L'Avv.
Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore
professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001
cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul
Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di
docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con
riviste giuridiche
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E' entrato in vigore il 15/09/2015 il nuovo Regolamento Enac sui mezzi aerei a pilotaggio remoto (Edizione n. 2 del 16 luglio 2015).
Secondo l’articolo 743 del Codice della Navigazione rientrano nella nozione di aeromobile anche i mezzi aerei a pilotaggio remoto.
Il Regolamento distingue i mezzi aerei a pilotaggio remoto in
Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto e
Aeromodelli.
I mezzi aerei a pilotaggio remoto impiegati o destinati all'impiego in operazioni specializzate o in attività scientifiche, sperimentazione e ricerca, costituiscono i Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto (SAPR) e ad essi si applicano le previsioni del Codice della Navigazione secondo quanto previsto dal Regolamento.
Gli Aeromodelli non sono considerati aeromobili ai fini del loro assoggettamento alle previsioni del Codice della Navigazione e possono essere utilizzati esclusivamente per impiego ricreazionale e sportivo. Pur tuttavia, il Regolamento contiene specifiche disposizioni e limitazioni applicabili all’impiego degli aeromodelli, per l’uso dello spazio aereo e a garanzia della sicurezza di cose e persone al suolo e degli altri mezzi aerei.
Il Regolamento si applica dunque alle operazioni dei SAPR di competenza Enac e alle attività degli Aeromodelli.
Specificamente, il Regolamento definisce Aeromodello il dispositivo aereo a pilotaggio remoto, senza persone a bordo, impiegato esclusivamente per scopi ricreativi e sportivi, non dotato di equipaggiamenti che ne permettano un volo autonomo, e che vola sotto il controllo visivo diretto e costante dell’aeromodellista, senza l’ausilio di aiuti visivi.
Per Aeromobile a Pilotaggio Remoto (APR) s'intende invece il mezzo aereo a pilotaggio remoto senza persone a bordo, non utilizzato per fini ricreativi e sportivi.
Il Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto (SAPR) viene definito come il sistema costituito da un mezzo aereo (aeromobile a pilotaggio remoto) senza persone a bordo, utilizzato per fini diversi da quelli ricreativi e sportivi, e dai relativi componenti necessari per il controllo e comando (stazione di controllo) da parte di un pilota remoto.
L'art. 34 del Regolamento, in materia di protezione dei dati e privacy, prevede quanto segue:
1. Laddove le operazioni svolte attraverso un SAPR possano comportare un trattamento di dati personali, tale circostanza deve essere menzionata nella documentazione sottoposta ai fini del rilascio della pertinente autorizzazione.
2. Il trattamento dei dati personali deve essere effettuato in ogni caso nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni (Codice in materia di protezione dei dati personali), con particolare riguardo all'utilizzo di modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità ai sensi dell’art. 3 del Codice, nonché delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell’interessato prescritti dal Garante per la protezione dei dati personali.
In proposito si ricorda che le Autorità per la privacy europee, riunite nel "Gruppo Articolo 29", hanno recentemente adottato, in data 16/06/2015, un parere sull'impiego dei droni per tutti gli usi civili.
Il provvedimento, di cui è relatore il Garante italiano, dà indicazioni e raccomandazioni ai costruttori e agli operatori, al legislatore nazionale e europeo e ai regolatori del settore per la tutela della riservatezza delle persone.
Il WP29 chiarisce, in primo luogo, che non è l'impiego dei droni in sé ad essere problematico, quanto gli effetti potenzialmente invasivi che può produrre il loro uso e che sfuggono totalmente alla percezione delle persone. Nel caso dei droni poi, gli strumenti di tutela finora adottati risultano di ardua applicazione. A ciò si aggiunge l'attuale difficoltà di ricostruire con chiarezza la catena di responsabilità nell'utilizzo dei droni, ossia di chiarire chi fa cosa e per quali scopi: spesso i droni sono utilizzati da imprese che offrono servizi in "outsourcing" ad altri soggetti, i quali sono i veri titolari del trattamento ma non sempre hanno piena consapevolezza delle responsabilità derivanti.
Per questi motivi il WP29 ha indicato una serie di misure alle parti interessate.
