ostacoli l'uso, anche per vie elettroniche adeguate, degli strumenti di composizione extragiudiziale delle controversie previsti dal diritto nazionale.
2. Gli Stati membri incoraggiano gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie, in particolare di quelle relative ai consumatori, ad operare con adeguate garanzie procedurali per le parti coinvolte.
3. Gli Stati membri incoraggiano gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie a comunicare alla Commissione le decisioni significative che adottano sui servizi della società dell'informazione nonché ogni altra informazione su pratiche, consuetudini od usi relativi al commercio elettronico".
Si ricorda inoltre che, con riferimento ai consumatori, il Codice del Consumo (decreto legislativo 206/2005) prevede espressamente che nei rapporti tra consumatore e professionista le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica (art. 141).
La raccomandazione europea 2001/310 sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo - concernente gli organi responsabili delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo i quali si adoperano per risolvere la lite facendo incontrare le parti per convincerle a trovare una soluzione di comune accordo - afferma del resto chiaramente, con specifico riferimento all'e-commerce (considerando 6) quanto segue:
"Il commercio elettronico facilita le transazioni transfrontaliere tra le aziende e i consumatori. Tali transazioni hanno spesso un valore esiguo e che quindi la risoluzione di qualsiasi controversia deve essere semplice, rapida e poco onerosa. Le nuove tecnologie possono contribuire allo sviluppo di sistemi elettronici di composizione delle controversie costituendo un organismo volto a risolvere efficacemente le controversie che interessano diverse giurisdizioni senza il bisogno di una comparizione fisica delle parti e andrebbero quindi incoraggiati mediante principi volti ad assicurare standard coerenti e affidabili atti a suscitare la fiducia degli utenti".
Escludere, con riferimento in particolare a liti quali quelle del commercio elettronico B2C, spesso caratterizzate dal modesto valore economico, oltre che da elementi di internazionalità, la possibilità di usufruire di procedure di mediazione che si svolgono (interamente) on-line, non andrebbe di certo a vantaggio di una "semplice, rapida e poco onerosa" risoluzione della controversia.
Per un approfondimento sulla mediazione on-line si rimanda a G. Briganti, Composizione extragiudiziale delle controversie nel commercio elettronico B2C, con particolare riferimento alla mediazione on-line, di prossima pubblicazione.
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La Commissione europea ha ribadito con un comunicato del 20 agosto 2010 il potenziale delle norme UE vigenti in materia di mediazione nelle controversie transfrontaliere e ha ricordato agli Stati membri che l'efficacia di tali disposizioni dipende esclusivamente dalla loro attuazione a livello nazionale.
« Risolvere le controversie ricorrendo al giudice non solo è lungo e costoso, ma può anche rovinare proficui rapporti commerciali. Nelle controversie transfrontaliere la situazione è complicata dalla diversità delle legislazioni e giurisdizioni nazionali e da aspetti pratici come i costi e la lingua. La risoluzione alternativa delle controversie attraverso mediatori imparziali può far fronte a tali problemi e contribuire a soluzioni costruttive. Sono però necessari mediatori qualificati e norme chiare su cui entrambe le parti possano fare affidamento. La mediazione transfrontaliera è più delicata, in quanto deve tenere conto di culture imprenditoriali diverse e le parti devono poter contare su norme comuni. Per questo motivo le norme UE sulla mediazione sono entrate in vigore nel maggio 2008 e vanno attuate entro maggio 2011. Esse creano garanzie giuridiche per la mediazione e ne assicurano la qualità tramite codici di condotta e la formazione dei mediatori. Ad oggi quattro paesi (Estonia, Francia, Italia e Portogallo) hanno comunicato alla Commissione l'attuazione nel diritto interno delle norme UE sulla mediazione.
"Queste misure UE sono molto importanti perché promuovono un accesso alternativo e aggiuntivo alla giustizia nella vita quotidiana. I sistemi giudiziari consentono ai cittadini di far valere i loro diritti. L'accesso effettivo alla giustizia è tutelato dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE. I cittadini e le imprese non dovrebbero rinunciare ai loro diritti semplicemente perché per loro è difficile ricorrere alla giustizia o perché i procedimenti giudiziari costano troppo, sono troppo lenti o richiedono troppa burocrazia", ha dichiarato Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia. "Esorto gli Stati membri ad essere ambiziosi nell'attuare rapidamente le norme UE sulla mediazione: il minimo richiesto è consentire che le controversie transfrontaliere possano essere composte in via amichevole. Ma perché fermarsi qui? Perché non prevedere le stesse misure a livello nazionale? Alla fine sono i cittadini e le imprese, le società e le economie e lo stesso sistema giuridico a trarne vantaggi".
La direttiva UE sulla mediazione si applica quando due parti coinvolte in una controversia transfrontaliera concordano volontariamente di risolvere la lite ricorrendo ad un mediatore imparziale. Gli Stati membri devono garantire che gli accordi risultanti dalla mediazione possano essere resi esecutivi. Stando a un recente studio finanziato dall'UE, non usare la mediazione fa aumentare i tempi medi di 331 - 446 giorni nell'UE, con spese legali aggiuntive che vanno dai 12 471 ai 13 738 euro per causa.
La mediazione può risolvere i problemi che sorgono tra imprese, datori di lavoro e dipendenti, locatori e locatari o tra familiari, consentendo al loro rapporto di continuare e perfino di rafforzarsi costruttivamente, risultato questo non sempre raggiungibile in via giudiziale. La risoluzione stragiudiziale permette ai sistemi giudiziari di risparmiare risorse e può potenzialmente ridurre le spese legali. Grazie alla possibilità di comporre le controversie online la mediazione a distanza diventa sempre più accessibile. Quello che manca sono norme transfrontaliere che diano alle parti certezza quanto al processo di mediazione e all'esecutività dell'accordo raggiunto.
Un elemento fondamentale della mediazione è la fiducia nel processo, soprattutto quando le parti vengono da paesi diversi. Le norme UE incoraggiano quindi gli Stati membri a prevedere controlli della qualità, a elaborare codici di condotta e a fornire formazioni ai mediatori, in modo da garantire un sistema di mediazione efficace. Un gruppo di parti interessate ha elaborato con l'assistenza della Commissione europea un codice europeo di condotta per mediatori che è stato presentato il 2 luglio 2004. Tale codice stabilisce una serie di principi ai quali i singoli mediatori possono spontaneamente aderire. Si tratta di principi in materia di competenza, nomina e onorari dei mediatori, promozione dei loro servizi, indipendenza e imparzialità dei mediatori, accordo e riservatezza.
L'elenco delle organizzazioni che hanno sottoscritto il codice è pubblicato all'indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/civiljustice/adr/adr_ec_list_org_en.pdf
Se la mediazione risulta infruttuosa, le parti possono sempre adire un organo giurisdizionale.
La Commissione si aspetta che entro maggio 2011 ventisei Stati membri abbiano attuato tali norme UE (la Danimarca ha scelto di non applicarle in virtù di una prerogativa prevista da un protocollo allegato ai trattati). Ad oggi quattro paesi (Estonia, Francia, Italia e Portogallo) hanno comunicato alla Commissione di aver attuato tali norme. Inoltre, la Lituania e la Slovacchia hanno notificato i nomi degli organi giurisdizionali competenti a rendere esecutivi gli accordi transfrontalieri risultanti dalla mediazione.
Sebbene nella maggior parte degli Stati membri fossero in vigore norme analoghe già prima dell'adozione della direttiva sulla mediazione, gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione entro il 21 maggio 2011 le disposizioni adottate per attuarla (che devono specificamente menzionare la direttiva). Alcuni paesi dispongono già di norme sulla mediazione in determinati settori; ad esempio l'Irlanda e la Danimarca per i rapporti di lavoro, laFinlandia per le controversie dei consumatori, la Svezia per gli incidenti stradali e la Francia e l'Irlanda per il diritto di famiglia. Il Portogallo prevede programmi di formazione per i mediatori dal 2001.
Gli Stati membri sono tenuti a fornire le informazioni sugli organi giurisdizionali competenti a rendere esecutivi gli accordi risultanti dalla mediazione in una data anteriore (21 novembre 2010), in modo che la Commissione possa pubblicarle e aiutare così i cittadini e le imprese ad usare la mediazione ».
Fonte: http://europa.eu
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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Su Iusreporter.it e' in corso la pubblicazione della Guida breve gratuita sul decreto legislativo 28/2010 che introduce e regola la mediazione in materia civile e commerciale
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
La Guida sulla mediazione civile e commerciale di Iusreporter.it
DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2010 , n. 28
Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
GU n. 53 del 5-3-2010
Entrata in vigore del provvedimento: 20/03/2010
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 60 della legge 19 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali; Vista la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 ottobre 2009; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 febbraio 2010; Sulla proposta del Ministro della giustizia; E m a n a il seguente decreto legislativo: Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per: a) mediazione: l'attivita', comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o piu' soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa; b) mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo; c) conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione; d) organismo: l'ente pubblico o privato, presso il quale puo' svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto; e) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 16 del presente decreto, nonche', sino all'emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222. Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operante il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note alle premesse: - Si riporta il testo degli articoli 76 e 87 della Costituzione: «Art. 76. L'esercizio della funzione legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.». «Art. 87. Il Presidente della Repubblica e' il capo dello Stato e rappresenta l'unita' nazionale. Puo' inviare messaggi alle Camere. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere. Presiede il Consiglio superiore della magistratura. Puo' concedere grazia e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica .». - Si riporta il testo dell'art. 60 della legge 19 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche' in materia di processo civile.): «Art. 60 (Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali). - 1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. 2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformita' ai principi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo e' prorogata di sessanta giorni. 3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato ''Registro'', vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'art. 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro; d) prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia; e) prevedere la possibilita', per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli; f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro; g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facolta' di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali; h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro; i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche; l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facolta' del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali; m) prevedere che le indennita' spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti; n) prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilita' di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonche' di ricorrere agli organismi di conciliazione; o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l'invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall'anno precedente l'introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all'art. 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181; p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresi', e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell' art. 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi; r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilita' tale da garantire la neutralita', l'indipendenza e l'imparzialita' del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni; s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.». - La direttiva 2008/52/CE e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea - serie L 136/3 del 24 maggio 2008. Note all'art. 1: - Il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 reca: «Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalita' di iscrizione nonche' di tenuta del registro degli organismi di conciliazione di cui all'art. 38 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.».
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 2 Controversie oggetto di mediazione 1. Chiunque puo' accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto. 2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, ne' le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 3 Disciplina applicabile e forma degli atti 1. Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti. 2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'articolo 9, nonche' modalita' di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialita' e l'idoneita' al corretto e sollecito espletamento dell'incarico. 3. Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalita'. 4. La mediazione puo' svolgersi secondo modalita' telematiche previste dal regolamento dell'organismo.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 4 Accesso alla mediazione 1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 e' presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo. In caso di piu' domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo presso il quale e' stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione. 2. L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa. 3. All'atto del conferimento dell'incarico, l'avvocato e' tenuto a informare l'assistito della possibilita' di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L'avvocato informa altresi' l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale. L'informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l'avvocato e l'assistito e' annullabile. Il documento che contiene l'informazione e' sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell'articolo 5, comma 1, informa la parte della facolta' di chiedere la mediazione.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 5 Condizione di procedibilita' e rapporti con il processo 1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, puo' invitare le stesse a procedere alla mediazione. L'invito deve essere rivolto alle parti prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non e' prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all'invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non e' gia' stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. 3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, ne' la trascrizione della domanda giudiziale. 4. I commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; e) nei procedimenti in camera di consiglio; f) nell'azione civile esercitata nel processo penale. 5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l'arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda e' presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all'articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all'atto costitutivo, l'individuazione di un diverso organismo iscritto. 6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresi' la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo. Note all'art. 5: - Il decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 reca: «Istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori in attuazione dell'art. 27, commi 1 e 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 262.». - Si riporta il testo dell'art. 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.): «Art. 128-bis (Risoluzione delle controversie). - 1. I soggetti di cui all'art. 115 aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela. 2. Con deliberazione del CICR, su proposta della Banca d'Italia, sono determinati i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell'organo decidente, in modo che risulti assicurata l'imparzialita' dello stesso e la rappresentativita' dei soggetti interessati. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidita', l'economicita' della soluzione delle controversie e l'effettivita' della tutela. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non pregiudicano per il cliente il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall'ordinamento. 3-bis. La Banca d'Italia, quando riceve un reclamo da parte della clientela dei soggetti di cui al comma 1, indica al reclamante la possibilita' di adire i sistemi previsti ai sensi del presente articolo.». - Si riporta il testo degli articoli 37, 140 e 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma dell'art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.): «Art. 37 (Azione inibitoria). - 1. Le associazioni rappresentative dei consumatori, di cui all'art. 137, le associazioni rappresentative dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano, o che raccomandano l'utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusivita' ai sensi del presente titolo. 2. L'inibitoria puo' essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile. 3. Il giudice puo' ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o piu' giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale. 4. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle azioni inibitorie esercitate dalle associazioni dei consumatori di cui al comma 1, si applicano le disposizioni dell'art. 140». «Art. 140 (Procedura). - 1. I soggetti di cui all'art. 139 sono legittimati nei casi ivi previsti ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti richiedendo al tribunale: a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o piu' quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicita' del provvedimento puo' contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate. 2. Le associazioni di cui al comma 1, nonche' i soggetti di cui all'art. 139, comma 2, possono attivare, prima del ricorso al giudice, la procedura di conciliazione dinanzi alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, a norma dell'art. 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, nonche' agli altri organismi di composizione extragiudiziale per la composizione delle controversie in materia di consumo a norma dell'art. 141. La procedura e', in ogni caso, definita entro sessanta giorni. 3. Il processo verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dal rappresentante dell'organismo di composizione extragiudiziale adito, e' depositato per l'omologazione nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale si e' svolto il procedimento di conciliazione. 4. Il tribunale, in composizione monocratica, accertata la regolarita' formale del processo verbale, lo dichiara esecutivo con decreto. Il verbale di conciliazione omologato costituisce titolo esecutivo. 5. In ogni caso l'azione di cui al comma 1 puo' essere proposta solo dopo che siano decorsi quindici giorni dalla data in cui le associazioni abbiano richiesto al soggetto da esse ritenuto responsabile, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti. 6. Il soggetto al quale viene chiesta la cessazione del comportamento lesivo ai sensi del comma 5, o che sia stato chiamato in giudizio ai sensi del comma 1, puo' attivare la procedura di conciliazione di cui al comma 2 senza alcun pregiudizio per l'azione giudiziale da avviarsi o gia' avviata. La favorevole conclusione, anche nella fase esecutiva, del procedimento di conciliazione viene valutata ai fini della cessazione della materia del contendere. 7. Con il provvedimento che definisce il giudizio di cui al comma 1 il giudice fissa un termine per l'adempimento degli obblighi stabiliti e, anche su domanda della parte che ha agito in giudizio, dispone, in caso di inadempimento, il pagamento di una somma di denaro da 516 euro a 1.032 euro, per ogni inadempimento ovvero giorno di ritardo rapportati alla gravita' del fatto. In caso di inadempimento degli obblighi risultanti dal verbale di conciliazione di cui al comma 3 le parti possono adire il tribunale con procedimento in camera di consiglio affinche', accertato l'inadempimento, disponga il pagamento delle dette somme di denaro. Tali somme di denaro sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze al fondo da istituire nell'ambito di apposita unita' previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per finanziare iniziative a vantaggio dei consumatori. 8. Nei casi in cui ricorrano giusti motivi di urgenza, l'azione inibitoria si svolge a norma degli articoli da 669-bis a 669-quaterdecies del codice di procedura civile. 9. Fatte salve le norme sulla litispendenza, sulla continenza, sulla connessione e sulla riunione dei procedimenti, le disposizioni di cui al presente articolo non precludono il diritto ad azioni individuali dei consumatori che siano danneggiati dalle medesime violazioni. 10. Per le associazioni di cui all'art. 139 l'azione inibitoria prevista dall'art. 37 in materia di clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori, si esercita ai sensi del presente articolo. 11. Resta ferma la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici ai sensi dell'art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80. 12. Restano salve le procedure conciliative di competenza dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni di cui all'art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249.». «Art. 140-bis (Azione di classe). - 1. I diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui da' mandato o comitati cui partecipa, puo' agire per l'accertamento della responsabilita' e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. 2. L'azione tutela: a) i diritti contrattuali di una pluralita' di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile; b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale; c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali. 3. I consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente articolo aderiscono all'azione di classe, senza ministero di difensore. L'adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo, salvo quanto previsto dal comma 15. L'atto di adesione, contenente, oltre all'elezione di domicilio, l'indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria, e' depositato in cancelleria, anche tramite l'attore, nel termine di cui al comma 9, lettera b). Gli effetti sulla prescrizione ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del codice civile decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che hanno aderito successivamente, dal deposito dell'atto di adesione. 4. La domanda e' proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa, ma per la Valle d'Aosta e' competente il tribunale di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia e' competente il tribunale di Venezia, per le Marche, l'Umbria, l'Abruzzo e il Molise e' competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria e' competente il tribunale di Napoli. Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale. 5. La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adito, il quale puo' intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilita'. 6. All'esito della prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilita' della domanda, ma puo' sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere e' in corso un'istruttoria davanti a un'autorita' indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. La domanda e' dichiarata inammissibile quando e' manifestamente infondata, quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l'identita' dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2, nonche' quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe. 7. L'ordinanza che decide sulla ammissibilita' e' reclamabile davanti alla corte d'appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione se anteriore. Sul reclamo la corte d'appello decide con ordinanza in camera di consiglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il reclamo dell'ordinanza ammissiva non sospende il procedimento davanti al tribunale. 8. Con l'ordinanza di inammissibilita', il giudice regola le spese, anche ai sensi dell'art. 96 del codice di procedura civile, e ordina la piu' opportuna pubblicita' a cura e spese del soccombente. 9. Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale fissa termini e modalita' della piu' opportuna pubblicita', ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. L'esecuzione della pubblicita' e' condizione di procedibilita' della domanda. Con la stessa ordinanza il tribunale: a) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall'azione; b) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di quello per l'esecuzione della pubblicita', entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell'attore, sono depositati in cancelleria. Copia dell'ordinanza e' trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicita', anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet. 10. E' escluso l'intervento di terzi ai sensi dell'art. 105 del codice di procedura civile. 11. Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale determina altresi' il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, efficace e sollecita gestione del processo. Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicita' ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ritiene piu' opportuno l'istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalita' non essenziale al contraddittorio. 12. Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell'art. 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all'azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme. In caso di accoglimento di un'azione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilita', il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate. La sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione. I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza. 13. La corte d'appello, richiesta dei provvedimenti di cui all'art. 283 del codice di procedura civile, tiene altresi' conto dell'entita' complessiva della somma gravante sul debitore, del numero dei creditori, nonche' delle connesse difficolta' di ripetizione in caso di accoglimento del gravame. La corte puo' comunque disporre che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore sia depositata e resti vincolata nelle forme ritenute piu' opportune. 14. La sentenza che definisce il giudizio fa' stato anche nei confronti degli aderenti. E' fatta salva l'azione individuale dei soggetti che non aderiscono all'azione collettiva. Non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l'adesione assegnato dal giudice ai sensi del comma 9. Quelle proposte entro detto termine sono riunite d'ufficio se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adito ordina la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice. 15. Le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito. Gli stessi diritti sono fatti salvi anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo.». - Si riporta il testo dell'art. 667 del codice di procedura civile: «Art. 667 (Mutamento del rito). - Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666, il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito ai sensi dell'art. 426.». - Si riporta il testo dell'art. 703 del codice di procedura civile: «Art. 703 (Domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso). - Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell'art. 21. Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti, in quanto compatibili. L'ordinanza che accoglie o respinge la domanda e' reclamabile ai sensi dell'art. 669-terdecies. Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a se' l'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l'art. 669-novies, terzo comma.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 6 Durata 1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi. 2. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell'articolo 5, non e' soggetto a sospensione feriale.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 7 Effetti sulla ragionevole durata del processo 1. Il periodo di cui all'articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 1, non si computano ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89. Note all'art. 7: - Si riporta il testo dell'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'art. 375 del codice di procedura civile.): «Art. 2 (Diritto all'equa riparazione). - 1. Chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione. 2. Nell'accertare la violazione il giudice considera la complessita' del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonche' quello di ogni altra autorita' chiamata a concorrervi o a comunque contribuire alla sua definizione. 3. Il giudice determina la riparazione a norma dell'art. 2056 del codice civile, osservando le disposizioni seguenti: a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di cui al comma 1; b) il danno non patrimoniale e' riparato, oltre che con il pagamento di una somma di denaro, anche attraverso adeguate forme di pubblicita' della dichiarazione dell'avvenuta violazione.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 8 Procedimento 1. All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l'organismo puo' nominare uno o piu' mediatori ausiliari. 2. Il procedimento si svolge senza formalita' presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo. 3. Il mediatore si adopera affinche' le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. 4. Quando non puo' procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore puo' avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve prevedere le modalita' di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. 5. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Note all'art. 8: - Si riporta il testo dell'art. 116 del codice di procedura civile: «Art. 116 (Valutazione delle prove). - Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti. Il giudice puo' desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 9 Dovere di riservatezza 1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell'organismo o comunque nell'ambito del procedimento di mediazione e' tenuto all'obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo. 2. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore e' altresi' tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 10 Inutilizzabilita' e segreto professionale 1. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non e' ammessa prova testimoniale e non puo' essere deferito giuramento decisorio. 2. Il mediatore non puo' essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, ne' davanti all'autorita' giudiziaria ne' davanti ad altra autorita'. Al mediatore si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili. Note all'art. 10: - Si riporta il testo degli articoli 103 e 200 del codice di procedura penale: «Art. 103 (Garanzie di liberta' del difensore). - 1. Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo: a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attivita' nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito; b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate. 2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonche' presso i consulenti tecnici non si puo' procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato. 3. Nell'accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, l'autorita' giudiziaria a pena di nullita' avvisa il consiglio dell'ordine forense del luogo perche' il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, e' consegnata copia del provvedimento. 4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice. 5. Non e' consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, ne' a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite. 6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l'imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l'autorita' giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. 7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'art. 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati.». «Art. 200 (Segreto professionale). - 1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorita' giudiziaria: a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano; b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai; c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facolta' di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale. 2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga. 3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell'albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicita' puo' essere accertata solo attraverso l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 11 Conciliazione 1. Se e' raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale e' allegato il testo dell'accordo medesimo. Quando l'accordo non e' raggiunto, il mediatore puo' formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13. 2. La proposta di conciliazione e' comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l'accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non puo' contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento. 3. Se e' raggiunto l'accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita' di sottoscrivere. Se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a cio' autorizzato. L'accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, puo' prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento. 4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l'indicazione della proposta; il verbale e' sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilita' di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore da' atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. 5. Il processo verbale e' depositato presso la segreteria dell'organismo e di esso e' rilasciata copia alle parti che lo richiedono. Note all'art. 11: - Si riporta il testo dell'art. 2643 del codice civile: «Art. 2643 (Atti soggetti a trascrizione). - Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione: 1) i contratti che trasferiscono la proprieta' di beni immobili; 2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell'enfiteuta; 3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti; 4) i contratti che costituiscono o modificano servitu' prediali, il diritto di uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione; 5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti; 6) i provvedimenti con i quali nell'esecuzione forzata si trasferiscono la proprieta' di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente; 7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico; 8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni; 9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni; 10) i contratti di societa' e di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della societa' o dell'associazione eccede i nove anni o e' indeterminata; 11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l'effetto indicato dal numero precedente; 12) i contratti di anticresi; 13) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti; 14) le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeri precedenti.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 12 Efficacia esecutiva ed esecuzione 1. Il verbale di accordo, il cui contenuto non e' contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, e' omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarita' formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all'articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale e' omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l'accordo deve avere esecuzione. 2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Note all'art. 12: - Si riporta il testo dell'art. 2 della direttiva 2008/52/CE (relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale): «Art. 2 (Controversie transfrontaliere). - 1. Ai fini della presente direttiva per controversia transfrontaliera si intende una controversia in cui almeno una delle parti e' domiciliata o risiede abitualmente in uno Stato membro diverso da quello di qualsiasi altra parte alla data in cui: a) le parti concordano di ricorrere alla mediazione dopo il sorgere della controversia; b) il ricorso alla mediazione e' ordinato da un organo giurisdizionale; c) l'obbligo di ricorrere alla mediazione sorge a norma del diritto nazionale; o d) ai fini dell'art. 5, un invito e' rivolto alle parti. 2. In deroga al paragrafo 1, ai fini degli articoli 7 e 8 per controversia transfrontaliera si intende altresi' una controversia in cui un procedimento giudiziario o di arbitrato risultante da una mediazione tra le parti e' avviato in uno Stato membro diverso da quello in cui le parti erano domiciliate o risiedevano abitualmente alla data di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c). 3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, il domicilio e' stabilito in conformita' degli articoli 59 e 60 del regolamento (CE) n. 44/2001.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 13 Spese processuali 1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonche' al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilita' degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresi' alle spese per l'indennita' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. 2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, puo' nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennita' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente. 3. Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri. Note all'art. 13: - Si riporta il testo degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile: «Art. 92 (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese). - Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all'articolo precedente, puo' escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e puo', indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all'art. 88, essa ha causato all'altra parte. Se vi e' soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice puo' compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.». Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.». «Art. 96 (Responsabilita' aggravata). - Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui e' stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni e' fatta a norma del comma precedente. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'art. 91, il giudice, anche d'ufficio, puo' altresi' condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.».
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 14 Obblighi del mediatore 1. Al mediatore e ai suoi ausiliari e' fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio; e' fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti. 2. Al mediatore e' fatto, altresi', obbligo di: a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale e' designato, una dichiarazione di imparzialita' secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonche' gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento; b) informare immediatamente l'organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all'imparzialita' nello svolgimento della mediazione; c) formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell'ordine pubblico e delle norme imperative; d) corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell'organismo. 3. Su istanza di parte, il responsabile dell'organismo provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull'istanza, quando la mediazione e' svolta dal responsabile dell'organismo.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 15 Mediazione nell'azione di classe 1. Quando e' esercitata l'azione di classe prevista dall'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l'adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito. Note all'art. 15: - Per il testo dell'art. 140-bis di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, vedi note all'art. 5.
Capo III
ORGANISMI DI MEDIAZIONE
Art. 16 Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori 1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serieta' ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all'articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro. 2. La formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonche' la determinazione delle indennita' spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all'adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennita' spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 17. Ai fini dell'iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l'idoneita' del regolamento. 4. La vigilanza sul registro e' esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico. 5. Presso il Ministero della giustizia e' istituito, con decreto ministeriale, l'elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonche' per lo svolgimento dell'attivita' di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, e' stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all'attivita' di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale. 6. L'istituzione e la tenuta del registro e dell'elenco dei formatori avvengono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali gia' esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Note all'art. 16: - Per il decreto del Ministero della giustizia 23 luglio 2004 n. 222 vedi note all'art. 1. Il decreto 23 luglio 2004, n. 223 reca: (Regolamento recante approvazione delle indennita' spettanti agli organismi di conciliazione a norma dell'art. 39 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5). - Si riporta il testo dell'art. 141 del citato decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206: «Art. 141 (Composizione extragiudiziale delle controversie). - 1. Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica. 2. Il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro della giustizia, con decreto di natura non regolamentare, detta le disposizioni per la formazione dell'elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai principi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. Il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea gli organismi di cui al predetto elenco ed assicura, altresi', gli ulteriori adempimenti connessi all'attuazione della risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. 3. In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell'art. 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. 4. Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo. 5. Il consumatore non puo' essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della procedura di composizione extragiudiziale.».
Capo III
ORGANISMI DI MEDIAZIONE
Art. 17 Risorse, regime tributario e indennita' 1. In attuazione dell'articolo 60, comma 3, lettera o), della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi 2 e 3, e dall'articolo 20, rientrano tra le finalita' del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al «Fondo Unico Giustizia» attribuite al predetto Ministero, ai sensi del comma 7 dell'articolo 2, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell'articolo 7 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 luglio 2009, n. 127. 2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 3. Il verbale di accordo e' esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l'imposta e' dovuta per la parte eccedente. 4. Con il decreto di cui all'articolo 16, comma 2, sono determinati: a) l'ammontare minimo e massimo delle indennita' spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalita' di ripartizione tra le parti; b) i criteri per l'approvazione delle tabelle delle indennita' proposte dagli organismi costituiti da enti privati; c) le maggiorazioni massime delle indennita' dovute, non superiori al venticinque per cento, nell'ipotesi di successo della mediazione; d) le riduzioni minime delle indennita' dovute nelle ipotesi in cui la mediazione e' condizione di procedibilita' ai sensi dell'articolo 5, comma 1. 5. Quando la mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1, all'organismo non e' dovuta alcuna indennita' dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte e' tenuta a depositare presso l'organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta', la cui sottoscrizione puo' essere autenticata dal medesimo mediatore, nonche' a produrre, a pena di inammissibilita', se l'organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicita' di quanto dichiarato. 6. Il Ministero della giustizia provvede, nell'ambito delle proprie attivita' istituzionali, al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell'indennita' di mediazione. Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il decreto di cui all'articolo 16, comma 2, delle indennita' spettanti agli organismi pubblici, in modo da coprire anche il costo dell'attivita' prestata a favore dei soggetti aventi diritto all'esonero. 7. L'ammontare dell'indennita' puo' essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'Istituto Nazionale di Statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente. 8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 2 e 3, valutati in 5,9 milioni di euro per l'anno 2010 e 7,018 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del «Fondo unico giustizia» di cui all'articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tale fine, resta acquisita all'entrata del bilancio dello Stato. 9. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 2 e 3 ed in caso si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 8, resta acquisito all'entrata l'ulteriore importo necessario a garantire la copertura finanziaria del maggiore onere a valere sulla stessa quota del Fondo unico giustizia di cui al comma 8. Note all'art. 17: - Si riporta il testo dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche' in materia di processo civile.): «Art. 60 (Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali). - 1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. 2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformita' ai principi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo e' prorogata di sessanta giorni. 3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'art. 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro; d) prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia; e) prevedere la possibilita', per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli; f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro; g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facolta' di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali; h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro; i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche; l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facolta' del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali; m) prevedere che le indennita' spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti; n) prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilita' di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonche' di ricorrere agli organismi di conciliazione; o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l'invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall'anno precedente l'introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all'art. 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181; p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresi', e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell'art. 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi; r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilita' tale da garantire la neutralita', l'indipendenza e l'imparzialita' del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni; s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.». - Si riporta il testo dell'art. 2, comma 7, del decreto legge 16 settembre 2008, n. 143 (Interventi urgenti in materia di funzionalita' del sistema giudiziario) convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181: «Art. 2 (Fondo unico giustizia). 1 - 6 (Omissis); 7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'interno, sono stabilite, fermo quanto disposto al comma 5, le quote delle risorse intestate «Fondo unico giustizia», anche frutto di utili della loro gestione finanziaria, fino ad una percentuale non superiore al 30 per cento relativamente alle sole risorse oggetto di sequestro penale o amministrativo, disponibili per massa, in base a criteri statistici e con modalita' rotativa, da destinare mediante riassegnazione: a) in misura non inferiore ad un terzo, al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, fatta salva l'alimentazione del Fondo di solidarieta' per le vittime delle richieste estorsive di cui all'art. 18, comma 1, lettera c), della legge 23 febbraio 1999, n. 44, e del Fondo di rotazione per la solidarieta' delle vittime dei reati di tipo mafioso di cui all'art. 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512; b) in misura non inferiore ad un terzo, al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali; c) all'entrata del bilancio dello Stato. 7-bis - 10 (Omissis).». - Si riporta il testo dell'art. 7, commi 3 e 4 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 luglio 2009, n 127 (Regolamento di attuazione dell'art. 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, nonche' dell'art. 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 2008, e successive modificazioni, in materia di Fondo unico di giustizia.): «Art. 7 (Destinazioni al Ministero dell'interno e al Ministero della giustizia). 1-2 (Omissis); 3. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1 sono altresi' determinate le quote del Fondo unico giustizia da destinare al Ministero della giustizia ai sensi dell'art. 2, comma 7, lettera b), della legge n. 181 del 2008, per la conseguente immediata riassegnazione, da effettuarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fondo da ripartire per le esigenze correnti connesse all'acquisizione di beni e servizi dell'amministrazione di cui all'art. 1, comma 1304, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 4. Il Ministro della giustizia, con propri decreti da comunicare, anche con evidenze informatiche, al MEF tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonche' alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, provvede alla ripartizione delle somme confluite nel fondo previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, tra le unita' previsionali di base interessate del medesimo stato di previsione, secondo le utilizzazioni di cui all'art. 2, comma 7, lettera b), della legge n. 181 del 2008, con particolare riferimento al funzionamento e al potenziamento degli uffici giudiziari. 5 - (Omissis).». - Si riporta il testo dell'art. 76, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A): «Art. 76 (Condizioni per l'ammissione). - 1. Puo' essere ammesso al patrocinio chi e' titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16. 2. Salvo quanto previsto dall'art. 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante. 3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva. 4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalita', ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi. 4-bis. Per i soggetti gia' condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonche' per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti. 4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale puo' essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.».
