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Studio Legale Avvocato Giuseppe Briganti  - consulenza e assistenza legaleL'Avv. Giuseppe Briganti è Avvocato in Urbino dal 2001 e mediatore professionista e formatore nei corsi per mediatori dal 2011. Dal 2001 cura il sito www.iusreporter.it dedicato alla ricerca giuridica sul Web e al diritto delle nuove tecnologie. Svolge attività di docenza, è autore di pubblicazioni giuridiche e collabora con riviste giuridiche
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di Admin (del 20/04/2011 @ 12:41:36, in diritto*internet, linkato 2397 volte)

Diritto e Internet (Copyright immagine clix) Con il D.M. 44/2011 vengono dettate le nuove regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

Il nuovo Regolamento prevede in particolare l'utilizzo della PEC.


Secondo l'art. 13 del Regolamento, per esempio:

1. I documenti informatici di  cui  agli  articoli  11  e  12  sono
trasmessi da parte dei soggetti  abilitati  esterni  e  degli  utenti
privati  mediante  l'indirizzo  di  posta   elettronica   certificata
risultante  dal  registro  generale  degli   indirizzi   elettronici,
all'indirizzo   di   posta   elettronica   certificata   dell'ufficio
destinatario, secondo  le  specifiche  tecniche  stabilite  ai  sensi
dell'articolo 34.

L'art. 20 del Regolamento fissa i requisiti della casella di PEC:

  1.  Il  gestore  di  posta  elettronica  certificata  del  soggetto
abilitato esterno, fermi restando gli obblighi previsti  dal  decreto
del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n.68 e dal  decreto
ministeriale  2  novembre  2005,  recante  «Regole  tecniche  per  la
formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale,  della
posta  elettronica  certificata»,  e'  tenuto  ad  adottare  software
antispam idoneo a prevenire la  trasmissione  di  messaggi  di  posta
elettronica indesiderati.
  2. Il soggetto abilitato esterno e' tenuto a  dotare  il  terminale
informatico utilizzato di software idoneo a verificare  l'assenza  di
virus informatici per ogni messaggio in arrivo e  in  partenza  e  di
software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di  messaggi  di
posta elettronica indesiderati.
  3. Il soggetto abilitato esterno e' tenuto a conservare,  con  ogni
mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi
al dominio giustizia.
  4. La casella di posta elettronica certificata deve disporre di uno
spazio  disco  minimo  definito  nelle  specifiche  tecniche  di  cui
all'articolo 34.
  5. Il soggetto abilitato esterno e' tenuto a  dotarsi  di  servizio
automatico di avviso dell'imminente saturazione della propria casella
di  posta  elettronica  certificata  e  a  verificare  la   effettiva
disponibilita' dello spazio disco a disposizione.
  6. La modifica dell'indirizzo elettronico puo' avvenire  dall'1  al
31 gennaio e dall'1 al 31 luglio.
  7. La disposizione di cui al comma 6  non  si  applica  qualora  la
modifica  dell'indirizzo   si   renda   necessaria   per   cessazione
dell'attivita' da parte del gestore di posta elettronica certificata.




MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

DECRETO 21 febbraio 2011 , n. 44

Regolamento  concernente  le  regole  tecniche  per  l'adozione   nel
processo   civile   e   nel   processo   penale,   delle   tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, in attuazione  dei  principi
previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n.  82,  e  successive
modificazioni,  ai  sensi  dell'articolo  4,  commi  1   e   2,   del
decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193,  convertito  nella  legge  22
febbraio 2010 n. 24
(G.U. 89 del 18/04/2011)



Leggi il testo completo del provvedimento su
IRDoc

 

 

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Diritto e Internet (Copyright immagine clix) Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 20-22/03/2011, nel noto caso "About Elly", ha statuito quanto segue:

« [...] -Sul merito del caso e sulla sussistenza del fumus boni iuris: che, nel merito, la questione posta dal caso in esame è quella della imputabilità alla parte resistente Yahoo, unica legittimata nel procedimento, nella sua qualità di provider gestore del servizio di Web Search, della responsabilità per contributory infringement per la attività di gestione del motori di ricerca nella misura in cui questi effettuano, attraverso specifici links, il collegamento a siti "pirata", che permettono la visione in streaming o il downloading e peer to peer del film "About Elly" senza autorizzazione da parte della PFA, titolare dei diritti di sfruttamento economico sull'opera e quindi in lesione del diritto patrimoniale di autore;

-che non vi è contestazione tra le parti circa la liceità degli atti di pirateria digitale in sé, in quanto in violazione dei diritti di proprietà intellettuale (sulla illiceità del fenomeno vedi tra tante Trib. Roma, 17 marzo 2008, e precedenti e successive conformi), ma la contestazione verte piuttosto sulla esenzione o no da responsabilità del gestore del motore di ricerca quale intermediario;

-che la questione si distingue in due sottoquestioni, di cui l'una reagisce sull'altra, di cui la prima è questione di fatto, e consiste nell'accertamento del funzionamento del motore di ricerca da un lato e del ruolo del suo gestore dall'altro;

-che la seconda questione invece è questione di diritto, e consta da un lato della interpretazione degli artt. da 14 a 17 del d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70, Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, e dall'altro della soluzione del conflitto apparente tra le predette norme e quelle degli artt. 156 S.S. della legge 22 aprile 1941 Legge sul diritto di autore, come sostituiti dalla d.lgs. 16 marzo 2006, di attuazione della direttiva 48/2004/CE c.d. direttiva enforcement, al fine della identificazione delle regole del caso in esame;

-che circa il funzionamento del sistema di Web Search, da quanto è dato evincere a una sommaria valutazione dai fatti tecnici prospettati dalle parti, su richiesta dell'utente di Internet, che inserisce alcune parole chiave (meta tags), il motore ricerca gli fornisce i risultati della ricerca- reperiti nella massa di informazioni presenti nel sistema in base ad algoritmi matematici e ordinati in base a formule statistico-matematiche- in forma di links con siti web, c.d. siti sorgente;

-che dunque se da un lato il gestore del motore di ricerca nella fase di selezione e posizionamento delle informazioni in generale non svolge un ruolo attivo e quindi non ha conoscenza dei, e non esercita un controllo preventivo sui contenuti dei siti sorgente a cui è effettuato il link, dall'altro però, una volta venuto a conoscenza del contenuto illecito di specifici siti, identificati dai cd Urls (Uniform Resource locator), è in condizione di esercitare un controllo successivo e di impedirne la indicizzazione e il collegamento, non essendo invece materia del contendere in difetto peraltro della partecipazione a giudizio del webmaster, la eliminazione dei contenuti dei siti pirata;

-che la possibilità di rimozione dei collegamenti è comprovata dalla stessa risposta di MCS alla diffida di PFA, con cui la società si dichiara "disponibile alla rimozione di tali indicizzazioni", richiedendo all'uopo la comunicazione degli URLs (doc. 7 del fascicolo di parte ricorrente);

- che nella citata direttiva sulla società della informazione il legislatore definisce il servizio della società della informazione come l'insieme dei servizi prestati a distanza mediante attrezzature elettroniche di trattamento e di memorizzazione di dati, a richiesta individuale di un destinatario di servizi;

- che gli artt. da 14 a 17 della direttiva sulla società dell'informazione regolano la responsabilità del provider rispetto agli artt. 14,15 e 16 dell'access provider, che esercita una attività di mero trasporto delle informazioni (c.d. Mere conduit), del caching providing , che esercita attività di memorizzazione temporanea delle medesime e dell'hosting provider, che esercita attività di memorizzazione di informazioni;

-che l'art. 17 sancisce per detti destinatari nella prestazione dei servizi della società dell'informazione sopradescritti l'assenza di un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni trasmesse o memorizzate, e su questo presupposto le disposizioni che precedono prevedono un generale esonero da responsabilità per la illiceità delle informazioni, con determinate deroghe, che attengono principalmente nell'art. 14 allo svolgimento di un ruolo attivo nella trasmissione delle informazioni nell'art. 15 al mancato rispetto delle informazioni medesime e nell'art. 16 alla effettiva conoscenza della loro illiceità o all'esercizio di una "autorità o controllo"sul destinatario del servizio, mentre l'Italia, a differenza di altri Paesi Europei (Spagna e Portogallo), non ha ritenuto di adottare norme specifiche per i motori di ricerca e i cd hyperlinks;

-che per il combinato disposto in particolare degli artt. 15 e), 16 b) e 17 commi 2e 3 i prestatori di servizio sono invece destinatari del duplice obbligo di informazione della autorità giudiziaria e amministrativa sulla illiceità delle informazioni e di adempimento degli ordini di rimozione e disabilitazione delle due predette autorità (sulla portata di detti obblighi vedi Trib. Roma 14 aprile 2010 Fuvap c Telecom, in una fattispecie relativa ad access provider );

-che nel sottosistema speciale di nome sulla società delle informazioni, la norma di esonero da responsabilità, speciale e derogatoria rispetto al principio generale di responsabilità della impresa per le proprie attività, ha la propria ratio nella generale presunzione di inesigibilità di un controllo del gestore sulle informazioni presenti in rete, per gli eccessivi costi che questo porrebbe a carico dell'impresa e che -questa passerebbe al consumatore (vedi la Relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato Economico e Sociale europeo, pag. 13), nonché nella scelta legislativa di allocazione dei costi che derivano da detti illeciti non al provider ma alle vittime dei medesimi,

-che tale scelta deriva da un bilanciamento legislativo di interessi, tra l'interesse alla libera circolazione delle informazioni (la c.d. libertà di Internet), anche quale profilo della libertà di manifestazione del pensiero, protetta da tutte le Costituzioni europee, che si presume ostacolata da un obbligo generale di sorveglianza dell'impresa sulle informazioni stesse, e gli interessi protetti dalle singole norme che sanzionano illeciti;

-che pertanto una interpretazione conservativa e orientata costituzionalmente di dette disposizioni non può estendere l'ambito dell'esonero dall'obbligo di vigilanza oltre l'ambito di non esigibilità di una vigilanza generale, fermo restando l'obbligo di controllo su specifiche informazioni individuate, e l'esonero da responsabilità oltre il limite della mancata conoscenza della impresa della illiceità delle informazioni;