Gli operatori avranno l'obbligo di fornire un'informativa tenendo conto delle peculiarità delle operazioni svolte. E' consigliato un approccio multilivello: dai classici cartelli, ove possibile, a informative pubblicate sui siti di ciascun operatore e/o a piattaforme uniche che raccolgano le informazioni sui voli – ad esempio su siti delle Autorità di aviazione competenti – fino all'adozione di misure per rendere il più possibile visibile e identificabile un drone. Gli operatori inoltre dovranno scegliere una tecnologia che limiti la raccolta e il trattamento dei dati a quelli indispensabili alle loro finalità e adottare idonee misure di sicurezza.
Al legislatore nazionale ed europeo e ai regolatori di settore il WP29 raccomanda l'introduzione e/o il rafforzamento di norme che consentano l'utilizzo dei droni nel rispetto dei diritti fondamentali; lo sviluppo e l'introduzione (in collaborazione con i rappresentanti dell'industria, i costruttori e gli operatori di settore) di criteri per la valutazione di impatto privacy; l'individuazione di modalità di cooperazione tra autorità di protezione dei dati e autorità per l'aviazione civile; l'utilizzo dei fondi di ricerca EU per l'individuazione di strumenti tecnologicamente adeguati per fornire l'informativa agli interessati e favorire l'identificazione dei droni.
Ai costruttori, infine, il WP29 raccomanda l'adozione di misure di privacy by default, la promozione di codici deontologici, l'adozione di misure per rendere il più possibile visibile e identificabile un drone.
Studio legale Avv. Giuseppe Briganti
Pesaro-Urbino
Il Codice della privacy consente ai clienti delle banche l'accesso solo ai propri dati personali contenuti nella documentazione bancaria.
La richiesta avanzata ai sensi del Codice privacy non consente, invece, all'interessato, evidenzia il Garante privacy, di ottenere la copia integrale della documentazione bancaria come, ad esempio, la copia dell'estratto conto, del contratto, della convenzione sulla determinazione del tasso ultra legale, del piano di ammortamento di un mutuo.
Questo tipo di documenti può infatti essere ottenuto solo fondando la richiesta sulle norme del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo n. 385/1993), in base al quale il cliente, o colui che gli succede o subentra nell'amministrazione dei suoi beni, "può ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni" (art. 119, comma 4).
L'istanza presentata dal cliente ai sensi del Codice privacy comporta l'obbligo per la banca di estrarre dai propri archivi e dai documenti effettivamente conservati i dati personali dell'interessato e di comunicarglieli gratuitamente e in modo intellegibile, con l'oscuramento dei dati di terzi.
Qualora l'estrazione dei dati risultasse particolarmente difficoltosa, la banca ha la facoltà di soddisfare la richiesta di accesso "attraverso l'esibizione o la consegna in copia di atti e documenti contenenti i dati personali richiesti", anche in questo caso con l'oscuramento dei dati riferiti a terzi.
Il Codice privacy, sottolinea il Garante, non può comunque essere invocato dalle persone giuridiche, dopo che una recente modifica apportata dal legislatore ha espunto dalla nozione di "interessato" società di persone e di capitali, enti e associazioni. Tali soggetti, non godendo più della tutela offerta dal Codice privacy, per accedere ai dati bancari devono pertanto necessariamente fare riferimento al Testo unico bancario.
Le richieste avanzate ai sensi del Codice Privacy e del Testo unico bancario devono essere inviate direttamente all'istituto di credito e non al Garante privacy.
Fonte: www.garanteprivacy.it
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« Il consenso libero ed informato degli utenti finali è essenziale per garantire il rispetto della legislazione europea sulla protezione dei dati
Le Autorità europee per la protezione dei dati, riunite nel "Gruppo Articolo 29", hanno adottato un parere che esamina i rischi fondamentali per la protezione dei dati derivanti dalle applicazioni per terminali mobili. Nel parere sono indicati gli obblighi specifici che, in base alla legislazione Ue sulla privacy, sviluppatori, ma anche distributori e produttori di sistemi operativi e apparecchi di telefonia mobile, sono tenuti a rispettare. Particolare attenzione viene posta nel parere alle applicazioni rivolte ai minori.
Chi possiede uno smartphone ha normalmente attive in media circa 40 applicazioni. Queste applicazioni sono in grado di raccogliere grandi quantità di dati personali: ad esempio, accedendo alle raccolte di foto oppure utilizzando dati di localizzazione. "Spesso tutto ciò avviene senza che l'utente dia un consenso libero ed informato, quindi in violazione della legislazione europea sulla protezione dei dati" - afferma il Presidente dell'Autorità italiana per la privacy, Antonello Soro. "La nostra Autorità - continua Soro - ha dato un contributo significativo all'elaborazione del parere. Le app sono sempre più diffuse e il loro uso, senza un'adeguata definizione di garanzie e misure a tutela dei dati personali, può comportare rischi per gli utenti che le scaricano. Per questo è fondamentale muoversi in tempo".