Capo III
ORGANISMI DI MEDIAZIONE
Art. 18 Organismi presso i tribunali 1. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi presso i tribunali sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all'articolo 16.
Capo III
ORGANISMI DI MEDIAZIONE
Art. 19 Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio 1. I consigli degli ordini professionali possono istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilita'. 2. Gli organismi di cui al comma 1 e gli organismi istituiti ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all'articolo 16. Note all'art. 19: - Si riporta il testo dell'art. 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.): «Art. 2 (Compiti e funzioni). 1-3 (Omissis); 4. Per il raggiungimento dei propri scopi, le camere di commercio promuovono, realizzano e gestiscono strutture ed infrastrutture di interesse economico generale a livello locale, regionale e nazionale, direttamente o mediante la partecipazione, secondo le norme del codice civile, con altri soggetti pubblici e privati, ad organismi anche associativi, ad enti, a consorzi e a societa'. 5-9 (Omissis).».
Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE
E INFORMATIVA
Art. 20 Credito d'imposta 1. Alle parti che corrispondono l'indennita' ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi e' riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d'imposta commisurato all'indennita' stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d'imposta e' ridotto della meta'. 2. A decorrere dall'anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, e' determinato l'ammontare delle risorse a valere sulla quota del «Fondo unico giustizia» di cui all'articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d'imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell'anno precedente. Con il medesimo decreto e' individuato il credito d'imposta effettivamente spettante in relazione all'importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell'importo indicato al comma 1. 3. Il Ministero della giustizia comunica all'interessato l'importo del credito d'imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la sua determinazione e trasmette, in via telematica, all'Agenzia delle entrate l'elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati. 4. Il credito d'imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed e' utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonche', da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d'impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d'imposta non da' luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, ne' del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 5. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente articolo il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell'importo corrispondente all'ammontare delle risorse destinate ai crediti d'imposta sulla contabilita' speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio». Note all'art. 20: - Per il testo dell'art. 2, comma 7, del citato decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, vedi note all'art. 17. - Si riporta il testo dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.): «Art. 17 (Oggetto). - 1. I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000 euro annui, puo' essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge. 2. Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi: a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato art. 3 resta ferma la facolta' di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato; in tal caso non e' ammessa la compensazione; b) all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'art. 74; c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; d) all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662; d-bis) (abrogato); e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative; f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'art. 20; h-bis) al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'art. 4 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85; h-ter) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e con i Ministri competenti per settore; h-quater) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche. 2-bis (abrogato).». - Si riporta il testo degli articoli 61 e 109, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.): «Art. 61 [63, comma 4] (Interessi passivi). - 1. Gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. 2. La parte di interessi passivi non deducibile ai sensi del comma 1 del presente articolo non da' diritto alla detrazione dall'imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell'art. 15.». «Art. 109 [75 e 98] (Norme generali sui componenti del reddito d'impresa). 1-4 (omissis); 5. Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilita' sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attivita' o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attivita' o beni produttivi di proventi computabili e ad attivita' o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Le plusvalenze di cui all'art. 87, non rilevano ai fini dell'applicazione del periodo precedente. Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell'art. 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento. 6-9 (omissis).».
Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE
E INFORMATIVA
Art. 21 Informazioni al pubblico 1. Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo. Note all'art. 21: - La legge 7 giugno 2000, n. 150 reca: «Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni».
Capo V
ABROGAZIONI, COORDINAMENTI
E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 22 Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo 1. All'articolo 10, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il numero 5) e' aggiunto il seguente: «5-bis) mediazione, ai sensi dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69;». Note all'art. 22: - Si riporta il testo dell'art. 10, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 come modificato dal presente decreto legislativo (Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo nonche' della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.): «Art. 10 (Destinatari). - 1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ai soggetti indicati negli articoli 11, 12, 13 e 14. 2. Le disposizioni contenute nel presente decreto, fatta eccezione per gli obblighi di identificazione e registrazione indicati nel Titolo II, Capi I e II, si applicano altresi': a) alle societa' di gestione accentrata di strumenti finanziari; b) alle societa' di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari e ai soggetti che gestiscono strutture per la negoziazione di strumenti finanziari e di fondi interbancari; c) alle societa' di gestione dei servizi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari; d) alle societa' di gestione dei sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni in strumenti finanziari; e) alle seguenti attivita', il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, da autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione di inizio di attivita' specificamente richieste dalle norme a fianco di esse riportate: 1) commercio, comprese l'esportazione e l'importazione, di oro per finalita' industriali o di investimento, per il quale e' prevista la dichiarazione di cui all'art. 1 della legge 17 gennaio 2000, n. 7; 2) fabbricazione, mediazione e commercio, comprese l'esportazione e l'importazione di oggetti preziosi, per il quale e' prevista la licenza di cui all'art. 127 del TULPS; 3) fabbricazione di oggetti preziosi da parte di imprese artigiane, all'iscrizione nel registro degli assegnatari dei marchi di identificazione tenuto dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura; 4) commercio di cose antiche di cui alla dichiarazione preventiva prevista dall'art. 126 del TULPS; 5) esercizio di case d'asta o galleria d'arte per il quale e' prevista alla licenza prevista dall'art. 115 del TULPS; f) alle succursali italiane dei soggetti indicati nelle lettere precedenti aventi sede legale in uno stato estero; g) agli uffici della pubblica amministrazione. 5-bis) mediazione, ai sensi dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69.».
Capo V
ABROGAZIONI, COORDINAMENTI
E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 23 Abrogazioni 1. Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto. 2. Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati, nonche' le disposizioni concernenti i procedimenti di conciliazione relativi alle controversie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile. I procedimenti di cui al periodo precedente sono esperiti in luogo di quelli previsti dal presente decreto. Note all'art. 23: - Si riporta il testo dell'art. 409 del codice di procedura civile: «Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). - Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonche' rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attivita' economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreche' non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.».
Capo V
ABROGAZIONI, COORDINAMENTI
E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 24 Disposizioni transitorie e finali 1. Le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi successivamente iniziati. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi' 4 marzo 2010 NAPOLITANO Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Alfano, Ministro della giustizia Visto, il Guardasigilli: Alfano
Fonte: www.gazzettaufficiale.it. Consultazione gratuita, testi senza carattere di ufficialita'
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
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Il Consiglio dei Ministri (n. 83 del 19/02/2010) ha approvato il decreto legislativo che, in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 69 del 2009 in materia di processo civile, riforma la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione di tutte le controversie in materia civile e commerciale, con obiettivi di deflazione dei processi e diffusione della cultura del ricorso a soluzioni alternative. Il decreto, inoltre, adegua la legislazione ad alcune norme comunitarie che disciplinano la mediazione. Il provvedimento ha ricevuto il parere favorevole delle Commissioni parlamentari
Consiglio dei Ministri n.83 del 19/02/2010
19 Febbraio 2010
La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:
il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 10:10 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.
Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.
Dopo aver ricordato la figura del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per la semplificazione normativa, Maurizio Balocchi, recentemente scomparso, il Presidente Berlusconi ha annunciato la nomina, in sua vece del dottor Francesco Belsito. Il Consiglio ha condiviso l'iniziativa.
E' stato avviato l'esame di un disegno di legge, su proposta del Ministro della giustizia, Angelino Alfano ed al quale il Governo annette grande importanza, che contiene disposizioni tese a rafforzare il principio di legalità nella pubblica amministrazione attraverso l'ampliamento del novero delle sentenze di condanna ostative alle candidature ad elezioni amministrative e all'assunzione di cariche negli enti locali, nonché modifiche al codice penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione ed aggravamento delle relative pene. Condividendone impianto e finalità, il Consiglio ha deciso di rendere il provvedimento più incisivo integrandolo con disposizioni che perseguano l'obiettivo di una efficienza sempre maggiore nella pubblica amministrazione e negli enti locali. L'esame del disegno di legge sarà pertanto completato nella prossima riunione.
Il Governo ha esaminato e deciso di presentare un emendamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di missioni internazionali di pace, attualmente all'esame del Senato, che consentirà all'Italia di inviare 130 Carabinieri nell'isola di Haiti con il compito di assistere il Governo locale nell'ambito della missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti, sulla base di una Risoluzione del Consiglio di sicurezza.
Il Consiglio ha poi approvato i seguenti provvedimenti:
su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta:
- uno schema di decreto legislativo, che integra e modifica il vigente Codice dell'amministrazione digitale, emanato nel 2005, alla luce della rapidissima evoluzione delle tecnologie informatiche che ha reso obsolete alcune definizioni e previsioni normative in esso contenute. Le modifiche organizzative intervenute nelle amministrazioni pubbliche rendono inoltre necessario l'adeguamento ai criteri di efficienza ed efficacia che permeano i nuovi indirizzi strategici del Governo. Obiettivo principale del provvedimento è modernizzare l'apparato pubblico con l'individuazione e la diffusione dei più evoluti strumenti tecnologici in modo da semplificare i rapporti con cittadini ed imprese e fornire risposte sempre più tempestive. Sarà così possibile avvicinare di più la pubblica amministrazione alle esigenze dei cittadini, e, sotto il profilo economico, conseguire un forte recupero di produttività. Sul testo verrà sentito il Garante per la protezione dei dati personali e saranno acquisiti i pareri della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari di merito;
su proposta del Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo:
- un decreto legislativo che recepisce la direttiva 2007/60 per disciplinare l'attività di valutazione e di gestione dei rischi di alluvioni, al fine di ridurne le conseguenze per i cittadini e sul territorio, nonché per i beni, l'ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche. Il testo ha ricevuto il parere favorevole delle Commissioni parlamentari;
su proposta dal Ministro della giustizia, Angelino Alfano:
- un decreto legislativo che, in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 69 del 2009 in materia di processo civile, riforma la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione di tutte le controversie in materia civile e commerciale, con obiettivi di deflazione dei processi e diffusione della cultura del ricorso a soluzioni alternative. Il decreto, inoltre, adegua la legislazione ad alcune norme comunitarie che disciplinano la mediazione. Il provvedimento ha ricevuto il parere favorevole delle Commissioni parlamentari;
su proposta del Ministro della salute, Ferruccio Fazio:
- uno schema di disegno di legge che, al fine di consentire una più ampia informazione sugli effetti indesiderati, nonché sulle tipologie e sui materiali usati, istituisce i registri nazionali e regionali degli impianti protesici nel seno. L'obiettivo è fornire un ulteriore strumento di tutela della salute delle persone che fanno ricorso a questo tipo di intervento chirurgico, che recenti statistiche indicano solo in minima parte legato a patologie mediche. Il disegno di legge, sul quale è stato sentito il Garante per la privacy, vieta inoltre il ricorso all'intervento da parte di persone di minore età. Lo schema di disegno di legge verrà trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni per il parere;
su proposta del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini:
- un disegno di legge per la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo di co-produzione cinematografica fra l'Italia e la Cina.
Sono stati poi approvati due stati d'emergenza per i gravi dissesti idrogeologici che hanno interessato la provincia di Messina e la Calabria nei giorni scorsi. Al fine di completare gli interventi di contrasto ai danni da inquinamento di suoli ed acque in Sicilia, nonchè per le avverse condizioni del gennaio 2009 in Calabria, il Consiglio ha prorogato gli stati d'emergenza già dichiarati a tal fine.
Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha riferito al Consiglio sulle modalità di svolgimento delle elezioni regionali, provinciali e comunali del 28 e 29 marzo prossimi. Il Consiglio ne ha preso atto.
Il Ministro Maroni ha altresì presentato al Consiglio l'aggiornamento del Rapporto sui risultati del Governo nella lotta alle mafie.
Il Consiglio ha infine deliberato, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, la conferma del dottor Arturo SEMERARI a Presidente dell'ISMEA - Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare e la nomina del dottor Tiziano BAGGIO a Presidente dell'UNIRE - Unione nazionale per l'incremento delle razze equine.
Su proposta del Ministro della difesa, Ignazio la Russa, il Consiglio ha altresì deliberato il conferimento dell'incarico di Vicesegretario generale del Ministero al generale di squadra aerea Claudio DEBERTOLIS.
Infine il Consiglio ha esaminato alcune leggi regionali, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
La seduta ha avuto termine alle ore 11,45.
Governo Italiano - Comunicati stampa del Consiglio dei Ministri
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
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L'OUA CONTRO L'OBBLIGATORIETA' DEL RICORSO ALLA MEDIAZIONE: NON SERVE E NON CONVINCE GLI OPERATORI DELLA GIUSTIZIA
L'OUA ha più volte espresso il convincimento negativo all'obbligatorietà del ricorso alla mediazione, mezzo improprio e coercitivo che non risolve alcun problema di deflazione del carico giudiziario in quanto le parti non compaiono e lasciano trascorrere il termine fissato dalla legge. Sono, poi, arrivati pure i pareri critici della Commissione Giustizia del Senato e del Csm. Un fronte ampio che chiede una netta modifica
«Si rischia fondamentalmente di perdere tempo - spiega Maurizio de Tilla, presidente Oua - l'obbligatorietà si risolve in un procrastinarsi dell'inizio dell'azione giudiziaria senza alcun risultato pratico. Della stessa opinione è anche il C.S.M, che ha affermato che l'aver reso obbligatorio il ricorso alla mediazione non sembra la soluzione migliore per assicurare la diffusione della cultura per la risoluzione alternativa delle controversie.
Ed anche la Commissione Giustizia del Senato ha bocciato lo schema legislativo sulla obbligatorietà del previo procedimento di mediazione in numerose materie.
«Il tentativo di conciliazione - continua - può infatti avere successo solo se è sostenuto da una reale volontà conciliativa e non se è svolto per ottemperare ad un obbligo.
In questo caso si trasformerebbe in un mero adempimento formale, che ingolferebbe gli uffici proposti ritardando la definizione della controversia e sottraendo energie allo svolgimento dei tentativi di conciliazione seriamente intenzionati. Conseguentemente la facoltatività del ricorso alla mediazione sembra poter meglio garantire il rafforzamento della finalità cui lo strumento stesso è preordinato. Il fallimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di locazione (che è stato abrogato) è una chiara conferma».
Maurizio de Tilla ha quindi chiesto che si accolgano le modifiche richieste perchè «la conciliazione va promossa non per realizzare un effetto deflattivo del contenzioso civile, ma perché rappresenti uno strumento di ampliamento dell'area della tutela per il cittadino».