-che in tal senso si è pronunciata anche la Corte di Giustizia Europea nella sentenza della Grande sezione 23 marzo 2010, in sede di interpretazione pregiudiziale dell'art. 14 della direttiva sulle società dell'informazione in una fattispecie di remissione della Court de Cassation in tre controversie tra la Louis Vuitton Mallettier SA ed altri e Google France per la responsabilità di quest'ultima nella gestione del motore di ricerca AWords (CGE C236/08 e C238/08 Louis Vuitton Mallettier SA vs GoogleFrance);

-che infatti la Corte ha enunciato il principio secondo cui " l'art. 14 deve essere interpretato nel senso che la norma ivi contenuta si applica al prestatore di un servizio di posizionamento su internet qualora detto prestatore non abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati, Se non ha svolto un siffatto ruolo detto prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato, salvo che essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività egli abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l'accesso agli stessi" (sottolineatura dell'estensore)

-che gli art. 14, 15 e 16 sopracitati portano tutti un ultimo comma che prevede che "la autorità giudiziaria .. .può esigere, anche in via di urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attività.. .impedisca o ponga fine alle violazioni commesse";

-che possono rinvenirsi nella giurisprudenza italiana ed europea precedenti favorevoli alla interpretazione sopraproposta (vedi Trib. Roma, 16 dicembre 2009, che, in una fattispecie relativa all'hosting provider, ancora la responsabilità alla " conoscenza della esistenza di materiale sospetto" e, in termini, Court d'Appel de Paris- 19 marzo 2009,. SARL Publison vs SARL GoogleFrance e SAS Yahoo France, che in una fattispecie relativa alla gestione dei motori di ricerca, ha fondato la esclusione di responsabilità dei gestori sul fatto che i medesimi avevano attivato una procedura di allerta per i terzi al fine di . identificare le informazioni illecite e di esercitare quindi una vigilanza mirata: "retrouver l'auteur des commentaires et agir a sono encontre" e che il terzo non se ne era valso, affermando espressamente che "l'exploitant du moteur de recherche n'echappe pas a tuote responsabilit et celle ci peut etre engagée tant pour les fautes, imprudences ou negligences qu'il commet dans l'exercise de son activitè");

-che anche la sentenza della High Court of Justice sopracitata, in fattispecie non del tutto in termini, in quanto di responsabilità di Google Inc per concorso in diffamazione a mezzo del search engine, vi è invero un distinguo tra il caso in esame, in cui la responsabilità è stata esclusa, e quello dei precedenti citati in cui l'intermediario era a conoscenza dell'illecito (casi Godfrey v demon Intemet ltd e Bunt v Tilley, par. 35 ss.; lo stesso principio dell'esonero da responsabilità a condizione che non sia stata accertata la "conoscenza attuale" è affermato nella sentenza del Judgado de lo Mercantil di Madrid Palomo vGoogle Inc del 13 maggio 2009 citato dalla Corte inglese);

-che soltanto la giurisprudenza statunitense, così interpretando il Copyright Act, richiede, per la responsabilità del provider e la presenza di un direct infringement, e cioè di una contraffazione diretta, la intenzionalità della medesima (US District Court for the Eastern District of Pennsylvania, 10 marzo 2006, Parker v Google ;

-che, con riferimento in particolare alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale, l'art. 156 lda, attuando la direttiva enforcement, prevede una inibitoria a difesa di tali diritti per impedire "la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta sia da parte dell'autore di una violazione che dell'intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione";

-che la interpretazione soprarichiamata delle disposizioni citate della direttiva sulla società dell'informazione, che lasciano uno spazio alla regola di responsabilità dei providers intermediari, fa superare l'apparente confitto tra le norme di tale direttiva e quelle della direttiva enforcement e tra le relative norme - di implementazione italiane, garantendo anche la tutela di diritti che, quali diritti di proprietà, per gli artt. 17 e 47 della Carta di Nizza hanno rango di diritti fondamentali (CGE, sentenza 12 settembre 2006, C. 479/2004 caso Lasedisken), da difendersi con un ricorso effettivo;

-che nel caso in esame Yahoo può essere definita come intermediario della società dell'informazione, e precisamente come caching provider che ha la gestione diretta dell'omonimo motore di ricerca, con cui procede alla indicizzazione dei siti e, mediante il c.d. crawling, alla formazione di copie cache dei loro contenuti, con memorizzazione temporanea delle informazioni;

-che non è specificamente contestato dalla parte resistente che, nell'esercizio di tale attività, alla digitazione delle parole chiave "About Elly" parte del consumatore navigatore il Web search fornisca una serie di links con siti che trasmettono in tutto o in parte il film, senza avere la titolarità dei relativi diritti di sfruttamento economico, nella titolarità di PFA, e quindi in contraffazione del diritto di autore sull'opera cinematografica, tutti siti quindi pirata, a eccezione di quello ufficiale del film;

-che tale circostanza è stata portata a conoscenza di Yahoo da una diffida di PFA (doc 2 del fascicolo di parte ricorrente), e da quel momento l'intermediario è stato posto a conoscenza della illiceità dei contenuti di quei siti e in condizione di esercitare un controllo successivo, a cui è speculare la pretesa legittima del titolare del diritto di proprietà intellettuale di disabilitazione del link per l' accesso ai medesimi, non essendo rilevante in questo contenzioso la rimozione del loro contenuto;

-che in tale stato di fatto, la mancata attivazione del gestore del motore di ricerca in tal senso lo rende responsabile di un concorso nella contraffazione dei diritti di proprietà intellettuale, non essendo il suo agire, nella consapevolezza dell'illecito, coperto dalla esenzione di responsabilità, e quindi destinatario, quale intermediario i cui servizi sono utilizzati per la violazione, delle misure di inibitoria preventiva previste dalla legge sul diritto di autore;

-Conclusioni: che per tutte le ragioni sopraesposte dunque, la domanda cautelare di inibitoria della continuazione o della ripetizione della violazione dei diritti di sfruttamento economico sul film "About Elly", mediante il collegamento a mezzo del motore di ricerca ai siti che lo riproducono ,diversi da quello ufficiale del film, può essere accolta nei confronti di Yahoo, gestore del motore omonimo, e deve essere respinta nei confronti di Google e MCS, che non gestiscono i relativi motori di ricerca;

-che non appare invece opportuno in questo caso disporre le due misure accessorie richieste, quanto a quella di fissazione di una penale per il ritardo nell'esecuzione del provvedimento, perché le modalità di attuazione della ordinanza mediante la disattivazione dei links possono richiedere un tempo tecnico non preventivabile in questa sede, e quanto a quella di pubblicazione perché non necessaria né per la informazione al consunatore-navigatore, a cui l'accesso al sito è comunque inibito dalla mancanza di collegamento, né per la prevenzione della ripetizione dell'illecito da parte di altri concorrenti, e cioè delle società di gestione degli altri motori di ricerca, soggetti di un mercato poco affollato in cui le informazioni circolano rapidamente, né per la reintegrazione del patrimonio della società lesa, che la diffusione della informazione in sé non garantisce dallo sviamento di clientela [...] »

 

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Di Admin (del 11/05/2011 @ 12:59:11, in diritto*internet, linkato 2607 volte)

Diritto e Internet (Copyright immagine clix) Tribunale di Milano, ordinanza 31 marzo 2011:

« [...] Passando quindi all'esame dei diversi profili di censura mossi da Google all'ordinanza reclamata, al punto 1) Google evidenzia come "le associazioni di parole visualizzate dagli utenti attraverso la funzionalità denominata "Autocomplete" non sono - contrariamente a quanto afferma l'Ordinanza _ "associazioni create dal software" di Google, bensì sono il risultato delle ricerche più popolari effettuate dagli utenti".

Ritiene il Collegio che la censura sia infondata. Il procedimento attraverso il quale opera il servizio Autocomplete è chiaro e può ritenersi assolutamente pacifico anche per il fatto che sin dal ricorso introduttivo lo stesso ricorrente (come evidenziato in premessa) ha dato atto alla pag. 4 dell'automatismo della ricerca compiuta dal software che raccoglie i termini di ricerca immessi dagli utenti nel web e provvede a restituirli in ordine di popolarità - mediante un algoritmo matematico. Altrettanto ha detto il giudice nel terzo capoverso della parte motiva del provvedimento. In coerenza con tale passo va inteso quello censurato dal reclamante e contenuto nel sesto capoverso dell' ordinanza, ove l'espressione "associazioni create dal proprio software" va inteso appunto come associazioni "elaborate" dal software attraverso il filtro dei termini di ricerca maggiormente utilizzati dagli utenti (come puntualmente descritto al richiamato terzo capoverso dell' ordinanza).

Quanto al punto 2) la società reclamante lamenta che il primo giudice abbia omesso di motivare adeguatamente l'affermazione di responsabilità a suo carico, senza tenere conto delle diffuse argomentazioni che sul punto Google aveva articolato nella memoria di costituzione in relazione al ruolo ed alle responsabilità assegnate all'Internet Service Provider dal D. Lgs. n. 70/2003 che ha recepito la direttiva 2000/31/CE in materia di commercio elettronico. In particolare osserva la reclamante che "non solo Google ha ampiamente dimostrato in fase cautelare la sua natura di ISP, ma lo stesso ricorrente espressamente riconosce che ai sensi del D. Lgs. n. 70/2003 Google è un hosting provider ed in quanto tale non è responsabile dei contenuti immessi in rete da terzi".