I rischi per la privacy delle applicazioni per smartphone
Gli smartphone e i tablet contengono grandi quantità di dati molto personali che riguardano direttamente o indirettamente gli utenti: indirizzi, dati sulla localizzazione geografica, informazioni bancarie, foto, video. Smartphone e tablet sono, inoltre, in grado di registrare o catturare in tempo reale varie tipologie di informazioni attraverso molteplici sensori quali microfoni, bussole o altri dispositivi utilizzati per tracciare gli spostamenti dell'utente. Anche se l'obiettivo degli sviluppatori è rendere disponibili servizi nuovi e innovativi, le app possono comportare rischi significativi per la privacy e la reputazione degli utenti.
La legislazione sulla privacy Ue prevede che ogni persona ha il diritto di decidere sui propri dati personali. Le applicazioni, dunque, per trattare i dati degli utenti devono prima fornire informative adeguate, in modo da ottenere un consenso che sia veramente libero e informato.
Un altro rischio per la protezione dei dati deriva da misure di sicurezza insufficienti. Insufficienza che può comportare trattamenti non autorizzati di dati personali a causa della tendenza a raccogliere quantità sempre più consistenti di informazioni e della elasticità e genericità degli scopi per i quali queste vengono raccolte, ad esempio a fini di "ricerche di mercato". Tutto ciò aumenta la possibilità di violazioni dei dati.
Obblighi e raccomandazioni
Il parere individua precise raccomandazioni e obblighi per ciascuno degli attori coinvolti, evidenziando che la protezione di dati personali degli utenti e la relativa sicurezza sono il risultato di azioni coordinate di sviluppatori, produttori dei sistemi operativi e distributori ("app stores") che devono durare nel tempo, e non la semplice applicazione di regole una tantum. In particolare, sono richiamati gli obblighi sull'informativa e sul consenso riguardo all'archiviazione di informazioni sui terminali degli utenti, nonché per l'utilizzo da parte delle app di dati di localizzazione o delle rubriche dei contatti. Si raccomandano inoltre alcune "buone pratiche" che devono intervenire sin dalle fasi iniziali di sviluppo delle app, quali l'impiego di identificativi non persistenti, in modo da ridurre al minimo il rischio di tracciamenti degli utenti per tempi indefiniti, la definizione di precisi tempi di conservazione dei dati raccolti, l'impiego di icone "user friendly" per segnalare che specifici trattamenti di dati sono in corso (ad es. dati di geolocalizzazione).
In caso di app rivolte specificamente ai minori, si ribadisce la necessità del consenso dei genitori.
Si sottolinea, infine, la necessità di una più efficace assistenza all'utente mediante la designazione di "punti di contatto" presso gli "stores" che consentano agli utenti di risolvere in modo rapido problemi legati al trattamento di dati personali da parte delle app installate ».
Fonte: www.garanteprivacy.it
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Il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso un sì condizionato allo schema di decreto legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione relativo agli obblighi di trasparenza della Pa. Come si legge nel comunicato del Garante dell'8 febbraio 2013, nel dare il suo parere favorevole [doc. web n. 2243168], l'Autorità ha infatti posto una serie di "paletti" chiedendo che alcune norme vengano modificate, introducendo maggiori garanzie a tutela delle persone.
Dal comunicato del Garante privacy:
« La necessità di realizzare un controllo diffuso sull'attività della Pubblica amministrazione non deve condurre a forme sproporzionate di diffusione di informazioni che possono finire per ledere i diritti dei cittadini, specialmente di quelli in condizioni più disagiate.
L'Authority condivide le ragioni sottese al provvedimento e l'obiettivo di garantire la trasparenza nell'attività della Pa, ma ritiene che un tale valore debba essere comunque bilanciato con un diritto di pari rango costituzionale come quello della riservatezza e della protezione dei dati che trova la sua matrice nella normativa europea.
Per questi motivi valuta con preoccupazione i possibili rischi che alcune disposizioni contenute nel provvedimento potrebbero determinare. Rischi ancora più forti se si tiene conto della particolare delicatezza di alcune informazioni che verrebbero messe on line e della loro facile reperibilità e riutilizzabilità incontrollata grazie ai motori di ricerca. Si pensi soltanto ai dati sensibili o in grado di rivelare condizioni di disagio economico e sociale di anziani, disabili o altri soggetti deboli che beneficiano di sussidi (es. social card), la cui diffusione potrebbe comportare irreversibili danni per la dignità degli interessati, anche considerate le difficoltà oggettive di cancellare tali informazioni una volta in rete.