Roma, 8 febbraio 2010
Comunicato OUA, www.oua.it
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Legislatura 16º - 2ª Commissione permanente (Giustizia)
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 150
La Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, di attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 60,
considerato che:
il provvedimento in titolo, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria, disciplina la mediazione a fini conciliatori che, svolta da organismi professionali, indipendenti e imparziali, costituisce tuttavia una forma di volontaria giurisdizione;
il mediatore può fare una proposta di mediazione nel caso in cui le parti non raggiungano un accordo, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano delle spese processuali nell'eventuale giudizio, ai sensi dell'articolo 13, che, in linea con i principi della delega, la scelta di fondo è quella di valorizzare le esperienze autoregolative e di rendere minimo l'intervento statale nella disciplina del concreto esercizio dell'attività di mediazione;
le modalità di avvio del procedimento di mediazione sono costituite da una semplice domanda da depositare presso la segreteria di un organismo di conciliazione di cui all'articolo 16, anche se con particolari obblighi a carico degli avvocati delle parti;
l'articolo 5 regola i rapporti tra procedimento di mediazione ed eventuale processo civile prevedendo nel comma 1, che per alcune categorie di controversie lo svolgimento del procedimento di mediazione rappresenta una vera e propria condizione di procedibilità per l'esercizio dell'azione civile;
è stabilito che il procedimento di mediazione può avere una durata massima di quattro mesi e che il termine decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione ovvero, nell'ipotesi di mediazione demandata dal giudice, dal termine da questi fissato per il deposito;
il procedimento di mediazione non è soggetto ad alcuna formalità;
sono disciplinati i doveri di riservatezza e il divieto di testimonianza per coloro che svolgono la loro attività professionale presso l'organismo di conciliazione, ed è regolato il segreto professionale cui è tenuto il mediatore;
l'articolo 60, comma 3, lettera a), della delega, da un lato, prevede tra i principi e criteri direttivi, che la mediazione non deve precludere l'accesso alla giustizia, dall'altro, non sembra prevedere espressamente l'obbligatorietà del procedimento di conciliazione; questione, peraltro, sulla quale in Commissione si è svolto un ampio dibattito;
gli articoli 18 e 19 applicano, rispettivamente, l'articolo 60, comma 3, lettere e), stabilendo che i consigli degli ordini forensi possono costituire organismi da iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a disposizione dal presidente del tribunale, e l'articolo 60, comma 3, lettera g), che, prevedendo la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali, è volto a rendere rapide le soluzioni per le controversie in determinate materie tecniche;
esprime
parere favorevole
formulando le seguenti osservazioni:
con riguardo all'articolo 4 si ritiene necessario in primo luogo introdurre nel comma 1 criteri precisi per l'individuazione della competenza territoriale degli organismi di conciliazione, si dovrebbe valutare l'opportunità di prevedere che essa sia fissata in ragione della presenza della sede dell'organismo di conciliazione nell'ambito del circondario del tribunale competente per la causa di merito e, solo in via subordinata, del distretto della Corte d'appello nel quale è ricompresa la circoscrizione del tribunale stesso. Dovrebbe in ogni caso essere fatta salva la facoltà delle parti di derogarvi concordemente. Sempre con riguardo al comma 1 sarebbe opportuno precisare prevedere che la litispendenza si determini dal momento del deposito dell'istanza di mediazione presso l'organismo di conciliazione. Al comma 3, sarebbe opportuno, poi, prevedere che l'obbligo informativo gravante sull'avvocato debba essere adempiuto prima della promozione del giudizio e non già in occasione del primo colloquio con la parte. Sarebbe inoltre necessario escludere che dal mancato adempimento dell'obbligo informativo possa derivare la nullità del contratto concluso con l'assistito. Appare più opportuno invece prevedere che la violazione di tale obbligo costituisca illecito disciplinare per l'avvocato inottemperante;
con riferimento all'articolo 5 si ritiene necessario, in primo luogo, escludere al comma 1 l'obbligatorietà del procedimento di conciliazione. Appare poi opportuna una revisione complessiva dell'ambito oggettivo di applicazione dell'istituto della mediazione, rivalutando più in generale le materie per le quali tale istituto può trovare applicazione. Appare infatti irragionevole l'inclusione di materie quali quelle condominiali, nelle quali il ricorso all'istituto in esame rischia di rivelarsi il più delle volte infruttuoso, e l'esclusione di materie quali quelle concernenti le controversie derivanti da richiesta di risarcimento del danno da responsabilità da circolazione stradale. Infine appare opportuno sopprimere il comma 7 dell'articolo in esame, nella parte in cui prevede l'applicazione delle norme procedimentali in esame anche ai giudizi davanti agli arbitri in quanto compatibili;
con riguardo all'articolo 6 relativo alla durata del procedimento di mediazione appare opportuno precisare in primo luogo il carattere perentorio del termine non superiore a quattro mesi ivi previsto, facendo comunque salva la possibilità per le parti, se d'accordo, di derogarvi. Appare poi necessario chiarire quali siano le conseguenze derivanti dall'infruttuoso decorso del termine di durata suddetto.
in relazione all'articolo 8 si invita il Governo a valutare l'opportunità di disciplinare le conseguenze della mancata partecipazione di una delle parti alla mediazione anche con riferimento a quanto previsto dall'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile;
con riferimento all'articolo 10, comma 1 si ritiene necessario prevedere l'inammissibilità non solo della prova testimoniale ma anche del giuramento decisorio;
in relazione all'articolo 16 appare opportuno introdurre criteri più puntuali per l'individuazione degli organismi di conciliazione. Si ritiene necessaria più in generale l'introduzione di una disciplina di principio relativa ai requisiti tale da garantire elevati livelli di formazione, competenza tecnica ed imparzialità del mediatore nonché la serietà e l'efficienza dell'organismo di conciliazione. Alla luce di tale considerazione sarebbe opportuno, al comma 3, stabilire che nel regolamento di procedura siano indicate anche le materie per le quali l'organismo svolge la propria attività.
Fonte: www.senato.it
Camera 20 gennaio 2010
Schema di decreto legislativo recante norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (Atto n. 150).
PARERE APPROVATO
La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo in oggetto,
rilevato che:
l'istituto della «mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali», nel rispetto dei principi e criteri direttivi dettati dall'articolo 60 della legge n. 69 del 2009 nonché dei principi della direttiva 2008/52/CE, viene configurato, per determinate materie, come condizione di procedibilità del successivo eventuale giudizio;
che il procedimento di mediazione si svolge secondo le forme dei procedimenti di volontaria giurisdizione;
al mediatore, in caso di mancato raggiungimento di un accordo amichevole, è attribuito il potere di formulare una proposta di mediazione: potere che - deve ritenersi - le parti implicitamente gli conferiscono nel momento stesso in cui instaurano il procedimento di mediazione;
la predetta proposta, in caso di fallimento della conciliazione, produrrà, nell'ambito del successivo eventuale giudizio, le rilevanti conseguenze in materia di spese processuali previste dall'articolo 13;
il sistema configurato dallo schema di decreto legislativo, pertanto, non può che reggersi su una figura di mediatore «forte»: dotato di solida preparazione, di competenze tecniche specialistiche nelle materie in relazione alle quali è chiamato ad operare, di requisiti che garantiscano il massimo grado di imparzialità; gli organismi di conciliazione, a loro volta, dovranno assicurare il massimo livello di serietà ed efficienza;
risulta quindi necessario che sia prevista direttamente dal decreto legislativo quantomeno una disciplina di principio relativa ai requisiti che garantiscano elevati livelli di formazione, competenza tecnica e imparzialità del mediatore, nonché la serietà e l'efficienza degli organismi di conciliazione;
l'articolo 4, comma 1, primo periodo, prevede che la domanda di mediazione sia presentata mediante il deposito di un'istanza presso un organismo di conciliazione, senza indicare alcun criterio di competenza territoriale; appare quindi necessario prevedere opportuni criteri di competenza territoriale al fine di scongiurare che la norma si presti a strumentalizzazioni che, in ipotesi, potrebbero rendere eccessivamente onerosa alla parte convenuta la partecipazione al procedimento di mediazione in un luogo molto distante dalla sua residenza o sede;
la competenza territoriale dell'organismo di conciliazione potrà essere determinata in ragione della presenza della sede dello stesso nell'ambito del distretto della Corte d'appello comprendente la circoscrizione del tribunale competente per la causa di merito;
l'articolo 4, comma 1, secondo periodo, fa dipendere la litispendenza non dal deposito dell'istanza di mediazione ma dal fatto di un terzo, poiché per determinare
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il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione alle altre parti, effettuata dal responsabile dell'organismo ai sensi dell'articolo 8, comma 1;
appare opportuno che anche il tempo della domanda sia determinato con riguardo al deposito dell'istanza;
l'articolo 4, comma 3, prevede a carico dell'avvocato un obbligo di informazione sanzionato con la nullità del contratto stipulato con l'assistito;
l'applicazione della sanzione della nullità e della relativa disciplina appaiono, nel caso di specie, inappropriate; al contrario, non sembrano sussistere ostacoli alla qualificazione del comportamento omissivo dell'avvocato in termini di illecito disciplinare;
l'articolo 5, comma 1, elenca le materie per le quali il procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità rispetto all'azione giudiziaria, comprendendovi la materia dei «patti di famiglia»; tale materia si caratterizza non solo per la frequente intersezione di diritti disponibili e diritti indisponibili, ma anche per gli ambiti e confini ancora incerti nell'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza;
appare quindi opportuna una precisa indicazione dell'oggetto delle controversie, riconducibili alla predetta materia, che devono costituire oggetto di mediazione;
risulta inoltre necessario sopprimere il comma 7 dell'articolo 5, poiché non appare conferente configurare la mediazione come condizione di procedibilità rispetto al procedimento arbitrale, che è procedimento privato, per sua natura celere e dotato di attitudine alla conciliazione;
all'articolo 8, appare opportuno disciplinare le conseguenze della mancata partecipazione di una parte alla mediazione, anche con riferimento all'articolo 116 del codice di proceduta civile;
la disciplina del dovere di riservatezza di cui all'articolo 9, potrebbe essere completata con la previsione dell'obbligo del mediatore di restituire alle parti la documentazione dalle stesse redatta o prodotta nel corso del procedimento medesimo; tale previsione risulterebbe tra l'altro prodromica e strumentale in ordine al rispetto del divieto di utilizzazione in giudizio delle dichiarazioni e informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione, previsto dall'articolo 10;
all'articolo 10, in considerazione della ratio della disposizione medesima, che è quella di impedire che le dichiarazioni e informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione siano successivamente riversate nel giudizio, occorre valutare la possibilità di prevedere che sulle predette dichiarazioni e informazioni non sia ammesso, oltre alla prova testimoniale, anche il giuramento decisorio;
appare altresì opportuno valutare la possibilità di prevedere che la conciliazione conclusa dagli organismi di conciliazione predisposti in base agli articoli 18 e 19, nelle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, producano gli effetti di cui all'articolo 2113 del codice civile,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti condizioni:
1) sia prevista direttamente dal decreto legislativo una disciplina di principio relativa ai requisiti che garantiscano elevati livelli di formazione, competenza tecnica e imparzialità del mediatore, nonché la serietà e l'efficienza dell'organismo di conciliazione;
2) all'articolo 4, comma 1, sia previsto che la competenza territoriale dell'organismo di conciliazione sia determinata in ragione della presenza della sede dello stesso nell'ambito del distretto della Corte
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d'appello comprendente la circoscrizione del tribunale competente per la causa di merito;
3) all'articolo 4, comma 3, secondo periodo, siano soppresse le parole «a pena di nullità del contratto concluso con l'assistito»;
4) sia soppresso il comma 7 dell'articolo 5;
e con le seguenti osservazioni:
a) all'articolo 4, comma 3, valuti il Governo l'opportunità di prevedere che la litispendenza si produca dal momento del deposito dell'istanza di mediazione presso l'organismo di conciliazione;
b) all'articolo 5, comma 1, valuti il Governo l'opportunità di precisare l'oggetto della materia denominata «patti di famiglia»;
c) all'articolo 8, valuti il Governo l'opportunità di disciplinare le conseguenze della mancata partecipazione di una parte alla mediazione, anche con riferimento all'articolo 116 del codice di proceduta civile;
d) all'articolo 9, comma 2, valuti il Governo l'opportunità di prevedere che il mediatore, concluso il procedimento di mediazione, sia tenuto a restituire alle parti la documentazione dalle stesse redatta o prodotta;
e) all'articolo 10, comma 1, secondo periodo, valuti il Governo l'opportunità di prevedere l'inammissibilità anche del giuramento decisorio;
f) valuti il Governo l'opportunità di prevedere che la conciliazione conclusa dagli organismi di conciliazione predisposti in base agli articoli 18 e 19, nelle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, producano gli effetti di cui all'articolo 2113 del codice civile.
Fonte: www.camera.it
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista
Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito.
Aggiornamenti sulla mediazione sul sito dell'Avv. Giuseppe Briganti
La Guida sulla mediazione civile e commerciale di Iusreporter.it
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
"Parere allo schema di decreto legislativo: «Attuazione dell'art. 60 della legge 18 giugno
2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie
civili e commerciali.»."
(Delibera del 4 febbraio 2010)
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 4 febbraio 2010, ha
adottato, il seguente parere:
«1. Il Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera dell'11 marzo 2009, ha
espresso il proprio parere sulla delega contenuta nell'art. 39 del disegno di legge n. 1441
bis C, norma sostanzialmente recepita nell'art. 60 della legge delegata n. 69/2009. Nel corpo
di tale delibera, ricostruita la cornice normativa vigente in materia e chiariti i principi
ispiratori delle forme alternative di risoluzione della controversia, il Consiglio dava
favorevolmente atto dell'introduzione del nostro sistema giudiziario della possibilità di
ricorrere in via generale, per la risoluzione delle controversie civili e commerciali relative a
diritti disponibili, ad uno strumento alternativo rispetto alla giurisdizione.
Nell'occasione il Consiglio ha espresso la propria favorevole valutazione con riguardo
alle previsioni contenute nell'art. 39, secondo comma, lett. b) e c), sottolineando che "il
tentativo di conciliazione può avere successo solo se è sostenuto da una reale volontà
conciliativa e non se è svolto per ottemperare ad un obbligo. In questo caso si trasforma in un
mero adempimento formale, che ingolfa gli uffici preposti, ritardando la definizione della
controversia e sottraendo energie allo svolgimento dei tentativi di conciliazione seriamente
intenzionati. Pertanto, la facoltatività del ricorso alla mediazione sembra poter meglio
garantire il raggiungimento delle finalità cui lo strumento stesso è preordinato".
Il C.S.M. ha mostrato apprezzamento anche per le previsioni di cui alle lettere o), q)
ed r) del medesimo comma, sottolineando che "l'individuazione del termine massimo di
quattro mesi entro il quale il procedimento di conciliazione deve chiudersi nonché la
prescrizione di forme di agevolazioni di carattere fiscale appaiono misure idonee a
promuovere ed a facilitare l'accesso alla procedura in oggetto, giacché prospettano il
contenimento sia dei tempi sia dei costi, disposizioni tanto più efficaci a fronte della notevole
durata ed onerosità del processo civile. Sotto altro aspetto, la previsione che il verbale di
conciliazione abbia efficacia esecutiva consente di evitare che la mediazione venga ritenuta
un'alternativa meno utile rispetto al procedimento giudiziario, cosa che accadrebbe se
l'esecuzione dell'accordo raggiunto fosse rimesso alla buona volontà delle parti".
A fronte di tali positività, il C.S.M. rilevava che la legge delega non fissava "neanche
sotto forma di principi - i criteri per l'attivazione ed il funzionamento del meccanismo
conciliativo, né tanto meno ne definisce i rapporti con il giudizio ordinario" e che mancavano
disposizioni di carattere generale per l'indicazione dei "requisiti per l'iscrizione nel Registro
e per la sua conservazione". Tali disposizioni, a parere del Consiglio, erano assolutamente
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indispensabili, "proprio perché è con la legge delega in esame che si introduce nel sistema
italiano la generale possibilità di ricorrere all'ADR per le controversie civili e commerciali
aventi ad oggetto diritti disponibili", di talché "sembra quanto mai necessario che il
legislatore fissi una cornice normativa completa ed unitaria, nell'ambito della quale vanno
poi collocate le specifiche disposizioni relative alla conciliazione stragiudiziale,
eventualmente avendo anche cura di effettuare un coordinamento con norme già vigenti
relative alla medesima materia".