A tale proposito è opportuno inquadrare l'ambito e le modalità secondo le quali opera la società reclamante. Va anzitutto premesso che il termine "provider" si riferisce, in genere, ad un'azienda o ad un'organizzazione che fornisce un servizio e, in particolare, il termine può riferirsi ad un Internet Service Provider, che è un fornitore di servizi internet. Google è notoriamente un ISP (Internet Service Provider) vale a dire un provider che offre servizi di motore di ricerca. I motori di ricerca sono database che indicizzano i testi sulla rete e che offrono agli utenti un accesso per la consultazione: sono dunque sostanzialmente una banca dati + un software. Per tale ragione i motori di ricerca vengono qualificati come ISP ed operano come intermediari dell'informazione tipici dell'Internet, utilizzando vari strumenti per intermediare appunto le informazioni, tra cui a) una piattaforma tecnologica (il che comporta pagine di web, data-base e software necessari al funzionamento della piattaforma); b) databases e c) softwares (in particolare gli spiders). Il complesso di tale sistema consente di pervenire all'esito della ricerca che è una o più pagine web con una serie di informazioni organizzate dal meccanismo predisposto dal motore di ricerca.

I motori di seconda generazione come Virgilio, Yahoo, Google ecc.... sono sicuramente banche dati in quanto gestiscono un catalogo manuale e/o automatico delle migliori pagine selezionate dal web. Google in particolare è un'enorme banca dati di pagine web prelevate dagli spiders quasi per intero dal web e memorizzate su enormi sistemi di storage residenti presso il suo web-farm.

Dunque i motori di ricerca sono vere e proprie raccolte di dati, informazioni, opere, consultabili attraverso la digitazione di "parole chiave".

Concludendo, i motori di ricerca organizzano informazioni (sia estratte da data-base propri o trovate in rete attraverso spiders) che sono offerte, cosÌ organizzate, all'utente.

Google è un hoster provider, vale a dire un soggetto che si limita ad offrire ospitalità ad un sito internet - gestito da altri in piena autonomia - sui propri servers.

Il riferimento normativo per una qualificazione giuridica della posizione dei vari providers è dato dagli art. da 12 a 15 della direttiva comunitaria 2000/31/CE (recepita dal D. Lgs. n. 70/03) relativa ad aspetti giuridici del commercio elettronico e più in generale dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno. Con riferimento alI'host provider la disciplina normativa citata prevede che colui che presta un servizio consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da altro soggetto (hosting) non ne è responsabile, a condizione che non sia a conoscenza che l'attività sia illecita o non sia al corrente di fatti o circostanze in base ai quali l'illegalità è apparente o, non appena al corrente di tali fatti, non agisca immediatamente per ritirare le informazioni o per rendere impossibile l'accesso (art. 14). L'art. 15 esclude poi un obbligo di sorveglianza generale a carico dei providers o un obbligo di ricerca di fatti illeciti, ma prevede l'obbligo di informare l'autorità web dove le stesse figurano presenti) sono il risultato delle ricerche più frequenti e quindi più "popolari" effettuate in precedenza dagli utenti.

Se - come è pacifico -l'associazione tra il nome del ricorrente e le parole "truffa" e "truffatore" è opera del software messo a punto appositamente e adottato da Google per ottimizzare l'accesso alla sua banca dati operando con le modalità ora descritte e volutamente individuate e prescelte per consentirne l'operatività allo scopo voluto (quello appunto di agevolare l'utilizzo del motore di ricerca Google), non può che conseguirne la diretta addebitabilità alla società, a titolo di responsabilità extracontrattuale, degli eventuali effetti negativi che l'applicazione di tale sistema può determinare.

Inconferente è l'obiezione mossa dalla società che sostiene di non essere un content provider, di non avere alcun ruolo rispetto al trattamento dei dati presenti sulle pagine dei siti internet gestiti e di proprietà di terzi e che l'abbinamento dei termini non è frutto di una "scelta" del motore di ricerca o dei suoi gestori, bensì "è la semplice rappresentazione di quello che soggetti terzi - gli utenti di internet che accedono al motore di ricerca - hanno ricercato con maggiore frequenza di recente" (pag.7 del reclamo).

Infatti il content provider è un fornitore di contenuti e - come più volte evidenziato - Google è solo un host provider ed in ogni caso nella specie il sig. B. non si lamenta del contenuto del materiale memorizzato sul web, bensì dell'abbinamento di parole che è il frutto del sistema adottato da Google e da intendersi dunque come prodotto di un'attività direttamente riconducibile, come tale, alla reclamante.

D'altro canto è innegabile che il servizio Suggest/Autocomplete opera tramite il trattamento dei dati presenti sulle pagine web immesse da soggetti terzi, adottando come criterio di individuazione del termine utile a completare la ricerca (impostata dall'utente) i termini di ricerca più utilizzati dagli utenti - calcolando in via automatica e con cadenze regolari il numero di volte in cui la parola o la frase è stata inserita dagli utenti nella stringa di ricerca.

Ed è proprio questo il meccanismo di operatività del software messo a punto da Google che determina il risultato rappresentato dagli abbinamenti che costituiscono previsioni o percorsi possibili di ricerca e che appaiono all'utente che inizia la ricerca digitando le parole chiave.

Dunque è la scelta a monte e l'utilizzo di tale sistema e dei suoi particolari meccanismi di operatività a determinare - a valle - l'addebitabilità a Google dei risultati che il meccanismo così ideato produce; con la sua conseguente responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) per i risultati eventualmente lesivi determinati dal meccanismo di funzionamento di questo particolare sistema di ricerca.

Si tratta di una scelta che ha chiaramente una valenza commerciale ben precisa, connessa con l'evidenziata agevolazione della ricerca e quindi finalizzata ad incentivare l'utilizzo (così reso più facile e rapido per l'utente) del motore di ricerca gestito da Google.

D'altro canto è un falso problema quello prospettato dalla reclamante secondo la quale ove si pretendesse la rimozione a posteriori deIl'associazione censurata "Google che impedisse la visualizzazione di contenuti immessi dagli utenti potrebbe causare lamentele e richieste risarcitorie a carico del motore di ricerca proprio da parte degli utenti che vedrebbero un 'illegittima intromissione dell 'hosting provider nei contenuti da questi immessi nel sito" (pag. 7 della memoria di costituzione di prime cure).

Infatti - come si è descritto in precedenza - il servizio "Suggest/ Autocomplete" non compie alcun intervento diretto sui contenuti memorizzati nel web, ma si limita a compiere su di essi una rilevazione/estrapolazione meramente statistica (e dunque "esterna" rispetto al contenuto) dei dati oggettivi sulla base unicamente della frequenza (c.d. popolarità) dei termini usati dagli utenti nelle ricerche.

Si tratta perciò di un software che solo astrattamente è "neutro" in quanto basato su di un sistema automatico di algoritmi matematici, poiché esso perde tale neutralità ove produca - quale risultato dell'applicazione di tale automatismo basato sui criteri prescelti dal suo ideatore - un abbinamento improprio fra i termini di ricerca.

Né viceversa il solo fatto che la modalità operativa (software) del sistema crea l'abbinamento in maniera automatica può rendere "neutro" - in virtù della mera automaticità con la quale perviene all'associazione di parole - un abbinamento che di per sé non lo è.

Irrilevante ai fini che interessano è poi il rilievo per il quale - secondo Google - "trattandosi di un software completamente automatico,... è evidente l'impossibilità - senza compromettere l'intero servizio - di operare un discrimine tra termini "buoni" e termini "cattivi ", non solo in considerazione del numero indeterminabile di parole con un potenziale significato negativo, ma anche e soprattutto de/fatto che il medesimo termine potrebbe avere significati del tutto diversi se abbinati a parole diverse" (paggg. 12 e 13 del reclamo).

Anche in questo caso la reclamante si pone in una prospettiva diversa da quella introdotta dal ricorrente: ciò che quest'ultimo richiede non è il controllo preventivo sui dati presenti nel sistema, ma quello successivo a posteriori sui risultati della sua operatività. Sotto tale profilo, peraltro, è evidente che resta del tutto irrilevante in questa sede la problematica connessa ai rimedi operativi da adottare direttamente sul software per evitare in maniera sistematica che si pervenga al risultato di abbinamenti impropri - trattandosi chiaramente di aspetti estranei alla cognizione di cui il Tribunale è stato investito. Tanto più che Google ben potrebbe ritenere sufficiente in ipotesi intervenire soltanto in via successiva, provvedendo a rimuovere l'abbinamento solo nei casi in cui ciò fosse richiesto - a fronte di chiare violazioni di diritti di terzi.

Non si deve in ogni caso dimenticare che il software che consente l'accesso al servizio "Suggest/Autocomplete" costituisce unicamente un'agevolazione (nei termini illustrati) offerto da Google ai suoi utenti, la cui eventuale modifica e/o eliminazione non comprimerebbe in alcun modo la libertà degli stessi di accedere alle ricerche offerte dal motore di ricerca Google - alla stessa maniera di quanto accade per gli altri motori di ricerca.

Per tale ragione è il risultato improprio ottenuto con l'applicazione di detto sistema a determinare la responsabilità di chi dello stesso si avvale - irilevante essendo, in tale prospettiva, l'assenza di ogni intenzionalità lesiva nel provider che lo utilizza.

Quanto al punto 3) ritiene il collegio di condividere la valutazione del giudice di prime cure che ha ritenuto diffamatoria la semplice associazione al nome del B. delle parole "truffa" e "truffatore". Non pare revocabile in dubbio - anche solo sulla base della comune esperienza - che l'utente che legge tale abbinamento sia indotto immediatamente a dubitare dell'integrità morale del soggetto il cui nome appare associato a tali parole ed a sospettare una condotta non lecita da parte dello stesso.

Né appare idonea a svuotare l'abbinamento in oggetto del ritenuto contenuto lesivo la circostanza (peraltro pacifica in causa) che i risultati di ricerca correlati ai due suggerimenti di ricerca di cui si tratta - una volta attivata la ricerca stessa - siano obiettivamente del tutto privi di contenuti offensivi.

A tale proposito non si può condividere la tesi di Google secondo la quale la suggestione iniziale sarebbe comunque subito eliminata dalla lettura dei contenuti inoffensivi del materiale raccolto all'interno della ricerca stessa. Infatti tali contenuti non sono immediatamente visualizzabili dall'utente, che deve digitare le parole del suggerimento per "entrare" nel relativo contenuto e leggerlo. Per essere indotto a ciò, all'evidenza, egli deve essere mosso da un qualche interesse specifico - in assenza del quale gli resta solo l'originaria ed immediata impressione negativa ingenerata dall'abbinamento di parole.