Sono già numerosi, in questo senso, i casi sottoposti in questi ultimi anni all'Autorità.
Nell'esprimere il suo parere, l'Autorità ha anche tenuto conto di quanto previsto dalla normativa europea, di quanto stabilito dalla stessa Corte di Giustizia e del fatto che nella stragrande maggioranza dei Paesi europei non esistono forme di diffusione paragonabili a quelle che si intendono realizzare nel nostro.
Queste le richieste avanzate dal Garante.
Dati personali
Sui siti web della Pa non dovranno mai essere diffusi dati sulla salute e sulla vita sessuale.
Vanno esclusi dalla pubblicazione i dati identificativi dei destinatari dei provvedimenti dai quali si possano ricavare dati sullo stato di salute o di uno stato economico-sociale degli interessati: si pensi al riconoscimento di agevolazioni economiche, alla fruizione di prestazioni sociali collegate al reddito, come l'esenzione dal contributo per le refezione scolastica o dal ticket sanitario, i benefici per portatori di handicap, il riconoscimento di sussidi ad anziani non autosufficienti, i contributi erogati per la cura di particolari malattie o per le vittime di violenza sessuale.
Così come non appare giustificata la diffusione di dati non pertinenti rispetto alle finalità perseguite, quali ad esempio l'indirizzo di casa, il codice fiscale, le coordinate bancarie, la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce ISEE, informazioni sulle condizioni di indigenza.
Più in generale, le pubbliche amministrazioni nel pubblicare atti o documenti dovranno rendere inintelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili e giudiziari, non indispensabili rispetto alle finalità di trasparenza che si intendono perseguire nel caso concreto. Potranno inoltre pubblicare sui propri siti web informazioni e documenti per i quali non vi è l'obbligo di pubblicazione, ma solo una volta che avranno reso anonimi i dati personali in essi contenuti.
Motori di ricerca
I documenti pubblicati dovranno essere rintracciabili solo mediante i motori di ricerca interna al sito del soggetto pubblico e non attraverso i comuni motori di ricerca generalisti, garantendo così la conoscibilità dei dati senza che essi vengano estrapolati dal contesto nei quali sono inseriti.
Durata della pubblicazione
Dovranno essere stabiliti periodi differenziati di permanenza on line dei documenti, e si dovrà prevedere una accessibilità selettiva una volta scaduto il termine di pubblicazione.
Dipendenti pubblici
Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, lo schema di decreto legislativo dovrà essere modificato circoscrivendo la pubblicazione dei dati ad un ambito più ristretto di informazioni personali, strettamente pertinenti, sia riguardo ai curricula sia ai compensi corrisposti, individuando anche modalità di diffusione meno invasive di quelle previste.
Incarichi politici e cariche elettive
Per quanto riguarda gli obblighi di trasparenza relativi ai titolari di incarichi politici o di carattere elettivo il Garante ha richiamato l'attenzione del Governo sull'opportunità di una riflessione generale sull'impianto della disciplina, richiedendo una graduazione degli obblighi di pubblicazione sia sotto il profilo della platea dei soggetti coinvolti che del contenuto degli atti da pubblicare.
In particolare, occorre circoscrivere il contenuto delle dichiarazioni dei redditi da pubblicare alle sole notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazioni stesse, allo scopo di evitare la diffusione di dati anche sensibili (come la scelta del contribuente sulla destinazione del "5 per mille"). Lo stesso vale per soggetti estranei all'incarico pubblico, come coniugi, figli, parenti, ai quali è comunque necessario chiedere il consenso alla pubblicazione dei dati. Tale consenso dovrà essere libero e non condizionato e non dovranno comunque essere resi noti i nomi degli interessati che non intendessero fornirlo ».
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Così si legge nel provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 20/12/2012 in un caso in cui la società titolare del trattamento dei dati condizionava la registrazione al sito da parte degli utenti, e conseguentemente anche la fruizione dei servizi, al rilascio del consenso al trattamento dei dati per finalità promozionali:
« Al caso sottoposto all'attenzione dell'Autorità si applica la disciplina dell'art. 23, comma 3 del Codice, secondo cui il trattamento di dati personali da parte dei privati è ammesso solo previa acquisizione di un consenso dell'interessato libero, informato e specifico, con riferimento a trattamenti chiaramente individuati e documentato per iscritto, nonché l'analogo disposto dell'art. 130, commi 1 e 2 del Codice, in base al quale l'utilizzo di comunicazioni con modalità automatizzate, come posta elettronica, telefax, Mms o Sms, per la finalità di invio di materiale pubblicitario o di comunicazione commerciale è consentito solo con il consenso del contraente o utente.