Il C.S.M. segnalava al legislatore delegante l'opportunità di integrare la disciplina
proposta con particolare riguardo ad alcuni aspetti, indispensabili per promuovere una
migliore definizione delle "caratteristiche strutturali e funzionali della conciliazione, che, per
essere apprezzata e dunque, conseguire le finalità cui è preposta, deve caratterizzarsi come
professionale, strutturata e tecnicamente organizzata, non affidata, quindi, alla sola
improvvisazione creativa del mediatore, che pure ha un ruolo importante. Solo in tal modo,
infatti, le parti potranno superare la preoccupazione che al di fuori del giudizio ordinario
non siano rispettate le garanzie giurisdizionali, dalle stesse ritenute indispensabili per la
"giusta" definizione della controversia. Non sfugge, d'altronde, che la previsione della
conciliazione stragiudiziale nel sistema ordinamentale italiano costituisce l'espressione di
una nuova impostazione culturale, che, seppure rimessa all'intervento legislativo, necessita
di tempi lunghi per poter compiutamente essere compresa ed accettata. Ciò non toglie,
tuttavia, che alcune precisazioni sul piano tecnico nonché facilitazioni sul piano operativo
possano contribuire in maniera determinante a superare pregiudizi e diffidenze nei confronti
dell'ADR".
2. Lo schema di decreto persegue l'obiettivo di "garantire alla nuova disciplina una
reale spinta deflattiva e contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa
delle controversie", nonché "di valorizzare le esperienze autoregolative e di minimizzare
l'intervento statale nella disciplina del concreto esercizio dell'attività di mediazione". Esso si
compone di 24 articoli, distinti in cinque diversi capi.
Secondo le definizioni dell'art. 1, per "mediazione" deve intendersi "l'attività,
comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più
soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia,
sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa"; la "conciliazione"
rappresenta invece "la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della
mediazione". In tal modo operando, il legislatore utilizza il termine "mediazione" per
identificare la procedura conciliativa ed il termine "conciliazione" per rappresentarne l'esito
positivo.
Gli articoli 1 e 2 definiscono la funzione della mediazione.
Si segnala al riguardo l'opportunità che legislatore delegato definisca anche la figura
del "mediatore", persona fisica distinta dall'organismo abilitato a svolgere la mediazione, e
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ciò al fine di stabilire requisiti professionali nonché per distinguerlo dal "mediatore" definito
dall'art. 1754 del codice civile.
Gli articoli dal 3 al 15 disciplinano il procedimento di mediazione.
L'art. 5, definisce l'ambito applicativo della mediazione. Esso introduce una sorta
di doppio binario per l'accesso alla mediazione, distinguendo le controversie civili per le quali
il procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda e quelle
per le quali, al contrario, la scelta di ricorrere a tale procedimento è rimessa alla
discrezionalità delle parti.
Il legislatore delegato ha previsto che tutte le controversie giudiziarie in materia di
condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione,
comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da
diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi,
bancari e finanziari debbano essere precedute dall'esperimento del procedimento di
mediazione.
Sotto un primo aspetto, la legge delega non sembra contenere alcun riferimento alla
possibilità di introdurre un doppio binario di procedibilità con riguardo all'oggetto della
controversia Infatti, l'art. 60, terzo comma, lett. a) L. n. 69/2009 prescrive che il Governo,
nell'esercizio delle delega di cui al primo comma del medesimo articolo, preveda ".che la
mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti
disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia.".
L'aver configurato l'esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di
procedibilità e non di proponibilità della domanda giudiziale consente il superamento delle
obiezioni - già sollevate in dottrina - concernenti il mancato rispetto della legge delega,
laddove prevede che la mediazione non precluda "l'accesso alla giustizia" . Infatti, la verifica
dell'omesso espletamento del tentativo di conciliazione impone al giudice non la declaratoria
di improcedibilità della domanda ma soltanto il rinvio dell'udienza ad una data successiva
rispetto alla scadenza del termine fissato dall'art. 6 per la durata della mediazione, senza
ulteriori conseguenze sul processo.
Ciò non toglie, tuttavia, che l'introduzione del cd. doppio binario non trovi
giustificazione nel testo della legge delega e, soprattutto, non appaia razionale avuto presente
l'ampio ed eterogeneo elenco delle materie per le quali è stato configurato l'obbligo di
ricorrere preventivamente alla mediazione.
È evidente, infatti, che l'indicazione di cui al primo comma dell'art. 5 è di tale
ampiezza da riguardare la maggior parte del contenzioso civile, così ricomprendendo
tipologie di controversie non assimilabili, con caratteristiche ontologiche e difficoltà di
gestione del tutto peculiari.
Le indicazioni fornite nella relazione illustrativa non appaiono utili a giustificare la
scelta compiuta dal legislatore delegato, il quale ha previsto la mediazione obbligatoria per
controversie di tale complessità anche istruttoria - come possono essere quelle in materia
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ereditaria ovvero dirette all'accertamento della responsabilità medica - che difficilmente si
prestano ad una rapida soluzione in sede conciliativa.
Non sembra possibile, poi, accomunare - così come risulta aver fatto il legislatore
delegato - in un'unica categoria, vale a dire quella dei "rapporti particolarmente conflittuali,
rispetto ai quali, anche per la natura della lite, è quindi particolarmente più fertile il terreno
della composizione stragiudiziale", le controversie relative a responsabilità medica ed a
diffamazione a mezzo stampa, giacché è evidente la disomogeneità sostanziale sia dei diritti
lesi (non potendosi assimilare il diritto alla vita ed all'integrità fisica con il diritto
all'onorabilità), sia delle attività connesse all'accertamento delle lamentate lesioni.
Sotto diverso aspetto si ritiene opportuno segnalare che l'aver reso obbligatorio, per le
materie elencate al primo comma dell'art. 5, il ricorso alla mediazione non sembra la
soluzione migliore per assicurare la diffusione della cultura per la risoluzione alternativa
delle controversie. Come già rilevato dal C.S.M. nel parere reso in data 11 marzo 2009, il
tentativo di conciliazione può avere successo solo se è sostenuto da una reale volontà
conciliativa e non se è svolto per ottemperare ad un obbligo. In questo caso si trasformerebbe
in un mero adempimento formale, che ingolferebbe gli uffici preposti, ritardando la
definizione della controversia e sottraendo energie allo svolgimento dei tentativi di
conciliazione seriamente intenzionati. Conseguentemente, la facoltatività del ricorso alla
mediazione sembra poter meglio garantire il raggiungimento delle finalità cui lo strumento
stesso è preordinato.
La conciliazione, d'altra parte, va promossa non per realizzare un effetto deflattivo del
contenzioso civile ma perché rappresenta uno strumento di ampliamento dell'area della tutela,
vale a dire "uno dei diversi mezzi di risoluzione delle controversie disponibile in una società
moderna, che può essere il più idoneo per alcuni tipi di controversie, ma certamente non per
tutte" (cfr. paragrafo 1.1.4 della relazione di accompagnamento alla proposta di direttiva
europea in tema di mediazione in materia civile e commerciale).
Non si tratta di scegliere e promuovere la mediazione perché il sistema processuale dei
singoli paesi incontra difficoltà sempre maggiori a trattare in modo rapido ed efficiente le
cause. Al contrario, la mediazione ha caratteristiche positive in sé e, se mai, richiede un
sistema giudiziario efficiente come migliore incentivo per il suo sviluppo.
La mediazione (come più in generale tutte le forme alternative di risoluzione della
controversia), invero, può divenire uno strumento importante per una trasformazione della
giustizia civile ed una sua evoluzione verso un sistema più flessibile e più attento alle
caratteristiche del caso concreto, nell'ambito di un sistema integrato di giustizia che tenda
sempre più a specializzare la funzione dei vari strumenti di definizione, articolando non solo
gli strumenti alternativi alla decisione ma anche la gamma di quelli decisionali in senso
stretto.
Non sfugge, infatti, che la mediazione ha il pregio di consentire "la continuazione dei
rapporti tra le parti" e, pertanto, evita quel clima di agone proprio del ricorso alla
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giurisdizione, che determina inevitabilmente la conflittualità di tali rapporti e, dunque,
ostacola la possibilità stessa di conciliare la controversia; tuttavia, l'affermazione nel
panorama ordinamentale della mediazione passa necessariamente per un cambiamento di
prospettiva culturale prima ancora che tecnico-giuridica.
Le considerazioni svolte sulla previsione contenuta nell'art. 5, primo comma, dello
schema di decreto legislativo in esame, sotto un profilo strettamente tecnico nonché alla luce
della ratio sottesa alla mediazione, inducono ad esprimere un giudizio contrario alla
configurazione di ipotesi di mediazione obbligatoria, tanto più allorquando, come nella
fattispecie in esame, tali ipotesi riguardino materie profondamente disomogenee, che non si
prestano ad alcuna forma di omologazione neanche sotto l'aspetto della prognosi sulla loro
preventiva conciliabilità.
Merita, ancora, di essere rilevato che la norma in esame non chiarisce se l'intervento
del terzo, che non abbia partecipato alla mediazione, imponga al giudice di azionare il
meccanismo processuale previsto dal primo comma .
Nel proseguire la valutazione sulle ricadute ordinamentali dell'art. 5, non è
condivisibile neanche la previsione contenuta nel secondo comma di tale disposizione, che
estende la possibilità di ricorrere alla mediazione facoltativa anche nel corso del giudizio
regolarmente instaurato e ne disciplina le modalità.
Non è quindi condivisibile la previsione secondo la quale il giudice, nel corso del
giudizio, può "invitare" le parti a procedere alla mediazione e, in caso di adesione all'invito,
fissa la successiva udienza all'esito della scadenza del termine di durata del relativo
procedimento.
Il meccanismo così elaborato non è, infatti, funzionale allo scopo.
È sì verosimile che nel corso del giudizio - anche alla luce delle eventuali risultanze
istruttorie acquisite - maturino le condizioni per la conciliazione della causa, fallita
precedentemente. In tal caso, tuttavia, sembra opportuno prevedere anche la possibilità che sia
lo stesso giudice procedente, con il supporto dei difensori ed eventualmente di un mediatore
designato ad hoc quale suo ausiliario, ad esperire il tentativo di conciliazione, per evitare
inutili dilazioni temporali. Il giudice, infatti, è già a conoscenza dello stato della causa ed è in
grado di indirizzare le parti verso un accordo che tenga conto anche delle emergenze
processuali, in maniera tale che l'attività fino ad allora compiuta non vada dispersa.
Pertanto, risulta più utile per la diffusione della mediazione rafforzare i "poteri
conciliativi" del giudice, al quale deve essere riconosciuta la possibilità di avvalersi,
eventualmente, anche di un mediatore per giungere alla conciliazione della controversia.
Condivisibile è, invece, la previsione contenuta nel terzo comma dell'art. 5, in base
alla quale "Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei
provvedimenti urgenti e cautelari". È così consentito alle parti di poter godere della tutela
d'urgenza anche in caso di ricorso alla mediazione, il che costituisce un incentivo ad essa,
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giacché l'esperimento del tentativo di conciliazione preventivo rispetto alla presentazione
della domanda giudiziale non si risolve in un diniego di tutela delle ragioni delle parti.
Per le medesime ragioni è utile la previsione di cui al sesto comma, per la quale "Dal
momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla
prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di
mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la
domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente
dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo".
Risulta, tuttavia, necessario che sia meglio coordinata la previsione in esame con
quella contenuta nell'art. 4 dello schema di decreto legislativo con riguardo alla
determinazione della litispendenza ed alla produzione degli effetti sostanziali della domanda.
Nel comma in esame, infatti, la produzione dei "medesimi effetti della domanda giudiziale"
viene fatta scaturire dalla comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione, la
quale - secondo la previsione di cui all'art. 8 - deve avvenire a cura del responsabile
dell'organismo abilitato a svolgere il procedimento de quo. L'art. 4, sul quale ci si soffermerà
di seguito, prevede che "per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data
della recezione della comunicazione". È bene, dunque, chiarire se la pendenza della domanda
di mediazione coincida con la comunicazione a cura del responsabile ovvero con la recezione
della stessa da parte degli interessati. Sarebbe utile, per maggiore trasparenza e per evitare che
effetti rilevanti come quelli in esame possano essere pregiudicati da colpose inerzie di terzi,
che la litispendenza e la produzione degli effetti sostanziali della domanda siano collegati al
deposito della domanda di mediazione effettuata dalla parte ai sensi dell'art. 4.
La soluzione proposta è, peraltro, in linea con quanto previsto dall'art. 6 in tema di
decorrenza del termine di durata della mediazione, di cui si dirà commentando tale norma.
Il quarto comma dell'art. 5 enuclea i procedimenti in cui la mediazione è esclusa. Tale
previsione ha il pregio di valorizzare le caratteristiche strutturali e funzionali di alcuni
procedimenti civili, le quali risultano fisiologicamente incompatibili con la mediazione.
Sarebbe opportuno che si chiarisca che per tali procedimenti è esclusa l'obbligatorietà della
mediazione anche per la fase successiva a quella "interinale" ovvero "d'urgenza", nel corso
della quale spetterà al giudice verificare se vi siano o meno margini per la conciliazione ed
orientare di conseguenza l'andamento giudiziale della controversia.
Sarebbe, inoltre, utile ampliare l'elencazione di cui al quarto comma, in maniera tale
da comprendere anche il procedimento sommario di cognizione previsto dall'art. 702 bis
c.p.c. e ss., che pure si contraddistingue per la celerità della definizione del giudizio,
risultando diversamente vanificato lo scopo stesso per cui esso è stato introdotto nel codice di
rito dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.
Il quinto comma dell'art. 5 disciplina l'ipotesi in cui la clausola di mediazione o di
conciliazione sia contenuta in un contratto ovvero in uno statuto societario e ad essa non sia
stata data esecuzione. La disposizione persegue la condivisibile finalità di prevedere anche per
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la mediazione "pattizia" il medesimo procedimento giurisdizionale da seguirsi per l'ipotesi in
cui le parti non abbiano dato attuazione alla clausola di mediazione.
Il settimo ed ultimo comma estende l'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 5 ai
procedimenti promossi davanti agli arbitri. Si tratta di una previsione incongrua e non
condivisibile, non solo perché appare affetta da eccesso di delega, ma anche perché i processi
arbitrali trovano fondamento nell'autonomia negoziale, integrano giudizi privati e sono
potenzialmente idonei a consentire la conciliazione. Si evidenzia in proposito che, secondo
l'insegnamento del giudice delle leggi, il previo esperimento del tentativo di conciliazione
può essere imposto, in via generale, per fini di economia processuale da ritenere prevalente;
fine non rilevabile per i giudizi arbitrale non gravanti per natura su strutture pubbliche.
3. L'art. 3 dello schema di decreto legislativo, rubricato "Disciplina applicabile e
forma degli atti", regolamenta la disciplina applicabile alla mediazione. La scelta di fondo,
calata nel primo e secondo comma, è stata quella di valorizzare le esperienze autoregolative e
di minimizzare l'intervento statale nella disciplina del concreto esercizio dell'attività di
mediazione.
E' senz'altro condivisibile la scelta legislativa di non disciplinare in maniera
particolareggiata il procedimento di mediazione, in linea con la natura duttile dello strumento
conciliativo in oggetto. Ciò non toglie, tuttavia, che sia necessaria l'individuazione ad opera
del legislatore delegato di un nucleo di regole minime e comuni che devono essere inserite
dai singoli organismi di conciliazione nei relativi regolamenti.
Per un verso, infatti, risulta indispensabile che il legislatore, coerentemente con le
scelte effettuate nel decreto legislativo in commento, fornisca precise indicazioni sulla natura
e sul contenuto delle disposizioni che non possono mancare in ciascun regolamento. A titolo
esemplificativo, appare fondamentale che il decreto legislativo prescriva che nei singoli
regolamenti siano presenti norme dirette a garantire la professionalità e la terzietà dei
mediatori, secondo criteri che devono essere individuati nel decreto legislativo stesso. Del
pari, non possono mancare disposizioni di carattere generale funzionali a chiarire quali atti,
nel corso del procedimento di mediazione, debbano avere la forma scritta e, soprattutto, a
quali incontri debbano inderogabilmente partecipare le parti personalmente, al fine di
verificare la reale volontà conciliativa delle stesse. Non sfugge, infatti, che in alcune fasi del
procedimento non si può prescindere dalla presenza degli interessati, sia per acquisire
informazioni utili per giungere alla conciliazione, sia per verificare i reali termini delle
questioni in atto ed i possibili margini di trattativa con le parti. Di conseguenza, si rileva pure
indispensabile l'individuazione di alcune formalità, che è opportuno siano seguite nella
mediazione, per garantire sia le parti sia la serietà del procedimento.