Obietta in proposito Google che "l'utente di internet è perfettamente in grado di filtrare e di interpretare i contenuti caricati sul web da terzi (a maggior ragione se tali contenuti si limitano ad una stringa di ricerca) e di discernere, vagliare e selezionare le informazioni a disposizione su internet" (pag. 17 del reclamo). Si tratta di affermazione sulla quale questo Tribunale non ritiene di concordare non solo perché priva di ogni riscontro obiettivo, ma anche perché, allo stato ed in considerazione del diverso livello culturale e delle capacità assai variegate in ambito informatico da parte degli utenti di internet, la tesi non appare condivisibile neppure secondo la comune esperienza e buon senso. Da parte di Google si ipotizza un utente smaliziato, che naviga abitualmente in internet, sicuro di ciò che cerca nel sistema informatico, "perfettamente in grado di discernere i contenuti offerti dalla rete": che rappresenta un' immagine certamente corrispondente ad una fetta - ma minoritaria - degli utenti del sistema; utopistica con riguardo all'utente medio del sistema e certo alla grande maggioranza di essi.

Irrilevante è altresì la circostanza che le parole censurate siano state individuate dal sistema automatico di completamento della ricerca (secondo i criteri di operatività già descritti) essendo esse presenti in parte in un articolo redatto dallo stesso B. ed in parte in contenuti immessi nel sistema dagli utenti. Si tratta di un profilo da considerarsi pacifico ma ininfluente ad elidere la responsabilità di Google, per le considerazioni già espresse laddove si è evidenziato che è il risultato dell' operatività automatica del sistema - qualora determini associazioni improprie di termini - a fondare la responsabilità di Google.

La ritenuta valenza diffamatoria dell'associazione di parole che riguarda il reclamato è innegabilmente di per sé foriera di danni al suo onore, alla sua persona ed alla sua professionalità. Negare - come fa Google - che una condotta diffamatoria non generi nella persona offesa un danno quantomeno alla sua persona significa negare la realtà dei fatti ed i riscontri della comune esperienza. La potenzialità lesiva della condotta addebitata alla reclamante - suscettibile, per la sua peculiare natura e per le modalità con cui viene realizzata, di ingravescenza con il passare del tempo stante la notoria frequenza e diffusione dell'impiego del motore di ricerca Google - giustifica il legittimo accoglimento, da parte del giudice di prime cure, del ricorso in via d'urgenza pure sotto il profilo del periculum in mora; anche in considerazione della difficoltà obiettiva di provare e quindi liquidare il danno nella sua effettiva consistenza, avuto riguardo altresì alla circostanza (rilevabile dal sito del B. ed in ogni caso non contestata) che il reclamato utilizza il web per la propria attività professionale.

L'accertata infondatezza dei moti vi dedotti con il proposto reclamo ne comporta il rigetto, con la conseguente condanna di Google a rimborsare a controparte le spese della presente fase.

Esse vengono liquidate d'ufficio, in assenza di nota spese, nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della causa e della natura delle questioni trattate [...] »




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Diritto e Internet (Copyright immagine clix) Pubblicato il 29 luglio 2011 in Gazzetta Ufficiale il provvedimento del Ministero della Giustizia del 18 luglio 2011, previsto dal Regolamento 21 febbraio 2011 n.44, sulle nuove specifiche tecniche per l'adozione nel processo civile e penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

Il provvedimento concerne in particolare:

- le tipologie di sistemi informatici del dominio giustizia
- le modalità di trasmissione di atti e documenti informatici
- le procedure di consultazione delle informazioni del dominio giustizia
- i metodi per effettuare pagamenti telematici


Con riferimento al Portale dei servizi telematici, l'art. 5 del provvedimento prevede quanto segue:

« Il portale dei servizi telematici è accessibile all'indirizzo www.processotelematico.giustizia.it ed è composto di una "area pubblica" e di una "area riservata".
L'"area pubblica", dal titolo "Servizi online Uffici Giudiziari", è composta da tutte le pagine web e i servizi del portale disponibili ad accesso senza l'impiego di apposite credenziali, sistemi di identificazione e requisiti di legittimazione; in essa sono disponibili le seguenti tipologie d'informazione:

Informazioni e documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia;
Raccolte giurisprudenziali;
Informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, rese di-sponibili in forma anonima; in questo caso, i parametri e i risultati di ricerca riportano unicamente i dati identificativi dei procedimenti (numero di ruolo, numero di sentenza, ecc.), senza riferimenti in chiaro ai nomi o ai dati personali delle parti e tali per cui non sia possibile risalire all'identità dell'interessato. Il canale di comunicazione per l'accesso a tali informazioni è cifrato (HTTPS).

Nell'area pubblica è consultabile il catalogo dei servizi telematici, che si compone di una serie di file aventi lo scopo di censire, in forma strutturata, tutte le informazioni relative ai servizi telematici, secondo gli XSD di cui all'Allegato 10.
Per "area riservata" s'intende il contenitore di tutte le pagine e i servizi del portale disponibili previa identificazione informatica, come disciplinata dall'articolo 6.
Nell'area riservata sono disponibili informazioni, dati e provvedimenti giudiziari in formato elettronico, secondo quanto previsto all'art. 27 del regolamento, nonché i servizi di pagamento telematico e di richiesta copie ».

Con riferimento invece al formato degli atti del processo, l'art. 12 del provvedimento stabilisce quanto segue:

« L'atto del processo in forma di documento informatico rispetta i seguenti requisiti:

è in formato PDF;
è privo di elementi attivi;
è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;
è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna, pertanto il file ha la seguente denominazione: .pdf.p7m;
è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell'Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata.

La struttura del documento firmato è CAdES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo "firme multiple indipendenti" o parallele , e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L'ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un'alterazione dell'ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; il file generato si presenta con un'unica estensione p7m. Il meccanismo qui descritto è valido sia per l'apposizione di una firma singola che per l'apposizione di firme multiple ».


Il testo del provvedimento su IRDoc


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Diritto e Internet (Copyright immagine khz) « L'art. 14, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno ("direttiva sul commercio elettronico"), deve essere interpretato nel senso che esso si applica al gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permette di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati.

Detto gestore svolge un ruolo attivo siffatto allorché presta un'assistenza che consiste in particolare nell'ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi o nel promuoverle.

Quando non ha svolto un ruolo attivo nel senso indicato al comma precedente e dunque la sua prestazione di servizio rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31, il gestore di un mercato online, in una causa che può comportare una condanna al pagamento di un risarcimento dei danni, non può tuttavia avvalersi dell'esonero dalla responsabilità previsto nella suddetta disposizione qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore diligente avrebbe dovuto constatare l'illiceità delle offerte in vendita di cui trattasi e, nell'ipotesi in cui ne sia stato al corrente, non abbia prontamente agito conformemente al n. 1, lett. b), del suddetto art. 14 ».

L'art. 14 della direttiva 2000/31/CE, attuata in Italia con il d.lgs. 70/2003, prevede quanto segue:

"Hosting"

1. Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore:

a) non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illegalità dell'attività o dell'informazione, o

b) non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso.

2. Il paragrafo 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l'autorità o il controllo del prestatore.

3. Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca una violazione o vi ponga fine ad una violazione o la impedisca nonché la possibilità, per gli Stati membri, di definire procedure per la rimozione delle informazioni o la disabilitazione dell'accesso alle medesime.


Il testo completo della sentenza su
intertraders.eu

 



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Europa (Copyright immagine svilen001) Sentenza Corte di Giustizia UE del 25/10/2011 nelle cause riunite C 509/09 e C 161/10:

- l'art. 5, punto 3, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che, in caso di asserita violazione dei diritti della personalità per mezzo di contenuti messi in rete su un sito Internet, la persona che si ritiene lesa ha la facoltà di esperire un'azione di risarcimento, per la totalità del danno cagionato, o dinanzi ai giudici dello Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che ha emesso tali contenuti, o dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il proprio centro d'interessi. In luogo di un'azione di risarcimento per la totalità del danno cagionato, tale persona può altresì esperire un'azione dinanzi ai giudici di ogni Stato membro sul cui territorio un'informazione messa in rete sia accessibile oppure lo sia stata. Questi ultimi sono competenti a conoscere del solo danno cagionato sul territorio dello Stato membro del giudice adito;

- l'art. 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che esso non impone un recepimento in forma di norma specifica di conflitto. Nondimeno, per quanto attiene all'ambito regolamentato, gli Stati membri devono assicurare che, fatte salve le deroghe autorizzate alle condizioni previste dall'art. 3, n. 4, della direttiva 2000/31, il prestatore di un servizio del commercio elettronico non sia assoggettato a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto sostanziale applicabile nello Stato membro di stabilimento di tale prestatore.

Il testo della sentenza



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Sentenza Corte di Giustizia dell'Unione europea del 24 novembre 2011:

Europa (Copyright immagine svilen001) Non è possibile imporre a un internet service provider l'obbligo di predisporre un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche che implicano l'uso di software peer-to-peer



« On those grounds, the Court (Third Chamber) hereby rules:

Directives:

-        2000/31/EC of the European Parliament and of the Council of 8 June 2000 on certain legal aspects of information society services, in particular electronic commerce, in the Internal Market ('Directive on electronic commerce');

-        2001/29/EC of the European Parliament and of the Council of 22 May 2001 on the harmonisation of certain aspects of copyright and related rights in the information society;

-        2004/48/EC of the European Parliament and of the Council of 29 April 2004 on the enforcement of intellectual property rights ;

-        95/46/EC of the European Parliament and of the Council of 24 October 1995 on the protection of individuals with regard to the processing of personal data and on the free movement of such data; and

-        2002/58/EC of the European Parliament and of the Council of 12 July 2002 concerning the processing of personal data and the protection of privacy in the electronic communications sector (Directive on privacy and electronic communications),

read together and construed in the light of the requirements stemming from the protection of the applicable fundamental rights, must be interpreted as precluding an injunction made against an internet service provider which requires it to install a system for filtering

-        all electronic communications passing via its services, in particular those involving the use of peer-to-peer software;

-        which applies indiscriminately to all its customers;

-        as a preventive measure;

-        exclusively at its expense; and

-        for an unlimited period,

which is capable of identifying on that provider's network the movement of electronic files containing a musical, cinematographic or audio-visual work in respect of which the applicant claims to hold intellectual-property rights, with a view to blocking the transfer of files the sharing of which infringes copyright ».