Si ricorda, tuttavia, l'eccezione del c.d. "soft spam", di cui all'art. 130, comma 4, in base al quale, se il titolare del trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate di posta elettronica fornite dall'interessato nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, può non richiedere il consenso dell'interessato, sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l'interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso.
Inoltre, come già rilevato da questa Autorità (provv. 22 febbraio 2007, doc. web n. 1388590; provv. 12 ottobre 2005, doc. web n. 1179604; provv. 3 novembre 2005, doc. web n. 1195215; provv. 10 maggio 2006, doc. web n. 1298709 in www.garanteprivacy.it; provv. 15 luglio 2010, doc. web n.1741998; più recentemente, provv. 11 ottobre 2012, doc. web n. 2089777) non può definirsi "libero", e risulta indebitamente necessitato, il consenso a ulteriori trattamenti di dati personali che l'interessato "debba" prestare quale condizione per conseguire una prestazione richiesta. Peraltro, gli interessati devono essere messi in grado di esprimere consapevolmente e liberamente le proprie scelte in ordine al trattamento dei dati che li riguardano, manifestando il proprio consenso -allorché richiesto per legge- per ciascuna distinta finalità perseguita dal titolare (cfr. provv. 24 febbraio 2005, punto 7, in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1103045).
L'attività di trattamento dei dati, finalizzata all'invio di comunicazioni commerciali e materiale pubblicitario/informativo di beni e servizi, nella fattispecie mediante posta elettronica, effettuata dalla società senza il relativo consenso specifico costituisce quindi un trattamento illecito e non può essere proseguita ai sensi dell'art. 11, comma 2, del Codice, secondo cui i dati personali trattati in violazione del Codice non possono essere utilizzati ».
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Serve il consenso per telefonate, sms ed e-mail. Liberi invece gli indirizzi delle liste elettorali
Il comunicato del Garante privacy:
« Si avvicinano le elezioni e l'Autorità Garante per la privacy ha approvato di recente un apposito provvedimento [doc. web 2181429] (pubblicato sulla G.U n.11 del 14 gennaio 2013) che conferma le regole già stabilite dal provvedimento generale [doc. web 1165613] in materia e prevede speciali casi di esonero temporaneo dall'informativa per i partiti e movimenti politici. Queste le modalità in base alle quali partiti politici e candidati possono utilizzare correttamente a fini di propaganda elettorale i dati personali dei cittadini (es. indirizzo, telefono, e- mail etc.).
Dati utilizzabili senza consenso. Per contattare gli elettori ed inviare materiale di propaganda, partiti, organismi politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati possono usare senza il consenso dei cittadini i dati contenuti nelle liste elettorali detenute dai Comuni, nonché i dati personali di iscritti ed aderenti. Possono essere usati anche altri elenchi e registri in materia di elettorato passivo ed attivo (es. elenco degli elettori italiani residenti all'estero) ed altre fonti documentali detenute da soggetti pubblici accessibili a chiunque. Si possono utilizzare dati raccolti nel quadro delle relazioni interpersonali avute con cittadini ed elettori.
Dati utilizzabili con il previo consenso. E' necessario il consenso per particolari modalità di comunicazione elettronica come sms, e-mail, mms, per telefonate preregistrate e fax. Stesso discorso nel caso si utilizzino dati raccolti automaticamente su Internet o ricavati da forum o newsgroup, liste di abbonati ad un provider, dati presenti sul web per altre finalità.
Continuerà ad essere obbligatorio raccogliere il consenso per poter usare i dati degli abbonati presenti negli elenchi telefonici, i quali dovranno quindi preventivamente manifestare la loro disponibilità a ricevere questo tipo di telefonate. Sono utilizzabili, sempre se si è ottenuto preventivamente il consenso degli interessati, anche i dati relativi a simpatizzanti o altre persone già contattate per singole iniziative o che vi hanno partecipato (es. referendum, proposte di legge, raccolte di firme).