Per altro verso, l'individuazione di un nucleo di regole minime e comuni è determinata
dalla necessità di evitare disparità di trattamento a fronte di analoghe situazioni e finalità,
tanto più nel caso in cui il ricorso alla mediazione sia obbligatorio.
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Va infine rilevato, a conclusione dell'esame dell'art. 3, che nel ricorso alle "modalità
telematiche", previste dall'ultimo comma della disposizione, deve tenersi conto sia delle
esigenze di riservatezza del procedimento, sia della necessità di interlocuzioni dirette e
personali con le parti. Pertanto, sarebbe opportuno che il legislatore chiarisse in quali termini
le modalità in oggetto vadano raccordate con le illustrate esigenze.
4. L'art. 4 dello schema di decreto legislativo, rubricato "Accesso alla mediazione",
delinea le modalità di accesso al procedimento di mediazione e configura in merito anche un
obbligo di informazione a carico dell'avvocato.
Nel decreto legislativo non è fissato alcun criterio di competenza territoriale o per
materia, utile per individuare l'organismo di conciliazione competente in relazione all'oggetto
della domanda di mediazione. Nella relazione illustrativa è dato atto che il meccanismo
elaborato dal legislatore delegato per il radicamento della competenza costituisce espressione
di una scelta di metodo ben precisa.
La scelta operata dal legislatore delegato appare irrazionale e inidonea a garantire il
funzionamento della mediazione. E' evidente che il buon esito del procedimento è legato
anche alla localizzazione degli organismi di conciliazione in relazione alla domanda
presentata; il luogo in cui la mediazione si svolge deve essere facilmente accessibile alle parti,
diversamente risolvendosi in un ulteriore ostacolo al raggiungimento dell'accordo, per
favorire il quale è necessario limitare al minimo sia i disagi sia le spese che gli interessati
devono affrontare per la conciliazione.
La strutturazione della norma si presta a strumentalizzazioni nel momento della scelta
dell'organismo di conciliazione, così da favorire indebite individuazioni di tale organismo che
ne potrebbero pregiudicare la terzietà e l'imparzialità. In merito non si può condividere
l'impostazione del legislatore delegato, il quale ritiene che in virtù della disposizione in
commento "Le parti saranno così libere di investire concordemente o singolarmente
l'organismo ritenuto maggiormente affidabile". Costituisce insanabile contraddizione logica
adottare politiche normative per la promozione della mediazione e, al contempo, consentire la
differenziazione degli organismi di conciliazione in base alla loro affidabilità: il quadro di
normazione primaria deve essere in grado di garantire che tutti gli organismi di conciliazione
presentino il medesimo qualificato livello di affidabilità, a maggior ragione allorquando le
parti siano obbligate al preventivo tentativo di conciliazione.
Da un punto di vista processuale, peraltro, non si comprende secondo quale logica e
coerenza normativa possa imporsi il ricorso alla mediazione quale condizione di procedibilità
e, contestualmente, sganciare il relativo procedimento da ogni collegamento territoriale con
l'autorità giudiziaria procedente, tenuta - in caso di mancato espletamento della mediazione -
a fissare una nuova udienza innanzi a sé all'esito del decorso del termine fissato dall'art. 6.
L'applicazione della disposizione in commento consentirebbe alla parte, in relazione ad una
domanda correttamente proposta innanzi al Tribunale di Palermo ma non preceduta
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dall'espletamento dell'obbligatorio procedimento di mediazione, di rivolgersi ad un
organismo di conciliazione con sede in Milano.
Risulta, poi, difficilmente ipotizzabile, così come affermato nella relazione illustrativa,
che il "semplice" meccanismo predisposto dal legislatore sia, proprio per la sua essenzialità,
utile ad evitare contrasti. Il sorgere dei conflitti sarà inevitabile allorquando, ad esempio, più
istanze di conciliazione riguarderanno solo in parte la stessa domanda o quando tali istanze
siano connesse l'una all'altra, di talché il criterio della priorità non sarà da solo sufficiente a
dirimere i contrasti originatisi, perché l'oggetto della mediazione risulterà diverso.
Si pensi, ad esempio, all'ipotesi di domande giudiziali che coincidono solo in parte
con riguardo al petitum o alla causa petendi: non può parlarsi di identità delle stesse e,
tuttavia, il decreto legislativo non fornisce gli strumenti necessari per individuare l'organismo
di conciliazione competente, nel caso in cui le parti abbiano già avviato il procedimento di
mediazione innanzi ad organismi diversi.
Si tratta di ipotesi che il legislatore non poteva non prevedere, attesa la loro diffusione
nella pratica e per le quali devono essere individuati idonei strumenti di coordinamento
nell'azione degli organismi di conciliazione. Peraltro l'art. 4 non disciplina né in quale modo
debba essere fatta valere l'incompetenza dell'organismo di conciliazione successivamente
adito, né la sanzione per l'ipotesi in cui la mediazione prosegua innanzi all'organismo
incompetente.
Per quanto concerne la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 4, sembra
opportuna una sua integrazione nel senso di imporre alle parti di allegare alla domanda di
mediazione la documentazione posta a sostegno della pretesa azionata. Tale allegazione
agevolerebbe la conciliazione della controversia, perché consentirebbe al mediatore di avere
immediata piena cognizione della materia del contendere e, al contempo, dimostrerebbe la
reale volontà conciliativa degli interessati.
In ordine, infine, al terzo comma dell'art. 4, deve rilevarsi che la legge delega non
prevedeva alcuna nullità del contratto eventualmente stipulato in violazione del condivisibile
obbligo di informazione gravante sull'avvocato. Nella relazione illustrativa si legge che "Si
tratta di una nullità di protezione che non si riverbera sulla validità della procura, in linea
con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità". Sarebbe opportuno che tale
precisazione fosse inserita anche nel testo normativo e, comunque, alla luce di essa risulta,
francamente, ancor meno comprensibile la scelta della cd. "nullità di protezione". Infatti, per
un verso, l'avvocato è responsabile di non aver informato il proprio assistito della possibilità
di avvalersi del procedimento di mediazione, il che comporta la nullità del contratto concluso
con il proprio assistito e, per altro verso, il medesimo avvocato può continuare a difendere la
parte in giudizio sulla base di un rapporto fiduciario, qual è quello originato dalla procura,
viziato sin dall'origine nella sua causa.
10
5. Gli artt. 6 e 7 disciplinano, secondo diversi aspetti, la durata del procedimento di
mediazione. Entrambe le disposizioni in commento non appaiono condivisibili.
Invero, per quanto concerne la previsione di cui all'art. 6, seppure risulta pregevole lo
sforzo legislativo di contenere i tempi per la definizione della procedura, in piena coerenza
con quanto stabilito dalla legge delega, tuttavia non appare realistico prevedere un termine
unico e fisso per tutti i procedimenti di mediazione, a prescindere dalla loro complessità e
dagli approfondimenti che essi impongono. Inoltre, se l'intento del legislatore è quello di
imporre termini ristretti per la conciliazione, sembra indispensabile che venga chiarita la
natura perentoria del termine in esame, atteso che in nessuna disposizione dello schema di
decreto legislativo tale natura è affermata, sebbene nella relazione illustrativa si legga "si fissa
in quattro mesi il termine massimo di durata del procedimento di mediazione".
Da ultimo, deve sottolinearsi che l'art. 6 fissa il termine a quo per la decorrenza del
termine massimo di durata del procedimento nella "data di deposito della domanda di
mediazione"; in tal modo gli effetti della domanda di mediazione vengono collegati al mero
deposito della relativa istanza, diversamente da quanto è stabilito dall'art. 4, primo comma, e
dall'art. 5, sesto comma, che invece, come detto, riconnettono la rilevanza della medesima
domanda alla sua comunicazione. Per garantire maggiore trasparenza al procedimento ed in
un'ottica di semplificazione normativa, sarebbe auspicabile una disciplina unitaria in ordine al
termine di decorrenza di tutti gli effetti derivanti dalla presentazione della domanda di
mediazione.
Per quanto concerne l'art. 7, deve osservarsi che la sottrazione "del periodo di cui
all'art. 6" dal computo del termine oltre il quale il processo è da considerarsi irragionevole, ai
sensi della Legge 24 marzo 2001, n. 89, è in contraddizione con la previsione contenuta nel
primo comma dell'art. 5. Se, infatti, la mediazione è condizione di procedibilità della
domanda giudiziale, l'arco temporale necessario per il suo espletamento deve
obbligatoriamente rientrare nel calcolo imposto dalla legge in tema di equa riparazione,
costituendo il procedimento per la conciliazione un passaggio indispensabile per
l'ottenimento della pronuncia giurisdizionale sulla domanda proposta.
Non sfugge che i "tempi" della mediazione dipendono da un terzo, che non esercita
funzioni giurisdizionali; tuttavia il giudice, una volta investito della controversia ed accertato
il mancato espletamento del tentativo di conciliazione, è tenuto a rinviare la causa di almeno
quattro mesi, il che non può che incidere sulla ragionevole durata del processo. E' evidente
che il ragionamento svolto non può condurre a conclusioni diverse a seconda che il tentativo
di conciliazione sia stato regolarmente espletato prima della proposizione della domanda
giudiziale ovvero che ciò non sia avvenuto, atteso che in entrambi i casi la mediazione si pone
come condizione di procedibilità.
L'art. 8 dello schema di decreto legislativo si occupa del "Procedimento". Tale
disposizione trascura alcuni aspetti che meriterebbero apposita previsione legislativa, al fine
di garantire l'efficacia della mediazione.
11
Invero, risulta indispensabile che la norma primaria precisi che la scelta del mediatore
ad opera del responsabile dell'organismo di conciliazione avvenga in ragione delle sue
specifiche competenze sulla materia oggetto di controversia e secondo criteri oggettivi e
predeterminati, in maniera tale da consentire alle parti di nutrire piena fiducia nel mediatore.
Del pari, dovrebbero essere indicate specificamente quali siano le condizioni in presenza delle
quali possono essere nominati i mediatori ausiliari, dei quali, peraltro, non è definito neanche
il ruolo all'interno del procedimento; per cui non si comprende, ad esempio, se in caso di
dissenso di uno o più mediatori ausiliari rispetto alle scelte operative o decisionali del
mediatore, tale dissenso possa essere manifestato ed in che termini incida sulla procedura in
corso. In ogni caso, la possibilità di designare i mediatori ausiliari dovrebbe essere legata al
consenso delle parti.
In relazione alla previsione contenuta nel secondo comma, pur condividendosi la
scelta legislativa di non strutturare in maniera rigida il procedimento di mediazione, sembra
tuttavia opportuno che il decreto legislativo preveda, quantomeno, le conseguenze
dell'assenza ingiustificata delle parti quando la stessa sia stata richiesta dal mediatore o
riconnetta a comportamenti ostruzionistici delle stesse effetti sul procedimento di mediazione
in corso.
Con riguardo, da ultimo, alla disposizione del sesto comma, desta qualche
preoccupazione il rinvio al "regolamento di procedura" per l'individuazione delle modalità di
calcolo e liquidazione dei compensi spettanti gli esperti. Invero, la possibilità di nominare
esperti - funzionale all'efficace definizione della mediazione - corre il rischio di determinare,
non solo una dilatazione dei tempi ma, soprattutto, un notevole aumento dei costi della
conciliazione, in ordine all'entità dei quali il decreto legislativo non fornisce alcuna
indicazione. Proprio i costi della mediazione potrebbero costituire un oggettiva remora per gli
interessati a ricorrere ad essa ed integrare un ostacolo all'accesso alla giustizia - laddove la
mediazione è obbligatoria - di difficile compatibilità costituzionale.
6. L'art. 9, rubricato "Dovere di riservatezza", disciplina i doveri di riservatezza che
incombono su coloro i quali svolgono la loro attività professionale o lavorativa presso
l'organismo di conciliazione, in ordine alle dichiarazioni ed alle informazioni comunque
acquisite nel corso della mediazione.
La previsione generale del dovere di riservatezza - indispensabile per favorire la
diffusione della mediazione facilitativa - comporta di per sé la superfluità del dovere di non
rivelazione alle parti dei contenuti di dichiarazioni ed informazioni resi al mediatore in
assenza dell'altra parte. Risulta, in ogni caso, necessario che il legislatore preveda che la
manifestazione del consenso alla diffusione delle dichiarazioni e delle informazioni acquisite
dal mediatore avvenga in forma scritta, al fine di evitare il sorgere di inutile conflittualità ed
anche per non esporre il mediatore a responsabilità nel caso di utilizzo dell'informazione
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riservata in sede di conciliazione o nel procedimento giurisdizionale eventualmente instaurato
a seguito dell'insuccesso della mediazione.
L'opportunità di un intervento legislativo sul punto è ancor più evidente alla luce
dell'art. 10, rubricato "Inutilizzabilità e segreto professionale". Tale norma trova
fondamento proprio nella natura facilitativa della mediazione ed in tale prospettiva se ne
giustifica l'introduzione. Non è chiaro, tuttavia, se essa riguardi anche quelle dichiarazioni e
quelle informazioni refluite nel procedimento di mediazione, per le quali la parte abbia
esonerato dalla riservatezza il mediatore. In tal senso si auspica, quindi, una maggiore
chiarezza della scelta legislativa.
I criteri di riserbo e di segretezza di cui agli articoli 9 e 10 sono funzionali a garantire
il buon esito della mediazione, atteso che il relativo procedimento ha caratteristiche
ontologiche del tutto distinte dal processo giurisdizionale. La stessa relazione illustrativa,
d'altra parte, pone più volte l'accento sulle peculiarità strutturali della mediazione, in virtù
delle quali è consentito, ad esempio, al mediatore, di incontrare anche separatamente le parti.
Tutto ciò impone, tuttavia, che si tenga conto della natura facilitativa della mediazione
anche in sede di disciplina delle conseguenze, processuali e non, scaturenti dal mancato
raggiungimento dell'accordo. Allo stato, per quanto si evidenzierà compiutamente nel
commento degli articoli 11 e 13, non appare che il legislatore delegato abbia adeguatamente
considerato i legami esistenti tra gli imposti doveri di riservatezza ed i possibili esiti della
mediazione.
L'art. 11 dello schema in esame regolamenta la fase conclusiva del procedimento di
mediazione. La norma in commento, per come formulata, pone una serie di questioni
interpretative e di coerenza sistematica di non scarso rilievo.
Sotto un primo aspetto, deve evidenziarsi che il primo comma dell'art. 11, letto
congiuntamente alle disposizioni contenute nei precedenti artt. 8, 9 e 10, esplicita in maniera
piuttosto chiara la scelta del legislatore in favore della cosiddetta mediazione facilitativa.
Invero, al mediatore spetta, anche tramite incontri separati con le parti, cercare di
trovare un accordo, che tenga conto si dell'oggetto della domanda, ma anche del complessivo
assetto degli interessi alle stessi facenti capo. Come affermato nella relazione "Il mediatore
non è, a differenza del giudice, vincolato strettamente al principio della domanda e può
trovare soluzioni della controversia che guardano al complessivo rapporto tra le parti. Il
mediatore non si limita a regolare questioni passate, guardando piuttosto a una ridefinizione
della relazione intersoggettiva in prospettiva futura". Nella medesima relazione è pure
sottolineato, sub art. 11, che il mediatore assume la "veste di facilitatore di un accordo
amichevole tra le parti. Il raggiungimento di un accordo amichevole è fortemente stimolato
dal decreto, che intende promuovere la composizione bonaria, non basata sul modello
avversariale. Anche in questo caso ci troviamo davanti a una conciliazione, i cui contenuti
non scaturiscono tuttavia da una proposta conciliativa espressa. Il mediatore si limita perciò
a formare processo verbale dell'avvenuto accordo".
13
Ebbene, proprio la caratterizzazione della funzione del mediatore non sembra
consentirgli di formulare una proposta, nel caso in cui le parti non abbiano raggiunto un
accordo. Infatti, il mediatore ha la facoltà di sentire le parti anche separatamente, al fine, come
si è detto, di poter favorire un accordo complessivo tra gli interessati, i quali dovrebbero avere
l'agio di esplicitargli riservatamente tutte le ragioni del contrasto, pur se non strettamente
legate all'oggetto della domanda. È, d'altronde, per tale motivo che gli artt. 9 e 10 impongono
al mediatore il dovere di riservatezza nei confronti sia delle altre parti sia della stessa autorità
giudiziaria, tanto che egli, come affermato nella relazione illustrativa, non può rivelare quanto
appreso nelle sessioni separate e non può "trasfondere le informazioni nella proposta o nel
verbale che chiudono la mediazione", a meno che non sia stato a ciò autorizzato.