Il testo della sentenza (in inglese)





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Di Admin (del 25/11/2011 @ 08:45:40, in diritto*internet, linkato 1619 volte)

 

Europa (Copyright immagine svilen001) SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

24 novembre 2011

«Società dell'informazione - Diritto d'autore - Internet - Programmi "peer-to-peer" - Fornitori di accesso a Internet - Predisposizione di un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche al fine di impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d'autore - Assenza di un obbligo generale di sorvegliare le informazioni trasmesse»

Nel procedimento C-70/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 267 TFUE, dalla cour d'appel de Bruxelles (Belgio), con decisione 28 gennaio 2010, pervenuta in cancelleria il 5 febbraio 2010, nella causa

Scarlet Extended SA

contro

Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM),

con l'intervento di:

Belgian Entertainment Association Video ASBL (BEA Video),

Belgian Entertainment Association Music ASBL (BEA Music),

Internet Service Provider Association ASBL (ISPA),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 13 gennaio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

-        per la Scarlet Extended SA, dagli avv.ti T. De Meese e B. Van Asbroeck, avocats;

-        per la Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), la Belgian Entertainment Association Video ASBL (BEA Video) e la Belgian Entertainment Association Music ASBL (BEA Music), dagli avv.ti F. de Visscher, B. Michaux e F. Brison, avocats;

-        per la Internet Service Provider Association ASBL (ISPA), dall'avv. G. Somers, avocat;

-        per il governo belga, dai sigg. T. Materne e J.-C. Halleux, nonché dalla sig.ra C. Pochet, in qualità di agenti;

-        per il governo ceco, dal sig. M. Smolek e dalla sig.ra K. Havlícková, in qualità di agenti;

-        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

-        per il governo olandese, dalle sig.re C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

-        per il governo polacco, dai sigg. M. Szpunar, M. Drwiecki e J. Golinski, in qualità di agenti;

-        per il governo finlandese, dalla sig.ra M. Pere, in qualità di agente;

-        per la Commissione europea, dalle sig.re J. Samnadda e C. Vrignon, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 aprile 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione delle seguenti direttive:

-        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1);

-        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (GU L 167, pag. 10);

-        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 157, pag. 45; rettifiche nella GU 2004, L 195, pag. 16);

-        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e

-        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201, pag. 37).

2        Questa domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra la Scarlet Extended SA (in prosieguo: la «Scarlet») e la Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM) (in prosieguo: la «SABAM») vertente sul rifiuto della Scarlet di predisporre un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche realizzate tramite programmi per lo scambio di archivi (detti «peer-to-peer»), onde impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d'autore.

Contesto normativo

Il diritto dell'Unione

La direttiva 2000/31

3        Ai sensi del quarantacinquesimo e del quarantasettesimo 'considerando' della direttiva 2000/31:

«(45) Le limitazioni alla responsabilità dei prestatori intermedi previste nella presente direttiva lasciano impregiudicata la possibilità di azioni inibitorie di altro tipo. Siffatte azioni inibitorie possono, in particolare, essere ordinanze di organi giurisdizionali o autorità amministrative che obbligano a porre fine a una violazione o impedirla, anche con la rimozione dell'informazione illecita o la disabilitazione dell'accesso alla medesima.

(...)

(47)      Gli Stati membri non possono imporre ai prestatori un obbligo di sorveglianza di carattere generale. Tale disposizione non riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi specifici e, in particolare, lascia impregiudicate le ordinanze emesse dalle autorità nazionali secondo le rispettive legislazioni».

4        L'art. 1 di questa direttiva così recita:

«1.      La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione tra Stati membri.

2.      La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell'obiettivo di cui al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell'informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.

(...)».

5        L'art. 12 di detta direttiva, che figura nella Sezione 4 del Capo II della stessa ed è intitolato «Responsabilità dei prestatori intermediari», dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell'informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che egli:

a)      non dia origine alla trasmissione;

b)      non selezioni il destinatario della trasmissione; e

c)      non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

(...)

3.      Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca o ponga fine ad una violazione».

6        Ai sensi dell'art. 15 della direttiva 2000/31, anch'esso incluso nella sua Sezione 4 del Capo II:

«1.      Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.

2.      Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell'informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati».

La direttiva 2001/29

7        A norma del sedicesimo e del cinquantanovesimo 'considerando' della direttiva 2001/29:

«(16)(...) La presente direttiva dovrebbe essere attuata in tempi analoghi a quelli previsti per [la direttiva 2000/31], in quanto tale direttiva fornisce un quadro armonizzato di principi e regole che riguardano tra l'altro alcune parti importanti della presente direttiva. Questa direttiva lascia impregiudicate le regole relative alla responsabilità della direttiva suddetta.

(...)

(59)      In particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela a disposizione, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti. Questa possibilità dovrebbe essere disponibile anche ove gli atti svolti dall'intermediario siano soggetti a eccezione ai sensi dell'articolo 5. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento ingiuntivo dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri».

8        L'art. 8 della direttiva 2001/29 stabilisce quanto segue:

«1.      Gli Stati membri prevedono adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le violazioni dei diritti e degli obblighi contemplati nella presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie a garantire l'applicazione delle sanzioni e l'utilizzazione dei mezzi di ricorso. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

(...)

3.      Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore o diritti connessi».

La direttiva 2004/48

9        Il ventitreesimo 'considerando' della direttiva 2004/48 così recita:

«[Senza pregiudizio di] eventuali altre misure, procedure e mezzi di ricorso disponibili, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di richiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto di proprietà industriale del titolare. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento inibitorio dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri. Per quanto riguarda le violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi, la direttiva [2001/29] prevede già un ampio livello di armonizzazione. Pertanto l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29] non dovrebbe essere pregiudicato dalla presente direttiva».

10      Ai termini dell'art. 2, n. 3, della direttiva 2004/48:

«La presente direttiva fa salve:

a)      le disposizioni comunitarie che disciplinano il diritto sostanziale di proprietà intellettuale (.), la direttiva [2000/31] in generale e le disposizioni degli articoli da 12 a 15 [di quest'ultima] in particolare;

(...)».

11      L'art. 3 della direttiva 2004/48 così recita:

«1.      Gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla presente direttiva. Tali misure, procedure e mezzi di ricorso sono leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati.

2.      Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi».

12      L'art. 11 della direttiva 2004/48 così dispose:

«Gli Stati membri assicurano che, in presenza di una decisione giudiziaria che ha accertato una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, le autorità giudiziarie possano emettere nei confronti dell'autore della violazione un'ingiunzione diretta a vietare il proseguimento della violazione. Se previsto dalla legislazione nazionale, il mancato rispetto di un'ingiunzione è oggetto, ove opportuno, del pagamento di una pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, al fine di assicurarne l'esecuzione. Gli Stati membri assicurano che i titolari possano chiedere un provvedimento ingiuntivo nei confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale, senza pregiudizio dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29]».

Il diritto nazionale

13      L'art. 87, n. 1, primo e secondo comma, della legge 30 giugno 1994, sul diritto d'autore e sui diritti connessi (Moniteur belge del 27 luglio 1994, pag. 19297) prevede quanto segue:

«Il presidente del tribunal de première instance (.) consta[ta] l'esistenza e [ordina] la cessazione di qualsiasi violazione del diritto d'autore o di un diritto connesso.

[Può] altresì emanare un provvedimento inibitorio contro intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare il diritto d'autore o un diritto connesso».

14      Gli artt. 18 e 21 della legge 11 marzo 2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione (Moniteur belge del 17 marzo 2003, pag. 12962), recepiscono nel diritto nazionale gli artt. 12 e 15 della direttiva 2000/31.

Causa principale e questioni pregiudiziali

15      La SABAM è una società di gestione che rappresenta gli autori, i compositori e gli editori di opere musicali ed autorizza l'utilizzo delle loro opere tutelate da parte di terzi.

16      La Scarlet è un fornitore di accesso ad Internet (in prosieguo: «FAI») che procura ai propri clienti tale accesso, senza proporre altri servizi come lo scaricamento o la condivisione dei file.

17      Nel corso del 2004, la SABAM perveniva alla conclusione che gli utenti di Internet che si avvalevano dei servizi della Scarlet scaricavano da Internet, senza autorizzazione e senza pagarne i diritti, opere contenute nel suo catalogo utilizzando reti «peer-to-peer», che costituiscono uno strumento aperto per la condivisione di contenuti, indipendente, decentralizzato e dotato di avanzate funzioni di ricerca e di scaricamento di file.

18      Con atto di ricorso del 24 giugno 2004 essa citava pertanto la Scarlet dinanzi al presidente del tribunal de première instance de Bruxelles, sostenendo che, nella sua qualità di FAI, tale società si trovava nella situazione ideale per adottare misure volte a far cessare le violazioni del diritto d'autore commesse dai suoi clienti.

19      LA SABAM chiedeva, anzitutto, che venisse riconosciuta la violazione dei diritti d'autore sulle opere musicali appartenenti al suo repertorio, in particolare dei diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico, dovuta allo scambio non autorizzato di file musicali realizzato grazie a software «peer to peer». Tali violazioni sarebbero state commesse avvalendosi dei servizi della Scarlet.

20      Essa domandava inoltre che la Scarlet fosse condannata, a pena di ammenda, a far cessare tali violazioni rendendo impossibile o bloccando qualsiasi forma di invio o di ricezione da parte dei suoi clienti, mediante programmi «peer to peer», senza autorizzazione dei titolari dei diritti, di file contenenti un'opera musicale, pretendendo infine che la Scarlet le comunicasse la descrizione delle misure che intendeva applicare per ottemperare all'emananda sentenza, a pena di ammenda.