Dati non utilizzabili. Non sono in alcun modo utilizzabili gli archivi dello stato civile, l'anagrafe dei residenti, indirizzi raccolti per svolgere attività e compiti istituzionali dei soggetti pubblici o per prestazioni di servizi, anche di cura; liste elettorali di sezione già utilizzate nei seggi; dati annotati privatamente nei seggi da scrutatori e rappresentanti di lista durante operazioni elettorali.
Informazione ai cittadini. I cittadini devono essere sempre informati sull'uso che si fa dei loro dati. Se i dati non sono raccolti direttamente presso l'interessato, l'informativa va data all'atto della registrazione dei dati o al momento del primo contatto.
Per i dati raccolti da registri ed elenchi pubblici o in caso di invio di materiale propagandistico di dimensioni ridotte (c.d. "santini"), il Garante ha consentito a partiti e candidati una temporanea sospensione dell'informativa fino al 30 aprile 2013.
Roma, 15 gennaio 2013 »
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« RILEVATO che il datore di lavoro può effettuare dei controlli mirati (direttamente o attraverso la propria struttura) al fine di verificare l'effettivo e corretto adempimento della prestazione lavorativa e, se necessario, il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro (cfr. artt. 2086, 2087 e 2104 cod. civ.); ritenuto, tuttavia che, nell'esercizio di tale prerogativa, occorre rispettare la libertà e la dignità dei lavoratori, nonché, con specifico riferimento alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, i principi di correttezza, (secondo cui le caratteristiche essenziali dei trattamenti devono essere rese note ai lavoratori), di pertinenza e non eccedenza di cui all'art. 11, comma 1, del Codice; ciò, tenuto conto che tali controlli possono determinare il trattamento di informazioni personali, anche non pertinenti, o di dati di carattere sensibile;
RILEVATO che, sulla base della documentazione in atti, il ricorrente non risulta essere stato previamente informato in riferimento al trattamento di dati personali che avrebbe potuto essere effettuato in attuazione di eventuali controlli sull'utilizzo del personal computer concessogli in uso per esclusive finalità professionali, con particolare riferimento alle modalità e alle procedure da seguire per gli stessi; considerato infatti che nel "regolamento per l'utilizzo delle risorse informatiche e telematiche" adottato dalla resistente il 15 febbraio 2002 e messo a disposizione dei dipendenti, nonché nel "documento recante istruzioni agli incaricati del trattamento" (sottoscritto per accettazione dall'interessato), la società, pur avendo fatto riferimento alla necessità di effettuare - almeno settimanalmente - il salvataggio dei dati su copie di sicurezza con conseguente verifica del buon fine dell'operazione, non ha fornito un'idonea informativa in ordine al trattamento di dati personali connesso ad eventuali attività di verifica e controllo effettuate dalla società stessa sui p.c. concessi in uso ai dipendenti (cfr. al riguardo anche il provv. del Garante del 1° marzo 2007 "Lavoro: le linee guida del Garante per posta elettronica e internet" pubblicate in G. U. n. 58 del 10 marzo 2007, punto 3);
RITENUTO, alla luce delle considerazioni sopra esposte, che il trattamento dei dati relativi al ricorrente è stato effettuato in violazione dei principi di cui all'art. 11 del Codice e ritenuto pertanto di dover dichiarare fondato il ricorso, disponendo, ai sensi dell'art. 150, comma 2, del Codice, quale misura a tutela dei diritti dell'interessato, il divieto per la società resistente di trattare ulteriormente i dati oggetto del presente ricorso a partire dalla data di ricezione del presente provvedimento;
RILEVATO comunque che resta fermo quanto previsto dall'art. 160, comma 6, del Codice con riferimento alle autonome determinazioni da parte dell'autorità giudiziaria in ordine all'utilizzabilità nel procedimento civile della documentazione medesima eventualmente già acquisita in tale sede »
Provvedimento Garante privacy
18 ottobre 2012
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Come si legge nella newsletter dell'Autorità, il Garante privacy ha avuto recentemente occasione di affermare che i dati registrati nei Sistemi di informazioni creditizie (Sic), le vecchie "centrali rischi" private, devono essere esatti e puntualmente aggiornati.
In particolare, le informazioni su ritardi nella restituzione di un prestito quando riguardano non più di due rate poi pagate, non possono essere conservate oltre un anno.
Il principio è stato affermato dal Garante per la privacy intervenuto a seguito del ricorso di un cittadino che si era rivolto all'Autorità ritenendo illegittima la presenza del suo nominativo in un Sic oltre il temine previsto dal codice deontologico.