Pertanto, è incoerente con la funzione facilitativa del procedimento in esame che il
mediatore possa formulare una proposta, nell'articolare la quale egli non può non tenere conto
di elementi conoscitivi potenzialmente sottratti al pieno contraddittorio tra le parti, perché
acquisiti nel corso delle sessioni separate. E' inevitabile, infatti, che egli fondi la propria
ipotesi di accordo alla luce di tutte le emergenze procedimentali, che, tuttavia, potrebbero
addirittura risultare incomprensibili alle parti, giacché sottratte alla loro conoscenza. A ciò si
aggiunga che, secondo quanto previsto dal successivo art. 13, della proposta formulata dal
mediatore deve tenere conto il giudice successivamente investito della questione, benché
anche a lui sia negata la piena conoscenza di tutte le circostanze poste a suo fondamento, le
quali potrebbero anche essere estranee al ristretto thema decidendum in ragione della natura
facilitativa della mediazione.
La proposta conciliativa dovrebbe essere normativamente prevista solo quando siano
le parti stesse a chiederla ed in tal caso il mediatore dovrebbe essere da loro autorizzato a
rendere noto quanto acquisito nel corso delle sessioni separate.
7. Sotto diverso aspetto, deve poi evidenziarsi che, a norma del terzo comma dell'art.
11, il mediatore redige un verbale, nel quale dà atto della conclusione dell'accordo o del suo
mancato raggiungimento e certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro
impossibilità di sottoscrivere.
Vengono così riconosciuti al mediatore i poteri certificativi propri del pubblico
ufficiale, benché egli tale non sia qualificato né dalla legge delega né dallo schema di decreto
legislativo in esame; l'attribuzione di siffatti poteri, oltre a determinare rilevanti conseguenze
anche sul piano della responsabilità penale del mediatore, imporrebbe quanto meno l'attenta
verifica dei titolo professionali dei mediatori e della loro affidabilità tecnica, aspetti sui quali
l'atto normativo in esame non si sofferma affatto.
L'art. 12 dello schema si occupa dell'efficacia esecutiva del verbale di
conciliazione. Tale previsione è funzionale a garantire la diffusione del ricorso alla
mediazione, giacché consente di evitare che essa venga ritenuta un'alternativa meno utile
14
rispetto al procedimento giudiziario, cosa che accadrebbe se, ad esempio, l'esecuzione
dell'accordo raggiunto fosse rimessa alla buona volontà delle parti.
Appare utile che il legislatore precisi se ed in che limiti il verbale omologato possa
essere impugnato innanzi all'autorità giudiziaria, specificandone anche termini e modalità.
Inoltre, considerato che l'efficacia esecutiva del verbale ai fini dell'esecuzione in
forma specifica può riguardare, nell'attuale formulazione della norma, qualunque controversia
in materia immobiliare nell'ambito delle indicazioni contenute nel primo comma dell'articolo
5, ivi comprese costituzioni, modificazioni e trasferimenti del diritto di proprietà o di altri
diritti reali e che l'articolo 474 c.p.c., anche dopo gli ampliamenti introdotti dalla riforma del
2006, richiede sempre che il contratto sia stipulato in forma di atto pubblico o quantomeno di
scrittura privata autenticata, ne consegue che l'accordo conciliativo può fornire tutela
esecutiva solo se esso sia passato attraverso l'intervento del pubblico ufficiale competente in
materia (che, nel nostro ordinamento, è il notaio), per evidente scopo di garanzia, affidabilità
e sicurezza del documento tra le parti e nei confronti di terzi .
D'altra parte, l'omologazione del verbale da parte del tribunale, prescritta dal primo
comma dello stesso articolo 12 dello schema di d.lgs., concretandosi nel mero accertamento
della sua "regolarità formale", non attenua la valenza in linea di principio e l'importanza
pratica degli effetti che conseguono alla "certificazione" effettuata dal mediatore, privo di
qualsiasi qualificazione professionale e, a maggior ragione, di quella di "pubblico ufficiale".
L'art. 13 del decreto legislativo disciplina l'incidenza del procedimento di mediazione
sulle spese processuali del giudizio intrapreso a seguito del mancato raggiungimento
dell'accordo conciliativo. Invero, il giudice è obbligato, nella liquidazione delle spese di
giustizia, a tener conto dell'esito infausto della mediazione, benché il relativo procedimento
possa essere stato incentrato su questioni più ampie rispetto a quelle oggetto di giudizio,
attesa la natura facilitativa della mediazione; inoltre, in ragione del dovere di riservatezza, il
giudice potrebbe non avere piena conoscenza degli elementi e delle ragioni che hanno
condotto alla proposta di mediazione, come maturate anche nel corso delle sessioni d'incontro
separate.
Pertanto, appare incoerente con la disciplina processuale dettata dal codice di rito
imporre al giudice una decisione sulla spese derivante da circostanze potenzialmente estranee
all'oggetto del giudizio, inerenti fatti dei quali egli può legittimamente non essere a
conoscenza.
Giova ricordare che già nel parere espresso dal C.S.M. sul disegno di legge delega,
con riferimento proprio alle spese del giudizio, era suggerito di consentire "al giudice di
valutare, al termine della causa, la ragionevolezza e la giustificabilità del rifiuto da parte del
vincitore della causa di procedere ad un tentativo di risoluzione alternativa, con le necessarie
conseguenze in termini di spese del giudizio; non si dovrà trattare di una conseguenza
automatica ma di una valutazione caso per caso, basata sul comportamento delle parti nella
causa e sulla obiettiva incertezza del caso".
15
Tali valutazioni consiliari erano espresse prima che il legislatore optasse per il modulo
della mediazione facilitativa, scelta che ancor più sembra imporre una diversa disciplina delle
spese processuali, alla luce delle considerazioni sopra svolte.
8. L'art. 14 dello schema di decreto legislativo definisce gli obblighi del mediatore e
dei suoi ausiliari, "finalizzati ad assicurarne la terzietà ed il rispetto dei vincoli anche
latamente disciplinari", secondo quanto si legge nelle relazione illustrativa.
La ratio è quella di garantire con la disposizione in esame la terzietà del mediatore. La
sola previsione degli obblighi sopra riportati non appare, tuttavia, idonea ad assicurare
l'imparzialità del mediatore. Sembra, invero, opportuno che la norma sia integrata mediante
l'inserimento di casi specifici di incompatibilità del mediatore, sul modello di quelli previsti
dall'art. 51 c.p.c..
Inoltre, è indispensabile che il legislatore delegato individui precise sanzioni, di tipo
procedimentale, funzionale o soggettive riferite alla persona del mediatore, da collegare alla
violazione degli obblighi di imparzialità.
Al fine, poi, di garantire che il procedimento in oggetto si svolga sotto la direzione di
professionisti dotati di sufficiente preparazione tecnica, sembra indispensabile prevedere
accuratamente i requisiti richiesti per svolgere l'attività di mediatore, differenziandoli a
seconda dell'oggetto della controversia, in modo tale da poter poi ricollegare alla mancanza di
essi l'obbligo di astensione in capo al mediatore.
Sembra opportuno, poi, prevedere che il mediatore, in caso di mancato
raggiungimento della conciliazione, non possa svolgere nel successivo procedimento
giurisdizionale attività difensiva, né di consulenza.
Il terzo comma della norma introduce la possibilità che il mediatore sia sostituito a
seguito di istanza di parte. La mancata previsione di casi specifici in cui la sostituzione può
essere richiesta o può essere disposta determina l'effetto di minare l'autorevolezza del
mediatore, condizionando la stessa legittimazione del mediatore ad esercitare la sua funzione
all'assenza di richieste di sostituzione provenienti anche solo da una delle parti. Inoltre non
risulta indicato il termine entro il quale l'istanza de qua può essere formulata, con la
conseguenza che la sostituzione potrebbe essere domandata ed effettuata anche nella fase
conclusiva del procedimento, il che vanificherebbe tutte le attività fino ad allora svolte.
Sotto diverso aspetto, sembra utile che la norma detti regole unitarie anche per la
sostituzione del responsabile dell'organismo, senza limitarsi ad operare un rinvio alle
disposizioni all'uopo contenute nei singoli regolamenti, così come risulta stabilito.
9. L'art. 15, rubricato "Mediazione nell'azione di classe", prevede che, nel caso di
esercizio dell'azione di classe di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 e
successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per
16
l'adesione, abbia effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente
consentito.
La formulazione di tale disposizione è poco chiara; essa appare riprodurre in maniera
meno leggibile l'art 140 bis, comma 15, d.lgs. n. 206/2005, con l'effetto di costituire una
previsione superflua. È, inoltre, idoneo a generare difficoltà interpretative l'uso del termine
"mediazione" in rubrica e del termine "conciliazione" nel corpo della disposizione.
Si auspica, quindi, un intervento chiarificatore del legislatore delegato.
10. L 'art. 16, rubricato "Organismi di conciliazione e registro. Albo dei formatori",
disciplina la costituzione degli organismi deputati alla mediazione.
Tale previsione non appare idonea a garantire la necessaria adeguata professionalità e
la serietà degli organismi di conciliazione. Sotto un primo aspetto, non sfugge che il primo
comma consente che la costituzione avvenga indifferentemente ad opera di enti pubblici o enti
privati, senza specificare quale debba essere la natura di tali enti. La genericità della
previsione consentirà a qualsiasi ente, indipendentemente dall'oggetto, lo scopo e l'ambito
territoriale di operatività, di procedere a detta costituzione.
L'unica prescrizione di carattere "soggettivo" imposta dal legislatore delegato riguarda
le "garanzie di serietà ed efficienza", che l'ente costituente è tenuto a rendere. In proposito si
osserva che trattasi di requisito già di per sé di difficile verifica, a maggior ragione in
mancanza di indicazioni in ordine alla natura, lo scopo, l'attività e l'ambito di operatività
dell'ente.
Nulla è, poi, detto con riguardo ai requisiti degli organismi che vengono costituiti,
all'ambito delle loro competenze, al numero dei mediatori chiamati a comporli nonché al
livello di formazione o di specializzazione richiesto per quest'ultimi. È previsto solo che gli
organismi siano inscritti nel registro disciplinato dal secondo comma della medesima norma.
Si tratta di omissioni non condivisibili, perché è proprio sull'adeguatezza professionale degli
organismi di mediazione che può fondarsi la rapida diffusione della cultura della
conciliazione, per garantire la quale è necessaria una disciplina rigorosa soprattutto in tema di
requisiti per l'iscrizione del registro, a maggior ragione alla luce della scelta del legislatore
delegato di rendere obbligatoria la mediazione per la gran parte dei processi civili.
Conseguentemente non può condividersi neanche l'opzione legislativa, esplicitata nel
secondo comma, in base alla quale viene attribuito a fonte di rango secondario il compito di
specificare tutti gli aspetti inerenti la disciplina del registro degli organismi di conciliazione,
giacché tali aspetti non sono affatto marginali per l'efficiente riuscita della mediazione.
Il comma terzo prescrive, poi, che l'organismo di mediazione depositi, insieme alla
domanda di iscrizione, il proprio regolamento, il quale deve prevedere le procedure
telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da assicurare la sicurezza delle
comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati; al regolamento devono essere allegate le
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tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per
l'approvazione a norma dell'articolo 17.
Non è previsto che i regolamenti contengano disposizioni in tema di: durata in carica
dei mediatori, requisiti per lo svolgimento dell'attività, meccanismi di verifica
dell'indipendenza, ipotesi di incompatibilità o ancora requisiti minimi di professionalità e
specializzazione. La mancata garanzia di livelli minimi di specializzazione e di
professionalità, anche con specifico riferimento al metodo della mediazione, ovvero di
imparzialità ha l'effetto di svilire la figura del mediatore e non contribuisce all'efficienza ed
all'efficacia della mediazione.
Quanto fino ad ora considerato va ribadito anche con riguardo alla previsione del
quinto comma della norma, atteso che pure per "l'albo dei formatori per la mediazione" ogni
scelta viene rimessa al Ministro della Giustizia, senza che la norma primaria fornisca un
nucleo di regole minime ed indispensabile a garantire la professionalità e la serietà dei
formatori. A ciò si aggiunga che la legge delega non si occupava dei "formatori", di talché
sotto tale aspetto è prospettabile un eccesso di delega da parte del legislatore delegato.
11. L'art. 17, rubricato "Regime fiscale. Indennità", disciplina il regime fiscale del
procedimento di mediazione e l'ammontare delle indennità dovute al mediatore.
La norma condivisibilmente detta una serie di misure dirette ad agevolare il ricorso
alla mediazione; tuttavia occorre aver ben presente che le stesse potrebbero agevolare l'uso
strumentale del tentativo di conciliazione. Invero, la previsione in base al quale "il verbale di
accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore (catastale) di 51.646"
origina il rischio che la mediazione possa essere utilizzata per effettuare trasferimenti
immobiliari a costo fiscale zero; le parti potrebbero dar vita ad una fittizia controversia per
inadempimento di contratto preliminare di compravendita (funzionale all'attivazione del
rimedio previsto dall'art. 2932 c.c.) e ricorrere alla conciliazione per trascrivere il relativo
verbale senza sostenere gli ordinari oneri fiscali dovuti in caso di regolare stipula del contratto
definitivo.
12. Si evidenzia, inoltre, che l'attribuzione di maggiorazioni delle indennità in caso di
esito favorevole della mediazione (quarto comma, lett. c) potrebbe originare una pericolosa
cointeressenza del mediatore alla conciliazione, così da pregiudicarne la terzietà.
Non si giustifica, poi, in alcuna prospettiva la l'introduzione di un binario diversificato
per le indennità spettanti agli organismi pubblici e per quelle, invece, da riconoscersi agli
organismi costituiti da enti privati.
Desta, altresì, qualche perplessità la previsione del potere di autenticazione della firma
in capo al mediatore, al quale viene così riconosciuto il ruolo proprio del pubblico ufficiale,
benché, come già detto, il decreto legislativo non qualifichi tale il mediatore.
18
Merita particolare attenzione la previsione di inammissibilità contenuta nel quarto
comma, giacché di essa non vi è traccia nella legge delega e, in ogni caso, non appare
conforme al dettato costituzionale collegare alla mancata presentazione della documentazione
necessaria per provare la ricorrenza delle condizioni per l'accesso al patrocinio a spese dello
Stato la suddetta sanzione di inammissibilità della domanda di conciliazione.
La disposizione del quinto comma non appare condivisibile, perché introduce
surrettiziamente un'imposta, esonerando lo Stato dall'obbligo di sostenere le spese dei meno
abbienti. Infine deve ribadirsi che particolare attenzione deve essere dedicata al tema delle
indennità, giacché la loro entità, in ordine alla quale la norma primaria non fornisce
indicazioni sufficienti, potrebbe scoraggiare l'accesso alla mediazione e, laddove essa è
obbligatoria, tradursi in ostacolo all'accesso alla giustizia.
Gli artt. 18 e 19, rubricati rispettivamente "Organismi presso i tribunali" ed
"Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio",
danno attuazione alle previsioni contenute nell'art. 60, terzo comma, lett. e) e g) della legge
delega. L'art. 18 stabilisce che i consigli degli ordini forensi possono costituire organismi, da
iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a
disposizione dal Presidente del tribunale. L'art. 19 detta disposizione analoga per gli altri
ordini professionali, prevedendo che gli organismi di conciliazione istituiti presso i consigli
degli ordini professionali e presso le camere di commercio siano iscritti nel registro a
semplice domanda; per l'istituzione di detti organismi è necessaria, altresì, l'autorizzazione
del Ministro della Giustizia e la stessa non può comportare oneri a carico dello Stato.
Le due norme in commento prevedono un regime d'iscrizione agevolato per gli
organismi di conciliazione da esse delineati, il che evidenzia ancora la necessità che il
legislatore delegato introduce requisiti rigorosi per la costituzione degli organismi di
conciliazione.
L'art. 20 fissa la disciplina in tema di credito d'imposta, mentre l'art. 21 detta
particolari disposizioni per favorire la divulgazione di informazioni sul procedimento di
mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.