21      Con sentenza 26 novembre 2004, il presidente del tribunal de première instance de Bruxelles accertava l'esistenza delle violazioni del diritto d'autore denunciate dalla SABAM. Tuttavia, prima di statuire sull'istanza di provvedimenti inibitori, esso incaricava un perito di verificare se le soluzioni tecniche proposte dalla SABAM fossero tecnicamente realizzabili, se esse consentissero di filtrare unicamente gli scambi illeciti di file e se esistessero altri dispositivi idonei a controllare l'utilizzo di programmi «peer to peer», nonché di quantificare il costo dei dispositivi considerati.

22      Nella sua relazione, il perito designato traeva la conclusione che, nonostante la presenza di numerosi ostacoli tecnici, non si poteva escludere completamente che il filtraggio ed il blocco degli scambi illeciti di file fosse realizzabile.

23      Con sentenza 29 giugno 2007, il presidente del tribunal de première instance de Bruxelles condannava pertanto la Scarlet a far cessare le violazioni del diritto d'autore accertate con la sentenza 26 novembre 2004, rendendo impossibile qualsiasi forma, realizzata mediante un programma «peer to peer», di invio o di ricezione, da parte dei suoi clienti, di file che contenessero un'opera musicale appartenente al repertorio della Sabam, a pena di ammenda.

24      La Scarlet interponeva appello contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, affermando, anzitutto, che le risultava impossibile ottemperare a tale ingiunzione poiché l'efficacia e la durata nel tempo dei dispositivi di blocco o di filtraggio non erano dimostrate e l'attuazione di tali dispositivi era ostacolata da diversi fattori pratici, quali problemi di capacità della rete e di impatto sulla stessa. Inoltre, qualsiasi tentativo di bloccare i file incriminati, a suo avviso, sarebbe stato destinato al fallimento a breve termine, stante l'esistenza di numerosi programmi «peer-to-peer» che avrebbero reso impossibile la verifica del loro contenuto da parte di terzi.

25      La Scarlet sosteneva poi che detta ingiunzione non era conforme all'art. 21 della legge 11 marzo 2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, che recepisce nel diritto nazionale l'art. 15 della direttiva 2000/31, in quanto imponeva, de facto, un obbligo generale di sorveglianza sulle comunicazioni veicolate dalla sua rete, posto che qualsiasi dispositivo di blocco o di filtraggio del traffico «peer to peer» presuppone una sorveglianza generalizzata su tutte le comunicazioni che passano per tale rete.

26      Infine, la Scarlet spiegava che la predisposizione di un sistema di filtraggio avrebbe leso le disposizioni del diritto dell'Unione in materia di tutela dei dati personali e di segreto delle comunicazioni, in quanto tale filtraggio implica il trattamento degli indirizzi IP, che sono dati personali.

27      In tale contesto il giudice del rinvio ha ritenuto che, prima di verificare se un meccanismo di filtraggio e di blocco dei file «peer-to-peer» esista e possa essere efficace, occorre assicurarsi che gli obblighi da porre eventualmente a carico della Scarlet siano conformi al diritto dell'Unione.

28      In tale contesto, la cour d'appel de Bruxelles ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le direttive 2001/29 e 2004/48, lette in combinato disposto con le direttive 95/46, 2000/31 e 2002/58, interpretate, in particolare, alla luce degli artt. 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, consentano agli Stati membri di autorizzare un giudice nazionale, adito nell'ambito di un procedimento nel merito e in base alla sola disposizione di legge che prevede che "[i giudici nazionali] possono altresì emettere un'ingiunzione recante un provvedimento inibitorio nei confronti di intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare il diritto d'autore o un diritto connesso", ad ordinare ad un [FAI] di predisporre, nei confronti della sua intera clientela, in abstracto e a titolo preventivo, esclusivamente a spese di tale FAI e senza limitazioni nel tempo, un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche, sia entranti che uscenti, che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante l'impiego di software "peer to peer", al fine di individuare, nella sua rete, la circolazione di file contenenti un'opera musicale, cinematografica o audiovisiva sulla quale il richiedente affermi di vantare diritti, e in seguito di bloccare il trasferimento di questi, al momento della richiesta o in occasione dell'invio.

2)      In caso di risposta affermativa alla [prima] questione (.), se tali direttive obblighino il giudice nazionale, adito per statuire su una richiesta di ingiunzione nei confronti di un intermediario dei cui servizi si avvalgano terzi per violare il diritto d'autore, ad applicare il principio della proporzionalità quando è chiamato a pronunciarsi sull'efficacia e sull'effetto dissuasivo della misura richiesta».

Sulle questioni pregiudiziali

29      Con le sue questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette nel loro combinato disposto ed interpretate alla luce delle condizioni che la tutela dei diritti fondamentali applicabili implica, debbano essere interpretate nel senso che ostano all'ingiunzione rivolta ad un FAI di predisporre un sistema di filtraggio:

-        di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;

-        che si applichi indistintamente a tutta la sua clientela;

-        a titolo preventivo;

-        a sue spese esclusive, e

-        senza limiti nel tempo,

idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un'opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d'autore (in prosieguo: il «sistema di filtraggio controverso»).

30      In proposito, occorre anzitutto ricordare che, ai sensi degli artt. 8, n. 3, della direttiva 2001/29 e 11, terza frase, della direttiva 2004/48, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari, come i FAI, i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare i loro diritti.

31      Dalla giurisprudenza della Corte risulta poi che la competenza attribuita, a norma di tali disposizioni, agli organi giurisdizionali nazionali deve consentire a questi ultimi di ingiungere a detti intermediari di adottare provvedimenti che contribuiscano in modo effettivo, non solo a porre fine alle violazioni già inferte ai diritti di proprietà intellettuale mediante i loro servizi della società dell'informazione, ma anche a prevenire nuove violazioni (v., in questo senso, sentenza 12 luglio 2011, causa C-324/09, L'Oréal e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 131).

32      Infine, dalla medesima giurisprudenza si evince che le modalità delle ingiunzioni che gli Stati membri devono prevedere ai sensi di detti artt. 8, n. 3, e 11, terza frase, quali quelle relative alle condizioni che devono essere soddisfatte e alla procedura da seguire, devono essere stabilite dal diritto nazionale (v., mutatis mutandis, sentenza L'Oréal e a., cit., punto 135).

33      Pertanto, tali norme nazionali, al pari della loro applicazione da parte degli organi giurisdizionali nazionali, devono rispettare i limiti derivanti dalle direttive 2001/29 e 2004/48, nonché dalle fonti del diritto alle quali tali direttive fanno riferimento (v., in questo senso, sentenza L'Oréal e a., cit., punto 138).

34      Di conseguenza, in conformità al sedicesimo 'considerando' della direttiva 2001/29 e all'art. 2, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/48, dette norme, emanate dagli Stati membri, non possono intaccare le disposizioni della direttiva 2000/31 e, più precisamente, i suoi artt. 12-15.

35      Tali norme devono quindi rispettare l'art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31, che vieta alle autorità nazionali di adottare misure che impongano ad un FAI di procedere ad una sorveglianza generalizzata sulle informazioni che esso trasmette sulla propria rete.

36      A questo riguardo, la Corte ha già statuito che siffatto divieto abbraccia in particolare le misure nazionali che obbligherebbero un prestatore intermedio, come un FAI, a realizzare una vigilanza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Peraltro, un obbligo siffatto di vigilanza generale sarebbe incompatibile con l'art. 3 della direttiva 2004/48, il quale enuncia che le misure contemplate da detta direttiva devono essere eque e proporzionate e non eccessivamente costose (v. sentenza L'Oréal e a., cit., punto 139).

37      Ciò considerato, occorre verificare se l'ingiunzione oggetto della causa principale, che impone al FAI di predisporre il sistema di filtraggio controverso, implichi in tale circostanza l'obbligo di procedere ad una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale.

38      A questo proposito, è pacifico che l'attuazione di tale sistema di filtraggio presuppone:

-        che il FAI identifichi, in primo luogo, nell'insieme delle comunicazioni elettroniche di tutti i suoi clienti, i file che appartengono al traffico «peer-to-peer»;

-        che esso identifichi, in secondo luogo, nell'ambito di tale traffico, i file che contengono opere sulle quali i titolari dei diritti di proprietà intellettuale affermino di vantare diritti;

-        in terzo luogo, che esso determini quali tra questi file sono scambiati in modo illecito e,

-        in quarto luogo, che proceda al blocco degli scambi di file che esso stesso qualifica come illeciti.

39      Siffatta sorveglianza preventiva richiederebbe così un'osservazione attiva sulla totalità delle comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del FAI coinvolto e, pertanto, includerebbe tutte le informazioni da trasmettere e ciascun cliente che si avvale di tale rete.

40      Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che l'ingiunzione rivolta al FAI in questione di predisporre il sistema di filtraggio controverso lo obbligherebbe a procedere ad una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Da ciò si evince che tale ingiunzione imporrebbe a detto FAI una sorveglianza generalizzata, che è vietata dall'art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31.

41      Per vagliare la conformità di tale ingiunzione al diritto dell'Unione, occorre inoltre tenere conto delle condizioni che discendono dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, come quelli menzionati dal giudice del rinvio.

42      In proposito va ricordato che l'ingiunzione oggetto della causa principale è volta a garantire la tutela dei diritti d'autore, che appartengono alla sfera del diritto di proprietà intellettuale e che possono essere lesi dalla natura e dal contenuto di talune comunicazioni elettroniche realizzate per il tramite della rete del FAI in questione.

43      Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall'art. 17, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), non può desumersi né da tale disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto.

44      Come emerge, infatti, dai punti 62-68 della sentenza 29 gennaio 2008, causa C-275/06, Promusicae (Racc. pag. I-271), la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fanno parte i diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali.

45      Più precisamente, dal punto 68 di tale sentenza emerge che è compito delle autorità e dei giudici nazionali, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d'autore, garantire un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle persone su cui incidono dette misure.

46      Pertanto, in circostanze come quelle della causa principale, le autorità ed i giudici nazionali devono in particolare garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari di diritti d'autore, e quella della libertà d'impresa, appannaggio di operatori come i FAI in forza dell'art. 16 della Carta.