Nonostante, infatti, come si legge ancora nella newsletter, una prima richiesta di cancellazione indirizzata, come prevede la normativa, dal ricorrente direttamente alla "centrale rischi" privata, la segnalazione continuava ad essere presente nel data base della società, l'archivio elettronico nel quale confluiscono informazioni sui cittadini che chiedono un prestito personale o un mutuo e al quale accedono banche e finanziarie per verificarne l'affidabilità e la solvibilità prima di concedere finanziamenti.
E' stato quindi necessario l'avvio di un'istruttoria e l'invito del Garante a soddisfare le richieste del ricorrente per far attivare la centrale rischi, che dopo aver effettuato una verifica con la società finanziaria che aveva segnalato i ritardi nei pagamenti, ha aggiornato il rapporto di credito, censendolo senza alcuna segnalazione di insolvenza.
Poiché la centrale rischi ha cancellato le informazioni negative, l'Autorità ha dichiarato non luogo a provvedere sul ricorso, ma ha comunque addebitato al Sic le spese del procedimento, determinate in 500 euro, da rifondere direttamente al ricorrente.
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Obbligo del consenso per video e foto sui social network. Scrutini e voti pubblici. Sì alle foto di recite e gite scolastiche. No alla pubblicazione on line dei nomi e cognomi degli studenti non in regola coi pagamenti della retta. Su cellulari e tablet in classe l'ultima parola spetta alle scuole.
Mancano pochi giorni all'apertura delle scuole e il Garante per la protezione dei dati personali ritiene utile, come si legge nel comunicato stampa del 6/09/2012, fornire a professori, genitori e studenti, sulla base dei provvedimenti adottati e dei pareri resi, alcune indicazioni generali in materia di tutela della privacy.
Ecco dunque, in sintesi, le regole:
Temi in classe
Non lede la privacy l'insegnante che assegna ai propri alunni lo svolgimento di temi in classe riguardanti il loro mondo personale. Sta invece nella sensibilità dell'insegnante, nel momento in cui gli elaborati vengono letti in classe, trovare l'equilibrio tra esigenze didattiche e tutela della riservatezza, specialmente se si tratta di argomenti delicati.
Cellulari e tablet
L'uso di cellulari e smartphone è in genere consentito per fini strettamente personali, ad esempio per registrare le lezioni, e sempre nel rispetto delle persone. Spetta comunque agli istituti scolastici decidere nella loro autonomia come regolamentare o se vietare del tutto l'uso dei cellulari. Non si possono diffondere immagini, video o foto sul web se non con il consenso delle persone riprese. E' bene ricordare che la diffusione di filmati e foto che ledono la riservatezza e la dignità delle persone può far incorrere lo studente in sanzioni disciplinari e pecuniarie o perfino in veri e propri reati.
Stesse cautele vanno previste per l'uso dei tablet, se usati a fini di registrazione e non soltanto per fini didattici o per consultare in classe libri elettronici e testi on line.
Recite e gite scolastiche
Non violano la privacy le riprese video e le fotografie raccolte dai genitori durante le recite, le gite e i saggi scolastici. Le immagini in questi casi sono raccolte a fini personali e destinati ad un ambito familiare o amicale. Nel caso si intendesse pubblicarle o diffonderle in rete, anche sui social network, è necessario ottenere il consenso delle persone presenti nei video o nelle foto.
Retta e servizio mensa
É illecito pubblicare sul sito della scuola il nome e cognome degli studenti i cui genitori sono in ritardo nel pagamento della retta o del servizio mensa. Lo stesso vale per gli studenti che usufruiscono gratuitamente del servizio mensa in quanto appartenenti a famiglie con reddito minimo o a fasce deboli. Gli avvisi messi on line devono avere carattere generale, mentre alle singole persone ci si deve rivolgere con comunicazioni di carattere individuale. A salvaguardia della trasparenza sulla gestione delle risorse scolastiche, restano ferme le regole sull'accesso ai documenti amministrativi da parte delle persone interessate.
Telecamere
Si possono in generale installare telecamere all'interno degli istituti scolastici, ma devono funzionare solo negli orari di chiusura degli istituti e la loro presenza deve essere segnalata con cartelli. Se le riprese riguardano l'esterno della scuola, l'angolo visuale delle telecamere deve essere opportunamente delimitato. Le immagini registrare devono essere cancellate in generale dopo 24 ore.