13. Si segnala l'abrogazione degli artt. 38, 39 e 40 del d.lgs. n. 5/2003, in tema di
conciliazione societaria, contenuta nell'art. 23, il quale, per una maggiore chiarezza del testo
normativo, sarebbe opportuno che specificasse anche quale sia la sorte degli organismi ai
quali è attualmente devoluta tale conciliazione.
Inoltre l'art. 24, nel dettare la disciplina transitoria, stabilisce che la mediazione
obbligatoria si applicherà ai processi instaurati dopo diciotto mesi dalla data in cui il decreto
legislativo entrerà in vigore. Si segnala l'opportunità che tale previsione sia integrata con un
riferimento temporale anche ai decreti che il Ministro della Giustizia è tenuto ad adottare a
norma degli artt. 16 e 17, trattandosi di atti normativi imprescindibili per il corretto
funzionamento della mediazione obbligatoria.».
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Fonte: www.csm.it
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista
Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito.
Aggiornamenti sulla mediazione sul sito dell'Avv. Giuseppe Briganti
La Guida sulla mediazione civile e commerciale di Iusreporter.it
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità
Conciliazione: le modifiche dell'avvocatura al decreto delegato del governo
Niente nullità del contratto ma illecito disciplinare per il legale che non avvisa l'assistito sulla possibilità di conciliare, proposta di conciliazione del mediatore solo se entrambe le parti sono d'accordo. Il CNF suggerisce anche di optare per il regime ordinario sulle spese processuali.
Il comunicato del CNF del 2/11/2009
<< Alcuni aspetti da condividere, alcune disposizioni da ripensare e altre ancora da modificare radicalmente. Il Consiglio nazionale forense ha inviato oggi alle commissioni parlamentari competenti un documento che contiene le osservazioni allo schema di decreto legislativo di attuazione della delega sulla mediazione e conciliazione (legge 69/2009), approvato mercoledì scorso dal consiglio dei ministri su proposta del ministero della giustizia.
La lettera del presidente Alpa. Le osservazioni, messe a punto dalla commissione per lo studio della riforma del processo civile e approvate dal plenum del Cnf nella seduta del 30 ottobre, si pongono come un contributo per migliorare un testo che comunque il Cnf ha accolto con favore visto che, ha ricordato il presidente Guido Alpa nella lettera di accompagnamento, da vari anni promuove la cultura delle Adr. Non solo. Alpa ha ricordato le modalità attraverso cui si è articolato nel tempo l'impegno del Cnf nella materia: promuovendo l'affidamento agli Ordini forensi delle attività di mediazione e conciliazione, "nella considerazione che l'Avvocatura sia la categoria professionale più appropriata per lo svolgimento di queste funzioni, per competenza, esperienza, autorevolezza"; organizzando una rete di coordinamento degli Organismi di conciliazione forense per far sì che le problematiche emerse negli anni passati e quelle che emergeranno dall'applicazione della futura normativa vengano risolte in quadro unitario.
E ancora. Per favorire l'applicazione delle nuove norme, Alpa ha annunciato che il Cnf sta predisponendo un modello di regolamento per i profili procedimentali e quelli deontologici relativi alle attività di mediazione e conciliazione; e che infine è impegnato ad approfondire i temi connessi all'organizzazione di tali attività (gestione delle pratiche, operazioni di segreteria e così via), nonché nella promozione e nella realizzazione, per il tramite della Scuola Superiore dell'Avvocatura, degli idonei programmi formativi dei conciliatori.
Le osservazioni al testo. Le osservazioni sono state approvate dal plenum del Cnf nella seduta del 30 ottobre e si articolano su tre piani. Innanzitutto, vi sono quelle che suggeriscono "modifiche radicali" al testo. In questa direzione vanno quelle che evidenziano la necessità di escludere la nullità del contratto tra legale e assistito come sanzione dell'omessa avvertenza da parte del primo della possibilità di conciliare. "L'utilizzo della categoria della nullità", si legge nel documento, "non è in linea con la figure di patologia del contratto che le norme generali colpiscono con tale sanzione". Piuttosto, suggerisce il Cnf si potrebbe profilare a carico del legale un illecito disciplinare e comunque prevedere che l'obbligo di informazione scatti prima della proposizione della domanda giudiziale e non in occasione del primo incontro con l'assistito.
Dubbi sulla efficacia sono manifestati anche in ordine all'articolo 11 che prevede l'obbligo per i mediatori di formulare una proposta di conciliazione in assenza di accordo tra le parti, alla quale ricondurre gli effetti sulle spese processuali: "tale sistema rischia di mettere in crisi il concetto stesso di mediazione e preclude possibili esiti positivi della stessa". La proposta alternativa è quella di ancorare rigorosamente la proposta di conciliazione da parte del mediatore "a una richiesta concorde delle parti".
Non convincono gli avvocati altre due previsioni del dlgs: la norma (articolo 4 comma tre) che prevede che il tentativo di conciliazione possa inserirsi nel corso del procedimento giudiziale in qualsiasi momento, "provocando rallentamenti dello stesso e possibili lesioni al diritto delle parti ad una tutela celere ed effettiva"; e quella che (comma 7) prevede il tentativo di conciliazione obbligatoria nei procedimenti davanti agli arbitri, "già procedimenti privati, per loro natura celeri e dotati di attitudine alla conciliazione".
Tra le norme da ripensare quella sulle spese processuali (articolo 3) e quella sulle controversie sottoposte alla conciliazione obbligatoria (articolo 5). In ordine alla prima, il Cnf preferirebbe richiamare semplicemente la disciplina ordinaria sulle spese processuali (articolo 91 cpc) come modificata in via generale dalla legge 69/2009: e cioé condanna alle spese per la parte che ha rifiutato senza gisti motivo la proposta di conciliazione. Quanto alla seconda, il Cnf riscontra una certa disomogeneità tra le controversie annoverate, scelta parametrata non "sulle caratteristiche intrinseche della lite", cioè in base alla probabilità del risultato conciliativo.
"Sono invece da condividere le disposizioni che prevedono la istituzione di organismi di conciliazione, quelle che disciplinano il procedimento, i doveri e gli obblighi dei mediatori, l'efficacia della conciliazione". >>
Estratto dal verbale della Commissione per lo studio e le riforme del codice di procedura civile del 29 ottobre 2009, approvato dal Cnf nella seduta amministrativa del 30 ottobre 2009
« - Omissis-
L'articolato presenta aspetti da condividere e profili che sembrano necessitare ulteriori riflessioni.
Sono da condividere le disposizioni che prevedono l'istituzione di organismi per lo svolgimento della mediazione, nonché quelle che disciplinano il procedimento, i doveri e gli obblighi dei mediatori, l'efficacia della conciliazione e così via (capo III della bozza in esame)
Alcune norme, al contrario, abbisognano di essere chiarite o appaiono superflue. Così, ad esempio, circa la disciplina transitoria, è necessario mettere a fuoco i rapporti tra gli organismi di conciliazione per le controversie societarie e quelli di nuova istituzione (art. 23); appare, poi, inopportuna la previsione specifica in materia di mediazione di classe, in quanto la soluzione è già ricavabile dalle previsioni dell'art. 140-bis del codice del consumo (art. 15).
Altre disposizioni, invece, debbono essere ripensate in quanto non sono chiari i criteri informatori delle stesse. Si pensi, ad esempio, alla previsione delle controversie sottoposte alla conciliazione obbligatoria di cui all'art. 5, la cui individuazione presenta caratteri di contraddittorietà e di irragionevolezza in quanto non parametrata sulle caratteristiche intrinseche della lite, da ritenersi, al contrario, privilegiate ai fini della conciliazione; od anche all'art. 13 in tema di spese processuali, di cui si propone la soppressione e la sostituzione con una norma di rinvio alle disposizioni del codice di rito, come modificate dalla legge n. 69/2009 con particolare riferimento all'art. 91, comma 1, seconda parte c.p.c.
Va, poi, evidenziato con nettezza che vi sono disposizioni che richiedono modifiche radicali, perchè non in linea con i principi generali. Tra queste si segnalano:
a) l'art. 4, comma 3 il quale sanziona con la nullità il contratto concluso tra il professionista e l'assistito per il caso in cui manchi l'informazione preventiva e per iscritto circa la possibilità di ricorrere alla mediazione, l'utilizzo della categoria della nullità, infatti, non è in linea con le figure di patologia del contratto che le norme generali colpiscono con tale sanzione (da segnalare anche, su questo tema l'opportunità di prevedere l'obbligo di informazione prima della proposizione della domanda giudiziale e non in occasione del primo incontro con l'assistito);
b) il combinato disposto degli articoli 4 e 5, comma 6 che sembra individuare una disciplina non coerente circa la determinazione della litispendenza e la produzione degli effetti sostanziali della domanda; è da auspicare a tale riguardo un sistema che ne rimetta la produzione alla parte prescindendo dall'attività e, dunque, dall'eventuale inerzia di terzi;
c) l'art. 11 laddove prevede l'obbligo per i mediatori di formulare una proposta di conciliazione alla cui mancata adesione sono ricollegati gli effetti di cui all'art. 13 in assenza di accordo delle parti; tale sistema rischia di mettere in crisi il concetto stesso di mediazione e preclude possibili esiti positivi della stessa, per cui la proposta è da ancorare rigorosamente ad una richiesta concorde di tutte le parti interessate;
d) in ordine ai procedimenti esclusi dall'obbligo di mediazione, l'art. 4, comma 3 deve essere razionalizzato, escludendo che il tentativo di conciliazione possa inserirsi nel corso del procedimento provocando rallentamenti dello stesso e possibili lesioni al diritto delle parti ad una tutela celere ed effettiva;
e) deve essere soppresso l'art. 4, comma 7, laddove prevede il tentativo di conciliazione obbligatoria nei procedimenti davanti agli arbitri; a tacer d'altro, tale disposizione è incompatibile con la natura e la funzione del giudizio arbitrale come forma di giurisdizione privata scelta dalle parti per la risoluzione delle loro controversie.
Si rinvia, per le singole proposte di modifica, alla tabella sinottica di seguito riportata».
Omissis |
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Art. 4 (Accesso alla mediazione)
1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si volge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione.
2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa.
3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 1, l'avvocato è tenuto, nel primo colloquio con l’assistito, a informarlo della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto, a pena di nullità del contratto concluso con l’assistito. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.
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Art. 4 (Accesso alla mediazione)
Non è chiaro il momento di produzione della litispendenza: deposito di produzione dell’istanza ovvero comunicazione alla controparte.
-omissis-
3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 1, l’avvocato è tenuto, prima di promuovere il giudizio, a informarlo della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. L’omissione dell’informazione costituisce per l’avvocato illecito disciplinare.
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Art. 5 (Condizione di procedibilità e altri rapporti con il processo)
1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari deve esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, nel primo atto difensivo tempestivamente depositato e può essere rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6, comma 1. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, e dal titolo X del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209. 2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto stabilito dai commi 3 e 4, il giudice, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può in qualunque momento invitare le parti con ordinanza a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6, comma 1 e, quando la mediazione non è stata esperita, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari.
4. I commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; e) nei procedimenti in camera di consiglio; f) nell’azione civile esercitata nel processo penale.
5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto stabilito dai commi 3 e 4, se il contratto ovvero lo statuto della società prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa,
6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell'organismo.
7. Le disposizioni che precedono si applicano anche ai procedimenti davanti agli arbitri, in quanto compatibili. |
Art. 5 (Condizione di procedibilità e altri rapporti con il processo)
Catalogo troppo disomogeneo. Occorrerebbe selezionare in base alla probabilità del risultato conciliativo. Di conseguenza appare illogica l’esclusione di talune ipotesi (cessione d’azienda ove si contempla l’affitto; soltanto talune forme di responsabilità) e l’inclusione di altri (patti di famiglia)
2 bis. Anche nel caso di conciliazione facoltativa, il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6, comma 1.
3. Il procedimento di mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti interinali e cautelari né la trascrizione della domanda giudiziale.
(La sostituzione del termine urgenti è opportuna viste le difficoltà interpretative che la locuzione ha già creato. L’utilizzo dell’espressione «interinali» oltretutto ha un ambito di applicazione più esteso. La previsione della trascrizione delle domande giudiziali appare fondamentale visti i delicati problemi di coordinamento tra le due discipline)
4. I commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, c) nei procedimenti possessori, e) nei procedimenti in camera di consiglio e nei procedimenti sommari di cui agli articoli 702-bis e ss. ;
5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto stabilito dai commi 3 e 4, se il contratto ovvero lo statuto della società prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa,
Particolarmente criticabile il risultato di far dipendere gli effetti sostanziali della domanda dall’attività di un terzo.
Si tratta di procedimento privato, per sua natura celere e dotato di attitudine alla conciliazione.
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Art. 6 (Durata)
1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi. 2. Il termine decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa nelle ipotesi di cui all’articolo 5.
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Va inteso come termine ordinatorio. Può servire soltanto ai fini della responsabilizzazione dell’Ente.
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Art. 7 (Effetti sulla ragionevole durata del processo)
1. Il periodo di cui all’articolo 6 non si computa ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.
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Art. 7 (Effetti sulla ragionevole durata del processo)
1. Salvo che nei casi di conciliazione obbligatoria, il periodo di cui all’articolo 6 non si computa ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.
(Non sembra possibile estendere la soluzione alla conciliazione obbligatoria) |
Art. 8 (Procedimento)
1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda, dandone immediata comunicazione all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo nomina uno o più mediatori ausiliari.
2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione.
3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia.
4. Ove non possa procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. |
Omissis
Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari.
(L’esigenza non è necessariamente presente)
Ridondante
Omissis |
Omissis |
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Art. 10 (Inutilizzabilità e segreto professionale)
1. Salvo diverso accordo delle parti, le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato o riassunto a séguito dell'insuccesso della mediazione. Sulle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale.
Omissis
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Art. 10 (Inutilizzabilità e segreto professionale)
1. Salvo diverso accordo delle parti, le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato o proseguito a séguito dell'insuccesso della mediazione. Sulle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale.
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Art. 11 (Conciliazione)
1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo, sottoscritto dalle parti. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore formula una proposta di conciliazione dopo averle informate delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.
2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata.
3. Se tutte le parti aderiscono alla proposta, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.
4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta e delle ragioni del mancato accordo; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. Omissis |
Art.11 (Conciliazione)
1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo, sottoscritto dalle parti. Quando l’accordo non è raggiunto, ove tutte le parti ne facciano richiesta, il mediatore formula una proposta di conciliazione dopo averle informate delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13.
Omissis
Omissis
4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della eventuale proposta e delle ragioni del mancato accordo; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.
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Art. 12 (Efficacia esecutiva ed esecuzione)
1. Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, previo accertamento della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/Ce, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione.
Omissis |
Art. 12 (Efficacia esecutiva ed esecuzione)
1. Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, 2008/52/Ce, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione.
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Art. 13 (Spese processuali)
1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al pagamento, in favore del Fondo unico giustizia di cui all’articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. 2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento di cui al periodo precedente. 3. Salvo diverso accordo, le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri. |
Art. 13 (Spese processuali)
1. Si applica l’art. 91 c.p.c.
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Omissis |
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Art. 15 (Mediazione nell’azione di classe)
1. Quando è esercitata l’azione di classe prevista dall’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l’adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito. |
Inutile, già previsto nell’art. 140-bis solo gli effetti della sentenza, come d’altronde emerge dalla stessa relazione. |
Capo III ORGANISMI DI CONCILIAZIONE
Omissis |
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CAPO IV DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E INFORMATIVA
Omissis
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CAPO V ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Omissis
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Art. 23 (Abrogazioni)
1. Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto. 2. Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. |
Non risulta chiaro se sopravvivono gli organismi “societari” o meno.
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Omissis
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Fonte: CNF
A cura dell'Avv. Giuseppe Briganti
Avvocato e conciliatore professionista
Per maggiori informazioni sulla mediazione civile e commerciale è possibile contattare l'Avv. Giuseppe Briganti tramite i recapiti indicati nel sito.
Aggiornamenti sulla mediazione sul sito dell'Avv. Giuseppe Briganti
La Guida sulla mediazione civile e commerciale di Iusreporter.it
Note legali. Quanto precede non costituisce né sostituisce una consulenza legale. Testi senza carattere di ufficialità