47      Orbene, nella presente fattispecie, l'ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso implica una sorveglianza, nell'interesse di tali titolari, su tutte le comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del FAI coinvolto. Tale sorveglianza è inoltre illimitata nel tempo, riguarda qualsiasi futura violazione e postula che si debbano tutelare non solo opere esistenti, bensì anche opere future, che non sono state ancora create nel momento in cui viene predisposto detto sistema.

48      Pertanto, un'ingiunzione di questo genere causerebbe una grave violazione della libertà di impresa del FAI in questione, poiché l'obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a suo carico, il che risulterebbe peraltro contrario alle condizioni stabilite dall'art. 3, n. 1, della direttiva 2004/48, il quale richiede che le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale non siano inutilmente complesse o costose.

49      Ciò premesso, occorre dichiarare che l'ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso non rispetta l'esigenza di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti d'autore, e, dall'altro, quella della libertà d'impresa, appannaggio di operatori come i FAI.

50      Per di più, gli effetti di detta ingiunzione non si limiterebbero al FAI coinvolto, poiché il sistema di filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei clienti di tale FAI, ossia i loro diritti alla tutela dei dati personali e alla libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dagli artt. 8 e 11 della Carta.

51      Da un lato, infatti, è pacifico che l'ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso implicherebbe un'analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l'identificazione degli indirizzi IP degli utenti all'origine dell'invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono di identificare in modo preciso suddetti utenti.

52      Dall'altro, detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito ed un contenuto illecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito. Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di una trasmissione dipende anche dall'applicazione di eccezioni di legge al diritto di autore che variano da uno Stato membro all'altro. Inoltre, in certi Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico dominio o possono essere state messe in linea gratuitamente da parte dei relativi autori.

53      Pertanto, occorre dichiarare che, adottando l'ingiunzione che costringe il FAI a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in questione non rispetterebbe l'obbligo di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e, dall'altro, la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni.

54      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando che le direttive 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette in combinato disposto e interpretate tenendo presenti le condizioni derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che ostano all'ingiunzione ad un FAI di predisporre il sistema di filtraggio controverso.

Sulle spese

55      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Le direttive:

-        del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico»);

-        del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione;

-        del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale;

-        del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, e

-        del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche),

lette in combinato disposto e interpretate tenendo presenti le condizioni derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che ostano all'ingiunzione ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio:

-        di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;

-        che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;

-        a titolo preventivo;

-        a sue spese esclusive, e

-        senza limiti nel tempo,

idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un'opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d'autore.

Firme

 

Fonte: http://curia.europa.eu

 

 


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Di Admin (del 13/01/2012 @ 19:39:03, in diritto*internet, linkato 3016 volte)

Europa (Copyright immagine svilen001)Web-TV: la Corte di Giustizia UE dovra' stabilire se il re-streaming di canali televisivi free-to-air e' legittimo


La Corte di Giustizia dell'Unione europea dovrà chiarire se il diritto esclusivo dell'autore di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle proprie opere, riconosciuto dall'art. 3, par. 1, della direttiva 2001/29/CE, attuata in Italia con il d.lgs. 68/2003, si estenda o meno all'ipotesi in cui:

- l'autore autorizzi la trasmissione della sua opera da parte di un canale televisivo terrestre free-to-air visibile nel territorio di uno Stato membro o in una sua determinata area geografica

- e una terza parte fornisca un servizio per mezzo del quale gli utenti, che potrebbero legittimamente ricevere il segnale del canale televisivo nelle loro case con un televisore, possono invece accedere al server del fornitore del servizio per vedere in streaming su Internet il canale televisivo.


Le questioni sono state sollevate con riferimento alla vicenda giudiziaria che, nel Regno Unito, vede coinvolto il sito
www.tvcatchup.com, il quale offre appunto ai suoi utenti la possibilità di vedere in streaming canali televisivi free-to-air.


Per maggiori informazioni si legga questo articolo (in inglese)

 

 

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Europa (Copyright immagine svilen001) La recente direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, che dovrà essere recepita in Italia entro il 13 dicembre 2013, introduce nuove disposizioni che interessano anche i siti web di commercio elettronico B2C.



In particolare, con riguardo agli obblighi di informazione per i contratti a distanza, l'art. 6 della direttiva prevede quanto segue:

« 1. Prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta, il professionista fornisce al consumatore le informazioni seguenti, in maniera chiara e comprensibile:

a) le caratteristiche principali dei beni o servizi, nella misura adeguata al supporto e ai beni o servizi;

b) l'identità del professionista, ad esempio la sua denominazione sociale;

c) l'indirizzo geografico dove il professionista è stabilito e il suo numero di telefono, di fax e l'indirizzo elettronico, ove disponibili, per consentire al consumatore di contattare rapidamente il professionista e comunicare efficacemente con lui e, se applicabili, l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per conto del quale agisce;

d) se diverso dall'indirizzo fornito in conformità della lettera c), l'indirizzo geografico della sede del professionista a cui il consumatore può indirizzare eventuali reclami e, se applicabile, quello del professionista per conto del quale agisce;

e) il prezzo totale dei beni o dei servizi comprensivo delle imposte o, se la natura dei beni o servizi comporta l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali e ogni altro costo oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore. Nel caso di un contratto a tempo indeterminato o di un contratto comprendente un abbonamento, il prezzo totale include i costi totali per periodo di fatturazione. Quando tali contratti prevedono l'addebitamento di una tariffa fissa, il prezzo totale equivale anche ai costi mensili totali. Se i costi totali non possono essere ragionevolmente calcolati in anticipo, devono essere fornite le modalità di calcolo del prezzo;

f) il costo dell'utilizzo del mezzo di comunicazione a distanza per la conclusione del contratto quando tale costo è calcolato su una base diversa dalla tariffa di base;

g) le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione, la data entro la quale il professionista si impegna a consegnare i beni o a prestare i servizi e, se del caso, il trattamento dei reclami da parte del professionista;

h) in caso di sussistenza di un diritto di recesso, le condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto conformemente all'articolo 11, paragrafo 1, nonché il modulo tipo di recesso di cui all'allegato I, parte B;

i) se applicabile, l'informazione che il consumatore dovrà sostenere il costo della restituzione dei beni in caso di recesso e in caso di contratti a distanza qualora i beni per loro natura non possano essere normalmente restituiti a mezzo posta;

j) che, se il consumatore esercita il diritto di recesso dopo aver presentato una richiesta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, o dell'articolo 8, paragrafo 8, egli è responsabile del pagamento al professionista di costi ragionevoli, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3;

k) se non è previsto un diritto di recesso ai sensi dell'articolo 16, l'informazione che il consumatore non beneficerà di un diritto di recesso o, se del caso, le circostanze in cui il consumatore perde il diritto di recesso;

l) un promemoria dell'esistenza della garanzia legale di conformità per i beni;

m) se applicabili, l'esistenza e le condizioni dell'assistenza postvendita al consumatore, dei servizi postvendita e delle garanzie commerciali;

n) l'esistenza di codici di condotta pertinenti, come definiti all'articolo 2, lettera f), della direttiva 2005/29/CE e come possa esserne ottenuta copia, se del caso;

o) la durata del contratto, se applicabile, o, se il contratto è a tempo indeterminato o è un contratto a rinnovo automatico, le condizioni per recedere dal contratto;

p) se applicabile, la durata minima degli obblighi del consumatore a norma del contratto;

q) se applicabili, l'esistenza e le condizioni di depositi o altre garanzie finanziarie che il consumatore è tenuto a pagare o fornire su richiesta del professionista;

r) se applicabile, la funzionalità del contenuto digitale, comprese le misure applicabili di protezione tecnica;

s) qualsiasi interoperabilità pertinente del contenuto digitale con l'hardware e il software, di cui il professionista sia a conoscenza o di cui ci si può ragionevolmente attendere che sia venuto a conoscenza, se applicabile;

t) se applicabile, la possibilità di servirsi di un meccanismo extra-giudiziale di reclamo e ricorso cui il professionista è soggetto e le condizioni per avervi accesso.

2. Il paragrafo 1 si applica anche ai contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale.

3. Nel caso di un'asta pubblica, le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere b), c) e d), possono essere sostituite dai corrispondenti dati della casa d'aste.

4. Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere h), i) e j), possono essere fornite mediante le istruzioni tipo sul recesso di cui all'allegato I, parte A. Il professionista ha adempiuto agli obblighi di informazione di cui al paragrafo 1, lettere h), i) e j) se ha presentato dette istruzioni al consumatore, debitamente compilate.

5. Le informazioni di cui al paragrafo 1 formano parte integrante del contratto a distanza o del contratto negoziato fuori dei locali commerciali e non possono essere modificate se non con l'accordo espresso delle parti.

6. Se il professionista non adempie agli obblighi di informazione sulle spese aggiuntive o gli altri costi di cui al paragrafo 1, lettera e), o sui costi della restituzione dei beni di cui al paragrafo 1, lettera i), il consumatore non deve sostenere tali spese o costi aggiuntivi.

7. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre nel diritto nazionale requisiti linguistici relativi all'informazione contrattuale onde garantire che tali informazioni siano facilmente comprese dal consumatore.

8. Gli obblighi di informazione stabiliti nella presente direttiva si aggiungono agli obblighi di informazione contenuti nella direttiva 2006/123/CE e nella direttiva 2000/31/CE, e non ostano a che gli Stati membri impongano obblighi di informazione aggiuntivi conformemente a tali direttive.

Fatto salvo il primo comma, in caso di conflitto tra una disposizione della direttiva 2006/123/CE o della direttiva 2000/31/CE sul contenuto e le modalità di fornitura delle informazioni e una disposizione della presente direttiva, prevale la disposizione della presente direttiva.

9. L'onere della prova relativo all'adempimento degli obblighi di informazione di cui al presente capo incombe sul professionista ».



L'articolo 8 della direttiva, con riguardo ai requisiti formali per i contratti a distanza, prevede inoltre quanto segue:

« 1. Per quanto riguarda i contratti a distanza il professionista fornisce o mette a disposizione del consumatore le informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, in modo appropriato al mezzo di comunicazione a distanza impiegato in un linguaggio semplice e comprensibile. Nella misura in cui dette informazioni sono presentate su un supporto durevole, esse devono essere leggibili.