Inserimento professionale
Al fine di agevolare l'orientamento, la formazione e l'inserimento professionale le scuole, su richiesta degli studenti, possono comunicare e diffondere alle aziende private e alle pubbliche amministrazioni i dati personali dei ragazzi.
Questionari per attività di ricerca
L'attività di ricerca con la raccolta di informazioni personali tramite questionari da sottoporre agli studenti è consentita solo se ragazzi e genitori sono stati prima informati sugli scopi delle ricerca, le modalità del trattamento e le misure di sicurezza adottate. Gli studenti e i genitori devono essere lasciati liberi di non aderire all'iniziativa.
Iscrizione e registri on line, pagella elettronica
In attesa di poter esprimere il previsto parere sui provvedimenti attuativi del Ministero dell'istruzione riguardo all'iscrizione on line degli studenti, all'adozione dei registri on line e alla consultazione della pagella via web, il Garante auspica l'adozione di adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati.
Voti, scrutini, esami di Stato
I voti dei compiti in classe e delle interrogazioni, gli esiti degli scrutini o degli esami di Stato sono pubblici. Le informazioni sul rendimento scolastico sono soggette ad un regime di trasparenza e il regime della loro conoscibilità è stabilito dal Ministero dell'istruzione. E' necessario però, nel pubblicare voti degli scrutini e degli esami nei tabelloni, che l'istituto eviti di fornire, anche indirettamente, informazioni sulle condizioni di salute degli studenti: il riferimento alle "prove differenziate" sostenute dagli studenti portatori di handicap, ad esempio, non va inserito nei tabelloni, ma deve essere indicato solamente nell'attestazione da rilasciare allo studente.
Trattamento dei dati personali
Le scuole devono rendere noto alle famiglie e ai ragazzi, attraverso un'adeguata informativa, quali dati raccolgono e come li utilizzano. Spesso le scuole utilizzano nella loro attività quotidiana dati delicati - come quelli riguardanti le origini etniche, le convinzioni religiose, lo stato di salute - anche per fornire semplici servizi, come ad esempio la mensa. E' bene ricordare che nel trattare queste categorie di informazioni gli istituti scolastici devono porre estrema cautela, in conformità al regolamento sui dati sensibili adottato dal Ministero dell'istruzione. Famiglie e studenti hanno diritto di conoscere quali informazioni sono trattate dall'istituto scolastico, farle rettificare se inesatte, incomplete o non aggiornate.
A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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Credito al consumo, nuovi strumenti di pagamento gestiti dalle compagnie telefoniche (mobile payment), telemarketing tramite call center, ma anche sistemi informativi utilizzati da enti previdenziali e dall'amministrazione finanziaria.
Come si legge nella newsletter del 22 agosto 2012 del Garante per la protezione dei dati personali, e' su questi delicati settori e sulle modalità con le quali vengono trattati i dati personali di milioni di cittadini italiani che si concentrerà l'attività di accertamento del Garante per la privacy nel secondo semestre del 2012.
Il piano appena varato prevede specifici controlli, sia nel settore pubblico che in quello privato, anche riguardo alle informazioni da fornire ai cittadini sull'uso dei loro dati personali, all'adozione delle misure di sicurezza, ai tempi di conservazione dei dati, al consenso da richiedere nei casi previsti dalla legge, all'obbligo di notificazione al Garante.
Sono 220 gli accertamenti ispettivi programmati che verranno effettuati come di consueto anche in collaborazione con le Unità Speciali della Guardia di Finanza - Nucleo Speciale Privacy. A questi accertamenti si affiancheranno quelli che si renderanno necessari in ordine a segnalazioni e reclami presentati.
Il bilancio sull'attività ispettiva dei primi sei mesi del 2012 registra 174 ispezioni effettuate e l'avvio di 255 procedimenti sanzionatori relativi, in larga parte, alla omessa informativa, al trattamento illecito dei dati, al mancato rispetto delle norme in materia di telemarketing, alla mancata adozione di misure di sicurezza, alla inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità.
Le ispezioni, si legge nella newsletter, hanno riguardato in particolare il settore telefonico, gli enti previdenziali e le società che gestiscono banche dati in outsourcing.
L'ammontare delle sanzioni incassate nel corso del semestre è stato di oltre 1,6 milioni di euro. Le segnalazioni all'autorità giudiziaria per violazioni penali sono state 33, e hanno riguardato tra l'altro l'accesso abusivo a sistema informatico, la mancata adozione delle misure di sicurezza, la falsità nelle dichiarazioni e nelle notificazioni, il mancato adempimento ai provvedimenti del Garante.
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