2. Se un contratto a distanza che deve essere concluso con mezzi elettronici impone al consumatore l'obbligo di pagare, il professionista gli comunica in modo chiaro ed evidente le informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettere a), e), o) e p), direttamente prima che il consumatore inoltri l'ordine.

Il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l'ordine, il consumatore riconosca espressamente che l'ordine implica l'obbligo di pagare. Se l'inoltro dell'ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole "ordine con obbligo di pagare" o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l'inoltro dell'ordine implica l'obbligo di pagare il professionista. Se il professionista non osserva il presente comma, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall'ordine.

3. I siti di commercio elettronico indicano in modo chiaro e leggibile, al più tardi all'inizio del processo di ordinazione, se si applicano restrizioni relative alla consegna e quali mezzi di pagamento sono accettati.

4. Se il contratto è concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per visualizzare le informazioni, il professionista fornisce, su quel mezzo in particolare e prima della conclusione del contratto, almeno le informazioni precontrattuali riguardanti le caratteristiche principali dei beni o servizi, l'identità del professionista, il prezzo totale, il diritto di recesso, la durata del contratto e, nel caso di contratti a tempo indeterminato, le condizioni di risoluzione del contratto, conformemente all'articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b), e), h) e o). Le altre informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, sono fornite dal professionista in un modo appropriato conformemente al paragrafo 1 del presente articolo.

5. Fatto salvo il paragrafo 4, se il professionista telefona al consumatore al fine di concludere un contratto a distanza, all'inizio della conversazione con il consumatore egli deve rivelare la sua identità e, ove applicabile, l'identità della persona per conto della quale effettua la telefonata, nonché lo scopo commerciale della chiamata.

6. Quando un contratto a distanza deve essere concluso per telefono, gli Stati membri possono prevedere che il professionista debba confermare l'offerta al consumatore, il quale è vincolato solo dopo aver firmato l'offerta o dopo averla accettata per iscritto. Gli Stati membri possono anche prevedere che dette conferme debbano essere effettuate su un mezzo durevole.

7. Il professionista fornisce al consumatore la conferma del contratto concluso su un mezzo durevole, entro un termine ragionevole dopo la conclusione del contratto a distanza e al più tardi al momento della consegna dei beni oppure prima che l'esecuzione del servizio abbia inizio. Tale conferma comprende:

a) tutte le informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, a meno che il professionista non abbia già fornito l'informazione al consumatore su un mezzo durevole prima della conclusione del contratto a distanza; e

b) se del caso, la conferma del previo consenso espresso e dell'accettazione del consumatore conformemente all'articolo 16, lettera m).

8. Se un consumatore vuole che la prestazione di servizi ovvero la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamento inizi durante il periodo di recesso previsto all'articolo 9, paragrafo 2, il professionista esige che il consumatore ne faccia richiesta esplicita.

9. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni relative alla conclusione di contratti elettronici e all'inoltro di ordini per via elettronica conformemente agli articoli 9 e 11 della direttiva 2000/31/CE.

10. Gli Stati membri non impongono ulteriori requisiti formali di informazione precontrattuale per l'adempimento degli obblighi di informazione sanciti nella presente direttiva ».



Novità anche con riguardo al diritto di recesso. L'articolo 9 della direttiva stabilisce in proposito, in particolare, che « il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti » dalla direttiva stessa.

In base all'articolo 11 della direttiva, il consumatore che intende esercitare il diritto di recesso deve informare nel termine previsto il professionista della sua decisione di esercitare tale diritto.

A tal fine il consumatore può:

a) utilizzare il modulo tipo di recesso di cui all'allegato I, parte B della direttiva; oppure

b) presentare una qualsiasi altra dichiarazione esplicita della sua decisione di recedere dal contratto.

Il professionista, oltre alle possibilità di cui sopra, può offrire al consumatore l'opzione di compilare e inviare elettronicamente il modulo di recesso tipo riportato all'allegato I, parte B, della direttiva o una qualsiasi altra dichiarazione esplicita sul sito web del professionista. In tali casi il professionista comunica senza indugio al consumatore una conferma di ricevimento del recesso su un supporto durevole.



L'allegato I, parte A, della direttiva, prevede delle "Istruzioni tipo sul recesso" che possono essere utilizzate dal professionista:

« Diritto di recesso

Lei ha il diritto di recedere dal contratto, senza indicarne le ragioni, entro 14 giorni.

Il periodo di recesso scade dopo 14 giorni dal giorno (1).

Per esercitare il diritto di recesso, Lei è tenuto a informarci (2) della sua decisione di recedere dal presente contratto tramite una dichiarazione esplicita (ad esempio lettera inviata per posta, fax o posta elettronica). A tal fine può utilizzare il modulo tipo di recesso allegato, ma non è obbligatorio (3).

Per rispettare il termine di recesso, è sufficiente che Lei invii la comunicazione relativa all'esercizio del diritto di recesso prima della scadenza del periodo di recesso.

Effetti del recesso

Se Lei recede dal presente contratto, Le saranno rimborsati tutti i pagamenti che ha effettuato a nostro favore, compresi i costi di consegna (ad eccezione dei costi supplementari derivanti dalla Sua eventuale scelta di un tipo di consegna diverso dal tipo meno costoso di consegna standard da noi offerto), senza indebito ritardo e in ogni caso non oltre 14 giorni dal giorno in cui siamo informati della Sua decisione di recedere dal presente contratto. Detti rimborsi saranno effettuati utilizzando lo stesso mezzo di pagamento da Lei usato per la transazione iniziale, salvo che Lei non abbia espressamente convenuto altrimenti; in ogni caso, non dovrà sostenere alcun costo quale conseguenza di tale rimborso (4).

(5)

(6)



Istruzioni per la compilazione:

1. Inserire uno dei seguenti testi tra virgolette:

a) in caso di un contratto di servizi o di un contratto per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale che non è fornito su un supporto materiale: "della conclusione del contratto.";

b) nel caso di un contratto di vendita: "in cui Lei o un terzo, diverso dal vettore e da Lei designato, acquisisce il possesso fisico dei beni.";

c) nel caso di un contratto relativo a beni multipli ordinati dal consumatore in un solo ordine e consegnati separatamente: "in cui Lei o un terzo, diverso dal vettore e da Lei designato, acquisisce il possesso fisico dell'ultimo bene.";

d) nel caso di un contratto relativo alla consegna di un bene consistente di lotti o pezzi multipli: "in cui Lei o un terzo, diverso dal vettore e da Lei designato, acquisisce il possesso fisico dell'ultimo lotto o pezzo.";

e) nel caso di un contratto per la consegna periodica di beni durante un determinato periodo di tempo: "in cui Lei o un terzo, diverso dal vettore e da Lei designato, acquisisce il possesso fisico del primo bene."

2. Inserire il nome, l'indirizzo geografico e, qualora disponibili, il numero di telefono e di fax e l'indirizzo di posta elettronica.

3. Se Lei dà al consumatore la possibilità di compilare e inviare elettronicamente le informazioni relative al recesso dal contratto sul Suo sito web, inserire quanto segue: "Può anche compilare e inviare elettronicamente il modulo tipo di recesso o qualsiasi altra esplicita dichiarazione sul nostro sito web [inserire l'indirizzo]. Nel caso scegliesse detta opzione, Le trasmetteremo senza indugio una conferma di ricevimento del recesso su un supporto durevole (ad esempio per posta elettronica)."

4. Per i contratti di vendita nei quali Lei non ha offerto di ritirare i beni in caso di recesso, inserire quanto segue: "Il rimborso può essere sospeso fino al ricevimento dei beni oppure fino all'avvenuta dimostrazione da parte del consumatore di aver rispedito i beni, se precedente."

5. Se il consumatore ha ricevuto i beni oggetto del contratto:

a) Inserire:

- "Ritireremo i beni."; oppure

- "È pregato di rispedire i beni o di consegnarli a noi o a . [inserire il nome e l'indirizzo geografico, se del caso, della persona da Lei autorizzata a ricevere i beni], senza indebiti ritardi e in ogni caso entro 14 giorni dal giorno in cui ci ha comunicato il suo recesso dal presente contratto. Il termine è rispettato se Lei rispedisce i beni prima della scadenza del periodo di 14 giorni."

b) Inserire:

- "I costi della restituzione dei beni saranno a nostro carico.",

- "I costi diretti della restituzione dei beni saranno a Suo carico.",

- Se, in un contratto a distanza, Lei non offre di sostenere il costo della restituzione dei beni e questi ultimi, per loro natura, non possono essere normalmente restituiti a mezzo posta: "Il costo diretto di . EUR [inserire l'importo] per la restituzione dei beni sarà a Suo carico."; oppure se il costo della restituzione dei beni non può essere ragionevolmente calcolato in anticipo: "Il costo diretto della restituzione dei beni sarà a Suo carico. Il costo è stimato essere pari a un massimo di circa . EUR [inserire l'importo].", oppure

- Se, in caso di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, i beni, per loro natura, non possono essere normalmente restituiti a mezzo posta e sono stati consegnati al domicilio del consumatore alla data di conclusione del contratto: "Ritireremo i beni a nostre spese."

c) inserire: "Lei è responsabile solo della diminuzione del valore dei beni risultante da una manipolazione del bene diversa da quella necessaria per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni."

6. In caso di un contratto per la fornitura di acqua, gas ed elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, o di teleriscaldamento, inserire quanto segue: "Se Lei ha chiesto di iniziare la prestazione di servizi o la fornitura di acqua/gas elettricità/teleriscaldamento [cancellare la dicitura inutile] durante il periodo di recesso, è tenuto a pagarci un importo proporzionale a quanto fornito fino al momento in cui Lei ha ci comunicato il Suo recesso dal presente contratto, rispetto a tutte le prestazioni previste dal contratto." »

 

 

Leggi il testo completo della direttiva su IRDoc





A cura dell'Avvocato Giuseppe Briganti, avvbriganti.iusreporter.it
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